Martedì 13 giugno alle 14.00 inizia la lezione. L’incontro costituisce uno dei consueti appuntamenti di riflessione organizzati nell’ambito del Dottorato di ricerca in Diritto pubblico.Il problema da affrontare è quello del deficit democratico. Il Professor Gaetano Azzariti è nell’aula dei seminari, dipartimento di Diritto Pubblico a giurisprudenza.
La riflessione di partenza è l’anniversario dei 60 anni dai Trattati di Roma. Non è l’unica ricorrenza di quest’anno, ma senza dubbio è stata la più pubblicizzata. Ad esempio, ricorrono i 25 anni dal Trattato di Maastricht. Perché non si è dato risalto a questo anniversario?
Il Professore definisce l’obiettivo dell’incontro. Definire un quadro di insieme per capire dove l’Europa sia diretta, in un contesto di crisi di legittimazione. Per fare ciò si parte da due domande: Come siamo arrivato in questo vicolo apparentemente cieco? Dopo aver risposto a questa domanda potremo finalmente chiederci in che modo possiamo ripartire.
Il professor Azzariti definisce la prima fase della storia europea come quella delle illusioni e buoni propositi. L’Europa nasce come una scommessa coraggiosa. La dichiarazione Schuman ne è testimonianza. Il valore etico della solidarietà era il punto di riferimento da cui partire per muoversi nella direzione dello sviluppo dell’Europa e del continente Africano. La creazione del MEC già rientrava nei propositi di questo primo progetto europeo, ma il lato finanziario non era prioritario.
La forza del mercato fu sottovalutata. L’illusione della solidarietà ha portato l’Europa in un vicolo cieco. Finché le politiche economiche degli stati membri furono a sostegno dello sviluppo comune, tutto andò bene. In questa fase la burocrazia di Bruxelles svolgeva un ruolo importante per deresponsabilizzare i governi nazionali.
Si arriva dunque alla seconda fase: il tramonto delle illusioni. La rifondazione culturale europea degli anni ’80 vide i francesi protagonisiti. Gli Stati perdono progressivamente peso nella gestione dell’economia. Si passa alla dimensione della governabilità. Si afferma la modernizzazione. Anche la politica italiana rinuncia al controllo sull’economia. Il divorzio tra banca d’Italia e Tesoroè un momento significativo di rottura col passato. E poi Maastricht. Il Trattato del 1992 scrive e configura un cambiamento di paradigma della gestione della governance europea. Una filosofia di vincoli economici bilanciata soltanto, e in maniera totalmente asimmetrica, dall’introduzione della cittadinanza europea.
Si arriva alla moneta unica. Un progetto ambizioso che libera il capitale finanziario da ogni condizionamento. Nessuno stato controlla i flussi dei capitali. Nizza e Lisbona sono un tentativo tardivo di dotare l’Europa di una sfera dei diritti. La crisi del 2008 e il Trattato di Lisbona del 2009 segnano uno spartiacque importante. Da questo momento in poi, sottolinea il Professor Azzariti, la tecnocrazia di Bruxelles con la Commissione europea e e il Parlamento non riescono più a giocare di sponda con il Parlamento.
E allora il deficit democratico, sempre più drammatico. Un problema che si pone come una priorità per garantire la sopravvivenza stessa dell’Europa. O almeno, dell’Europa come è stata pensata finora.
Simone Di Gregorio