“L’Erasmus ha creato la prima generazione di giovani europei. Io la chiamo una rivoluzione sessuale, un giovane catalano incontra una ragazza fiamminga, si innamorano, si sposano, diventano europei come i loro figli”, questa l’emblematica definizione fornita da Umberto Eco.
Nato ufficialmente il 24 febbraio 1987, quando l’Europa era ancora divisa in due blocchi ed era in piedi il muro di Berlino, questo programma di mobilità degli studenti universitari all’interno dell’Unione ha formato nel corso degli anni una generazione di giovani più dinamici, con una spiccata attitudine europea e più pronti a trasferirsi all’estero per cogliere le occasioni di lavoro. L’idea fu di Sofia Corradi che nel 1969 la propose alla Conferenza dei rettori delle Università italiane; si dovette aspettare il 14 maggio 1987, quando nonostante l’opposizione degli inglesi, fu votata la delibera che varava la nascita di un programma di studio all’estero, l‘Erasmus (acronimo di European Region Action Scheme for the Mobility of University Students) a Bruxelles in Consiglio dei ministri . Il 15 giugno 1987 la ratifica, e oggi, 30 anni dopo, si svolgeranno a Strasburgo le cerimonie per un programma di grandissimo successo. Saranno presenti il presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani, e il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker. Sarà la celebrazione della cultura universitaria che ha fatto l’Europa e ci sarà spazio per 33 storie esemplari, una per i Paesi Erasmus.
In Italia, fin dal suo debutto nel 1987, lo studiare all’estero, con tanto di borsa e con la certezza di vedersi riconosciuti gli esami, ha riscosso successo: secondo Indire, l’Istituto nazionale documentazione e innovazione ricerca educativa, dall’Italia nel 1987-88 partirono 220 ragazzi , lo scorso anno accademico sono stati quasi 34mila. Per la Commissione, i Paesi dai quali arriva la maggior parte degli studenti sono Francia, Germania, Spagna, Italia e Polonia e le mete preferite sono Spagna, Germania, Regno Unito, Francia e Italia. Per il 61% sono ragazze, hanno un’età media di 24 anni e mezzo e stanno all’estero 5,3 mesi, ricevendo un assegno mensile di 281 euro. Ben lontano dalle 250mila lire che arrivarono da Bruxelles a Lucio Picci, oggi Professore ordinario di Politica Economica all’Università di Bologna, nel dicembre 1987 per coprire il suo trimestre all’Università del Sussex.
La Sapienza è una delle prime cinque università italiane per studenti in uscita ed è la seconda per quanto riguarda gli studenti provenienti dall’estero. Questa posizione privilegiata dell’Ateneo è segno di responsabilizzazione dei vertici e di politiche volte a favorire l’europeizzazione e l’internazionalizzazione dell’Università stessa, come testimoniato dai Ranking che la vedono ricoprire posizioni di vertice. A testimonianza di ciò, proprio nei giorni scorsi è stata pubblicata la classifica “The World’s Most International Universities 2017”, che rileva le 150 università più internazionali nel mondo, ed è stilata dal magazine inglese Times Higher Education (THE), e che ha posizionato La Sapienza in 112esima posizione (terzo ateneo italiano dopo il Politecnico di Milano e il Politecnico di Torino). Si fonda su due parametri: la reputazione internazionale, il cui dato è raccolto attraverso un sondaggio distribuito ad accademici di tutto il mondo che non risiedono nel Paese dell’Ateneo (si tratta dello stesso dato utilizzato anche per la compilazione della classifica generale dei migliori atenei); l’”International Outlook”, un parametro a sua volta composto da tre indicatori: il numero di studenti internazionali iscritti, il numero di docenti internazionali e il numero di pubblicazioni scientifiche firmate da coautori internazionali (da rilevazione Scopus).
Anche le strategie perseguite in termini di organizzazione e implementazione della cooperazione internazionale non passano in secondo piano. Tra le più rilevanti vi è sicuramente il fatto che il 6 giugno scorso, La Sapienza ha aperto un nuovo ufficio di supporto alla ricerca a Bruxelles, a due passi dalle principali istituzioni europee, con l’obiettivo di rafforzare le partnership internazionali dell’ateneo e mettere a frutto le potenzialità offerte dalle risorse Ue, sia in termini di finanziamenti a progetti di interesse comune e sia in quelli legati alla formazione superiore e alla mobilità. A questo si affiancano alcuni obiettivi come l’incremento di master e dottorati internazionali; corsi di laurea tenuti interamente in inglese; rafforzare la promozione internazionale e l’implementazione della mobilità degli studenti; sito web d’ateneo in lingua inglese; promozione della Sapienza nelle maggiori aree di interesse come l’Asia Centrale, il Medio Oriente, i paesi arabi; ed ancora l’introduzione di ulteriori lingue nell’insegnamento come il cinese e il russo.
La Sapienza sembra aver quindi recepito lo spirito europeista, accogliendo e rinforzando strategie che sottolineano l’importanza dell’Erasmus, facendo di esso un punto di partenza per poter raccogliere le sfide del futuro, tanto che il detto“Once Erasmus, always Erasmus” sembra calzargli particolarmente bene.