L’analisi sociologica che sta osservando come i rapporti tra il popolo e le istituzioni stiano cambiando a causa della pandemia da Covid-19 è stato il filo conduttore di una serie di sessioni dal titolo “Riassemblare la società. Crisi, Conflitti e Trasformazioni Sociali” tenutesi l’11 e il 12 Novembre a Roma presso l’Università di Roma “La Sapienza” e l’Università Roma Tre.
Durante la prima giornata, di particolare interesse la sessione “Movimenti e Democrazia”, introdotta da un video pubblicato nell’Aprile 2020, in pieno lockdown, in cui alcuni attori danzavano e cantavano.
La gioia e la felicità trasmesse dai protagonisti, nonostante le difficoltà del momento, fa sorgere qualche riflessione, prima tra tutte la scarsa attenzione riservata agli artisti durante l’emergenza.
La relatrice, Prof. Milena Gammaitoni ha evidenziato un dato drammatico: la figura dell’artista è scomparsa, portando con sé anche valori importanti, e tutto questo in un tragico silenzio delle politiche nazionali e internazionali, le cui attenzioni sono state esclusivamente orientate ad arginare gli effetti negativi della crisi in economia. Gli artisti e i lavoratori nel mondo dello spettacolo, attraverso i social hanno cercato di comunicare il loro malessere, il loro pensiero critico, raccogliere adesioni e sostegno per la loro causa.
In tutto questo i social hanno giocato un ruolo fondamentale, sono diventati il mezzo di comunicazione primario e proprio nella web community sono nati i primi movimenti contro l’operato del governo.
Di questo tema si sono occupati i dott.ri Mavica, Nicolosi e Schieri, esponendo i risultati di una dettagliata analisi delle dichiarazioni contenute nei messaggi provenienti da movimenti contrari alle misure di restrizione, dai quali emerge che la pandemia ha avuto un effetto a valanga, trascinando dietro la fulminea e irrompente crisi sanitaria, anche una crisi sociale, economica, informativa, scolastica e politico-istituzionale.
La prima ondata e le misure di contenimento del contagio sono state accettate dalla popolazione, inerme e posta di fronte ad una minaccia sconosciuta.
Ma già durante la seconda ondata è affiorato un malcontento strisciante, sfociato nella nascita di movimenti di contrasto all’azione governativa, come “IoApro” formato da ristoratori che non condividevano le scelte in merito alla chiusura delle attività di ristorazione e, riaprendo i locali, esercitavano una forma pacifica di protesta per attirare l’attenzione delle istituzioni.
A queste si sono aggiunte nel tempo manifestazioni di studenti e docenti contrari alla Didattica a Distanza, manifestazioni di no vax e da ultimo anche no green pass.
Per quanto pacifiche, le manifestazioni possono fornire l’occasione a frange estremiste o infiltrati, che nulla hanno in comune con i promotori, di creare scontri e violenze, se non proprio atti di guerriglia urbana.
I social media hanno avuto un ruolo fondamentale in questo: aumentando in modo esponenziale le connessioni, hanno fatto da cassa di risonanza per diffondere messaggi e raccogliere adesioni, ma al tempo stesso sono stati strumento di amplificazione della demagogia populista.
Ne ha parlato magistralmente il prof. Millefiorini (di cui riporto un’intervista audio).
È come se, con l’avvento dei social, ci fosse stato un balzo nella comunicazione politica che ha portato all’affermazione del populismo.
Durante la Prima Repubblica i partiti avevano un ruolo centrale, gli elettori chiamati alle urne esprimevano un voto che scaturiva dalla loro adesione ad un’ideologia, manifestavano la preferenza per un partito e/o un programma elettorale. A questa “democrazia dei partiti”, che si è affermata nel corso del‘900 si contrappone oggi la “democrazia del pubblico”, un modello che supera la centralità dei partiti.
In Italia si è parlato di partitocrazia, per indicare nei decenni che ci hanno preceduto lo strapotere dei partiti. Oggi ci troviamo nella situazione opposta, i partiti sono in crisi, non riescono ad esprimere un leader condiviso, scelgono di dare la fiducia ad un Presidente del Consiglio che non è espressione della classe politica, ma grazie alla fiducia accordata, assume decisioni politiche.
La “democrazia dei partiti” era formata da ideologia, militanza, appartenenza di classe, fede politica, in un sistema in cui i partiti occupavano un ruolo centrale nel sistema politico e c’era una perfetta corrispondenza tra sostegno della pubblica opinione e risultati elettorali. I partiti erano un ponte comunicativo tra persone e istituzioni.
Nella “democrazia del pubblico” si afferma il personalismo politico, gli elettori votano più la persona che il partito, i nuovi mezzi di comunicazione scavalcano la mediazione dei partiti, il leader si rivolge direttamente al pubblico e agli elettori, dunque le tecniche di comunicazione assumono un ruolo centrale e fondamentale diventa il capitale mediatico che si acquisisce attraverso di esse.
Il luogo in cui si svolge il confronto politico non è più la sede di partito, ma la piazza virtuale dei social, i media diventano la terza Camera.
I leader politici ormai comunicano attraverso i social e anche l’informazione negli ultimi anni ha acquisito un enorme potere, tale da muovere la pubblica opinione anche semplicemente attraverso la scelta delle parole.
Il dott. Latronico ha trattato questo tema, evidenziando come siano mutati i concetti di governo e crisi.
Il concetto di crisi si è risemantizzato, passando dall’idea di eccezione a quella di regola, mentre le forme attraverso cui viene esercitato il potere di governo durante la pandemia sono cambiate radicalmente.
In linea generale il dibattito pubblico si è incentrato più sulla limitazione delle libertà, che sulle contrapposizioni tra i decreti emanati per far fronte allo stato d’emergenza. Questo aspetto viene trattato dalla prof.ssa Elena Cremigni che evidenzia come alcune di queste contraddizioni abbiano portato all’aumento dei contagi che ha prodotto la seconda ondata.
La prof.ssa Ignazia Bartolini ha concluso ponendo il focus della sua osservazione sulle donne costrette a vivere tra quattro mura, vittime di violenze e soprusi, che durante la pandemia hanno sofferto più di altri. Grazie alla presenza dei movimenti femministi in Italia anche questo effetto della pandemia, nascosto tra le mura domestiche, è venuto alla luce.
Argomenti di stringente attualità, osservati e descritti con attenzione e precisone, in un continuo rapporto di causa-effetto che invita a riflettere su ciò che è stato e aiuta a progettare le azioni future, possibilmente evitando le criticità del passato per un “ri-assemblamento sociale” post-pandemico quanto mai urgente e necessario.