Lunedì 11 novembre, si è svolto in Città Universitaria un seminario pubblico organizzato nell’ambito dell’insegnamento di “Sistemi organizzativi complessi nella società dell’innovazione” (prof.ssa Francesca Colella) sul tema del Diversity management.
Valentina Dolciotti, Editorial Director di DiverCity magazine, e Francesca Vecchioni, Presidente Associazione Diversity, hanno illustrato le caratteristiche di questo importante strumento di valorizzazione delle diversità nell’ambito lavorativo che ha oramai conquistato la scena delle più grandi aziende nazionali e internazionali.
Il Diversity Management è un approccio organizzativo strategico che considera le persone come risorse fondamentali per il successo aziendale e, riconoscendo in esse l’esistenza di diversità, sostiene che una loro gestione diversificata, efficace, efficiente ed equa, impostata riconoscendo, rispettando, valorizzando e integrando le diversità delle persone, permette alle aziende di raggiungere migliori risultati in termini economici, di competitività e di immagine.
Diversità di genere, disabilità, etnia, età, orientamento sessuale, religione e tante altre ancora sono le diversità su cui si cerca di intervenire al meglio. Spesso infatti non si dà peso a questi temi e si attacca con l’ ironia agendo inconsapevolmente.
Importantissimo è il ruolo che giocano i brand sul campo della diversità . Molti brand oggi più di ieri trasmettono messaggi di inclusione agendo sul prodotto e sul marketing di quel prodotto .
Secondo una ricerca condotta dal DIVERSITY BRAND IDEX nel 2019 il 74% dei consumatori sceglie brand inclusivi perchè più inclini ai valori di ciascuno.
Si è dimostrato poi che un’azienda inclusiva a livello economico riesce ad aggiungere il 20% di guadagno ad i suoi profitti, una scelta coraggiosa premiata bene dai consumatori.
Le aziende inclusive sono luoghi in cui tutte le persone lavorano bene, stanno bene, sono accolte e tutelate indipendentemente da chi siano. Le aziende inclusive attraggono e mantengono i talenti. Workplace inclusivi hanno quindi diretto impatto sulla produttività e sulle capacità del problem solving.
Quali sono dunque i meccanismi cognitivi che ci portano ad escludere la diversità? Sono i BAYES ovvero dei pregiudizi e stereotipi inconsci, che appartengono ad ognuno di noi perchè sono parte integrante del nostro processo di apprendimento e di quanto sia importante imparare a riconoscere i propri e a gestirli.
Diventa così difficile capire cosa funziona e cosa non funziona e se da un lato fortunatamente resistono gli argomenti a favore del business case per diversity and inclusion – ricerche che dimostrano come team ad alto tasso di informational diversity siano più creativi e capaci di trovare soluzioni innovative – è innegabile che il contesto esterno alle imprese – a livello nazionale, ma anche europeo e mondiale – cominci a lanciare alle organizzazioni (imprese ma non solo imprese) segnali contradditori, con un’alternanza tra grandi spinte alla difesa dei diritti e all’innovazione nell’adozione di modelli inclusivi e clamorosi passi indietro verso il conservatorismo più retrogrado e chiuso.
Quando si parla di diversità allora gli argomenti sono tanti ma è bene ricordare che non si può considerare la diversità come un ostacolo, anche se ciò che non conosciamo spesso ci fa paura. Non bisogna guardare la realtà sempre dagli stessi punti di vista altrimenti ciò che guardiamo rimane sempre uguale . Dobbiamo ricercare e scoprire il nostro talento e quello di chi ci sta intorno perchè ognuno di noi ha qualcosa da trasmettere ed insegnare.