La tavola rotonda, moderata dal Prof. ordinario di Diritto Pubblico de La Sapienza Beniamino Caravita, parte con l’intervento del Prof. Curti Gialdino. Il professore ordinario di Diritto dell’Unione Europea e Diritto diplomatico e consolare introduce il tema: il rinvio pregiudiziale è la procedura che consente ad una giurisdizione nazionale di interrogare la Corte di giustizia dell’Unione Europea sull’interpretazione o sulla validità del diritto europeo nell’ambito di un contenzioso. Si gira intorno alla tanto attesa ordinanza n. 24 del 2017 della Corte costituzionale sul caso Taricco. Il rinvio pregiudiziale ex art. 277 TFUE costituisce la chiave di volta del sistema giurisdizionale dell’Unione Europea e mira ad assicurare l’unità di interpretazione del diritto dell’Unione. Poi alcuni accenni alla genesi della norma: la presenza del 277 è frutto della proposta italiana dell’avvocato Catalano (giudice della corte comunitaria) membro del group juridic. La proposta tedesca di una corte federale europea trovò la ferma opposizione della Francia, che non conosceva meccanismi di controllo accentrato della costituzionalità. Allora catalano propose di completare il meccanismo pregiudiziale della CECA aggiungendo il rinvio pregiudiziale interpretativo: il giudice nazionale opera quale giudice di diritto comune dell’ordinamento giuridico dell’unione. Un meccanismo di successo, secondo il Prof. Curti Gialdino: successo quantitativo nell’ottica del grandissimo uso che è stato fatto di questo strumento. Successo qualitativo: grande dialogo tra giudice nazionale e corte di giustizia.
Ogni intervento apre una nuova prospettiva sul dibattito, che diventa immediatamente più tecnico e specifico su questioni di diritto penale. Così il secondo intervento, affidato al prof Mastroianni della Federico II di Napoli, si concentra sul rinvio pregiudiziale come strumento a cui la corte ricorre per arrivare a risultati esistenziali per l’Unione. La Corte di Giustizia, insieme ai giudici nazionali, non è obbligata a intervenire, precisa: c’è bisogno di un dubbio circa l’applicazione dell’uno o dell’altro campo giurisdizionale. Qualsiasi giudice applica di base il diritto dell’unione. La stessa natura della prescrizione, così come disciplinata nel nostro ordinamento però, rischia di essere scalzata.
Il Prof. Andrea Biondi, Professor of European Union Law presso la King’s College of London, parla di rapporti tra corti britanniche e Corte di Giustizia dell’Unione ripercorrendo brevemente la situazione giurisdizionale britannica: la House of Lords (ultima istanza di ricorso fino al 2009) ha usato poco della procedura del rinvio pregiudiziale. Nel 2009 quando il Committee è sostituito dalla Corte Suprema comincia ad usufruire della procedure ex art. 277. Fin’ora vi ha fatto ricorso in 13 occasioni: un numero non disprezzabile. Ci sono però anche il doppio dei casi in cui la Supreme Court ha negato la possibilità di utilizzare la corte di giustizia.
L’intervento del prof Andrea Morrone,Professore ordinario di Diritto Costituzionale all’Università di Bologna, pone un problema: il tema dei controlimiti è davvero centro della questione? Citando allora il caso Taricco, che pone realmente la questione dei contro-limiti, ? il tono della discussione è esagerato.
Identità costituzionale, piuttosto che discussione sui contro-limiti, sarebbe forse un termine più preciso, secondo lui: così riesce a emergere il contenuto essenziale di una comunità politica in senso identitario. È un concetto che implica il principio democratico nell’espressione della decisione costituente e che identifica un popolo nei suoi valori portanti. Questo concetto identitario riguarda la comunità nazionale tanto quanto quella europea. Il problema dell’Unione viene quindi presentato come il problema di un dualismo tra dimensione nazionale e sovranazionale e bisognerà trovare un punto di equilibrio tra le due alternative. La problematica è il rapporto tra integrazione e identità costituzionale: la congruenza tra due identità costituzionali in perenne conflitto. Emerge l’esigenza di una decisione costituente, legittimante. Non ci si può sostituire alla decisione costituente di un popolo per formare un’identità costituzionale. Il tema dei contro-limiti ha quindi un duplice versante nei i limiti alle limitazioni di sovranità: fin dove possiamo spingerci nel cedere sovranità all’Europa?
Segue l’intervento della professoressa Ciancio: cosa intende la Corte Costituzionale con la sentenza Taricco? Secondo la Prof.ssa ordinaria di Diritto Cosituzionale essa resta fedele a sé stessa. Il precedente giurisprudenziale è la sentenza Granital: la Corte rinuncia ad assicurare la primazia del diritto dell’unione, ma non abdica al suo ruolo di custode esclusivo dei principi di strutture dell’ordinamento costituzionale. Perché lo fa? La corte si apre al dialogo, con un atteggiamento conciliante nei confronti della Corte di Giustizia europea. La Corte Costituzionale vuole evitare il prosciugamento nei confronti dell’attività delle giurisdizioni comuni, ad esempio la funzione di interpretazione assorbita dalla corte di giustizia. Il processo di integrazione è intimamente connesso con la tutela dei diritti giudiziari.
L’intervento della Professoressa Pistorio, associata di Diritto Internazionale Comparato alla terza Università di Roma, si concentra sul problema dell’utilizzo da parte della Corte di giustizia dello strumento del rinvio come vettore di evoluzione dei singoli diritti. Il lato nobile della cooperazione tra corte nazionale e sovranazionale di giustizia rigurda i giudici di ultima istanza. La Corte di Giustizia offre al giudice nazionale un ampio ventaglio di possibilità per integrare gli strumenti giurisdizionali nazionali. Il primo strumento è quello dell’interpretazione conforme. Un dialogo, quindi, costante tra le due corti.
L’incontro, che chiude il ciclo di dibattiti nell’ambito della ‘Maratona Europea’, pone quindi una serie di interrogativi sul senso stesso dell’Unione Europea. Dal punto di partenza identitario, elemento imprescindibile per un qualsiasi sistema sovranazionale legittimato, fino al problema della deroga nazionale nei confronti delle istituzioni dell’Unione. Un dibattito attuale, che si è riaperto con la Brexit e che ha visto nell’anniversario dei 60 anni dalla stipulazione dei Trattati di Roma, una occasione irripetibile di confronto intellettuale.
Simone Di Gregorio