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Gli anni di piombo del 2000: l’evoluzione della protesta secondo Erri De Luca

Erri De Luca-Protesta

Fenomeni sociali, fasi economiche e mutamenti politici sono le condizioni che hanno fatto da culla e hanno accompagnato “l’evoluzione” della protesta dagli anni di piombo fino ai giorni nostri. Una interessante indagine questa, promossa da Ricomincio dagli Studenti (Sindacato universitario) ed Udu (Unione degli universitari), che è stata al centro dell’incontro del 6 marzo all’Università Roma Tre con lo scrittore e attivista Erri De Luca.

Attraverso le parole dello scrittore, condite da battute in dialetto napoletano e racconti di episodi di vita personale, si è portata avanti l’analisi su uno dei più “romantici” tra i fenomeni sociali: la protesta. In uno scenario europeo che vedeva il proliferare di regimi militari di matrice fascista, l’Italia viveva invece un recente quanto debole ordine democratico. Erano gli anni del fermento dissidente, i giovani si nutrivano di ideali, le vicende di eroi rivoluzionari di paesi lontani come il Vietnam, Cile ed Angola erano vissute invece come vicine, se ne condividevano i principi e gli slogan: nei cortei nazionali se ne coglieva l’eco. Erano tanti, tantissimi i giovani consapevoli del potere della propria pressione numerica, una forza di massa che unita all’esercito degli operai dell’Italia degli anni ’70 era in grado di far sentire, anche violentemente, la propria voce fino ai palazzi del potere.

Secondo De Luca, non erano questi “anni di piombo” come spesso li si definisce, ma bensì di rame: come all’interno di un circuito elettrico, ad un corteo subito rispondeva dall’altra parte del Paese una manifestazione che faceva proprie le parole d’ordine e le motivazioni di quello precedente. Le idee rivoluzionarie, la voglia di far sentire la propria voce contro padroni e Stato erano “infettive” nella misura in cui a differenza delle proteste contemporanee, queste non erano espressione esclusiva di una comunità in particolare ma erano il manifesto di tutti i giovani, di tutti i lavoratori, di tutti gli italiani. La perdita di forza e di efficacia delle manifestazioni attuali è infatti da rintracciare, a detta dello scrittore napoletano, nella limitatezza delle istanze che sono ora espressione, spesso, solo di problemi locali e circoscritti a specifiche comunità o categorie lavorative (es. la Tav, i tassisti).

Agli anni del fermento sociale e politico, del “noi”, fanno da contrappeso la pesantezza e l’opacità comunicative attuali, che, frutto di un sistema mediatico fazioso, vedono il giornalista più come un dipendente fedele ai principi della propria azienda piuttosto che come un professionista imparziale. Sono dunque i più recenti, afferma De Luca, i veri anni di piombo. La società svuotata di ogni spinta propulsiva si ritrova orfana di ideali e di giovani non più in condizione di fronteggiare il potere costituito attraverso la forza di massa in un paese ormai di “vecchi”, nel quale le battaglie attuali perdono l’originario carattere comunitario e si ritrovano ad avere alla base istanze, in ultima analisi, individualistiche. La diffusa corruzione, un sistema di sfruttamento territoriale che ha adottato lo spreco come modello di sviluppo è una eredità, conclude Erri De Luca, per le nuove generazioni impegnativa da accogliere; ma è compito proprio di quella parte di società che ricade sotto la transitoria definizione di “giovani” portare avanti una “lotta continua” allo status quo, di risanamento e rifondazione, insieme alla generosa e vivissima forza del volontariato civile.

      Intervista ad Erri De Luca

I.L.