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Hate speech sui social: il Consiglio Europeo interviene

L’Unione Europea punta i riflettori sull’odio diffuso online e tenta di “imbavagliare” l’hate speech. A poco più di un anno di distanza dal primo provvedimento, il Consiglio Europeo ha approvato alcune modifiche alla direttiva sui servizi di media audiovisivi per bloccare più efficacemente la pubblicazione e diffusione di contenuti d’odio sulle piattaforme digitali. Nonostante si attenda ancora la decisione finale del Parlamento prima che le novità entrino in vigore, le modifiche hanno risvegliato il dibattito online e tra le Istituzioni, alla luce dei recenti fenomeni di violenza in streaming, come i casi di suicidio e le strane pratiche del Blue Whale.

Cerchiamo dunque di capire cosa prevede la direttiva attualmente in vigore. Il 31 maggio 2016 la Commissione Europea annunciava un accordo con le aziende informatiche (Facebook, Twitter, Youtube e Microsoft) che dava vita ad un codice di condotta sull’illecito di incitamento all’odio online. Esse condividevano, insieme anche ad altre piattaforme ed operatori di social media, la responsabilità e l’orgoglio comune di promuovere ed agevolare la libertà di espressione in tutto il mondo della rete. La Commissione e le aziende informatiche erano tuttavia consapevoli del fatto che la diffusione dell’illecito incitamento all’odio online si ripercuotesse negativamente non solo sui gruppi o sui singoli presi di mira, ma anche su coloro che nelle nostre società aperte si esprimevano a favore della libertà, della tolleranza e della non discriminazione, avendo un effetto inibitore sul discorso democratico sulle piattaforme online. Con la firma del codice di condotta le aziende informatiche si impegnavano a proseguire nei loro sforzi volti a contrastare qualsiasi illecito incitamento all’odio online: nello specifico l’adesione comportava l’elaborazione permanente di procedure interne e l’offerta di formazione al personale in modo che sia possibile esaminare entro 24 ore la maggior parte delle richieste giustificate di rimozione di contenuti che incitano all’odio, e se del caso di cancellare tali contenuti o di renderli inaccessibili. Le aziende informatiche si impegnavano inoltre per rafforzare il partenariato con le organizzazioni della società civile per la segnalazione di contenuti istiganti alla violenza e a comportamenti improntati all’odio. Le aziende informatiche e la Commissione europea si prefiggevano inoltre di proseguire l’opera di elaborazione e promozione di narrazioni alternative indipendenti, di nuove idee e iniziative e di sostegno di programmi educativi che incoraggino il pensiero critico.

Cosa è successo dunque quest’anno? In sostanza il Consiglio Europeo ha approvato la proposta dell’Unione Europea che obbliga i social media ad implementare meccanismi per rimuovere video che promuovono terrorismo, incitamento all’odio o che contengono espressioni d’odio. Tutti i cittadini hanno diritto a non essere vittime di hate speech, anche online, e la decisione presa dai capi di Stato e di governo dei Paesi dell’Unione Europea vuole che questo diritto venga rispettato anche sul web. In particolare, sono due le modifiche richieste più rilevanti: la prima è l’estensione del codice di condotta a tutti i casi in cui “i contenuti audiovisivi sono una parte essenziale dei servizi digitali offerti” (pensiamo a Vimeo, ad esempio); la seconda, la più interessante, è il superamento del principio del “Paese d’origine”, secondo il quale i fornitori di servizi sono soggetti solo alle leggi applicabili nello Stato in cui hanno sede. Nel nuovo testo questo limite non esiste più: si rispetta la normativa europea in modo omogeneo ed uniforme in tutti i Paesi membri.

Concretamente non sappiamo ancora quali saranno le novità che i social media adotteranno per rispettare la direttiva, sarà interessante monitorare i nuovi provvedimenti. Riusciranno Facebook & co a portare avanti la lotta contro l’odio e la propaganda terroristica preservando il sacrosanto diretta alla libertà di espressione?

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