Guerra, fame, abbandono della propria terra. Sono cose che in Europa non si percepiscono fino in fondo. Se ne può sentire parlare al tg o in radio, leggere di bombe esplose e di persone che hanno perso la vita dopo un attacco, su un giornale o mentre di sfuggita si scorre sulla bacheca del proprio social. Ma non si percepisce mai a fondo quello che si può provare. Il vuoto che può essere avvertito quando la brutalità dei tuoi simili si prende ogni cosa: affetti, casa, vita. Le vite interrotte non ci sfiorano, perché oltre la scatola nera sono troppo distanti dalla porta di casa. Eppure esistono. Sono reali. Soffrono, lottano, muoiono ogni giorno. E ancora una volta, le protagoniste di queste terre sono loro: le donne.
Laura Aprati e Marco Bova sono una giornalista d’inchiesta e un giovane regista, che hanno scelto di documentare la realtà della guerra con gli occhi delle donne. “La forza delle Donne” è il loro documentario, che dal 16 gennaio sarà presentato in tutta Italia. Il tour attraverserà il Paese e troverà il suo apice con la Festa del Giornalismo di Perugia a metà aprile. Uno squarcio su una realtà osservata nella sua quotidianità. Uno dei punti di forza di questo progetto è stato il confronto generazionale fra i suoi due autori: un confronto profondo e disincantato. “La forza delle Donne” racconta i problemi di conflitti e migrazioni attraverso la diversità di genere delle sue protagoniste.
Prima tappa presso la Sala Stampa Estera di Roma alle ore 11 per conoscere la storia di donne che migrano e donne che accolgono, fra Iraq, Siria e Libano. Storie e volti che si alternano davanti a un obiettivo che pone lo sguardo anche su donne rimaste uccise. Casi emblematici, che per la maggior parte del tempo sono rimasti sconosciuti. Donne spesso senza un volto, che hanno documentato, raccontato, fatto conoscere al mondo intero il dramma di quelle popolazioni. Hanno lottato, consapevoli del fatto che avrebbero presto conosciuto la morte.
È il caso di Shifa Gardi, inviata di Rudaw Tv, morta per l’esplosione di una mina il 27 febbraio 2017 a una settimana dall’inizio dell’offensiva a Mosul Ovest. Oppure quello di Veronique Robert, inviata di France 2, morta il 24 giugno 2017 sempre a Mosul Ovest e sempre per l’esplosione di una mina, a qualche giorno dalla liberazione della città.
Una delle voci del documentario è Rima Karaki, libanese, giornalista anche lei, cresciuta a Beirut. In Libano si sono rifugiati palestinesi, siriani e convivono più religioni. Lei va in onda senza velo ed è diventata famosa per aver tolto la linea in diretta a uno sceicco che non rispettava la parità di genere.
A moderare il primo incontro nella capitale sarà la giornalista Luisa Betti Dakli. Tra gli ospiti chiamati a intervenire, oltre ad Aprati e Bova, Valeria Fedeli, Ministra della Pubblica Istruzione; Rima Karaki giornalista libanese fra le voci del documentario; Paolo Butturini, segretario FNSI; Paolo Borrometi, Presidente di Articolo21; e Gianfranco Cattai, Presidente della Focsiv.
Carmen Baffi