Il 22 febbraio nel Centro Congressi di Via Salaria ha avuto luogo il secondo incontro del ciclo di seminari CoR(r)iSpondenze, organizzato dal Coris in collaborazione con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e contemporanea di Roma sul tema dell’impatto della cultura sulla società contemporanea. Come suggerito dal titolo Informazione e società: elogio dell’orchestra del Titanic, l’evento ha affrontato, con un ricco parterre di ospiti, la crisi del sistema informativo, in particolare con l’avvento del digitale.
Aprendo l’incontro Mario Morcellini, Commissario Agcom e Consigliere per la comunicazione Sapienza, ha dipinto un quadro efficace del panorama odierno: l’incertezza del giornalismo riflette quella di un’intera generazione, stressata dal repentino cambiamento della società e delle tecnologie, che hanno invaso la vita quotidiana. Quella mediazione dell’informazione un tempo percepita come necessaria, fatta di professionisti in grado di gestire le fonti e di verificarne l’attendibilità, oggi sembra superflua. Ci si improvvisa giornalisti, chiunque può creare contenuti online che possono essere condivisi all’infinito, in un ambiente di finta parità in cui i soggetti culturalmente più deboli diventano ricattabili da ogni populismo. Il digitale ha mutato notevolmente la fruizione dei media tradizionali: i giovani sono quasi completamente assenti sui mezzi mainstream, li utilizzano sono se c’è un rimbalzo comunicativo, ovvero si informano su un determinato argomento, per esempio attraverso la televisione, solo se la rete ne parla.
In un contesto del genere, in cui il giornalismo tradizionale sembra aver perso le sue funzioni, un futuro per l’informazione può essere garantito solo da una riorganizzazione politica e culturale. Questa è la soluzione profilata da Maurizio Boldrini, giornalista e docente di Giornalismo e nuovi media all’Università di Siena e autore del libro Dalla carta alla rete – andata e ritorno, un manuale di giornalismo contemporaneo in cui afferma la necessità per l’Accademia di insegnare la professione in maniera nuova, fornendo strumenti efficaci per affrontare i cambiamenti in atto nella società e nel giornalismo, tornando ad una categoria che rivendichi la sua forza in quanto divulgazione, in un’autoriforma della stampa che si misuri con la rete senza paura.
La tecnologia fa ormai parte della nostra vita e non dobbiamo averne paura, ma dobbiamo essere consapevole dei rischi derivanti dal suo utilizzo: così sostiene anche Nicola Zamperini, giornalista e docente di comunicazione digitale per aziende e istituzioni, autore di Manuale di disobbedienza digitale. Nel libro, diviso in tre parti che vanno dall’analisi dell’infrastruttura culturale alla base delle tecno-corporation come Google e Facebook, vere e proprie metanazioni digitali nate nel contesto comune della Silicon Valley, ad un elenco di comportamenti di disobbedienza da mettere in atto ad esempio rispetto agli algoritmi che seguono ogni nostro movimento sul web, Zamperini elabora un’efficace riflessione sulla consapevolezza degli usi distorti della tecnologia. In un contesto in cui 1/3 degli utenti si informa attraverso i social network, bisogna fare i conti con un processo educativo che permetta a tutti di accedere a contenuti adeguati, per far sì che in un futuro non troppo lontano fenomeni come quello delle fake news possano essere ridimensionati.
Sulla stessa linea si è espresso Vittorio Roidi, docente di Deontologia ed etica professionale alla Scuola di Giornalismo di Perugia, presidente della Federazione nazionale della Stampa e Segretario dell’Ordine dei giornalisti, che ha ribadito l’importanza del giornalismo professionale nel panorama attuale, con la necessità però di rinnovarsi, per riuscire a tenere alto l’interesse dell’utenza.
Presente anche Maria Leitner, giornalista di RAI2 e conduttrice di TG2Motori, che ha esposto le difficoltà dei giornalisti stessi nel districarsi nella sovrabbondanza di informazioni che arrivano da internet. Un problema concreto soprattutto per chi lavora in televisione, dove i tempi stringenti non sempre permettono un’adeguata verifica delle fonti, ragion per cui talvolta gli stessi telegiornali si trovano a divulgare informazioni errate.
In conclusione, tutti i professionisti del settore si sono trovati d’accordo nel dire che il digitale ha senz’altro cambiato gli equilibri del giornalismo moderno, ma va visto come una risorsa con cui imparare a convivere. Il professor Morcellini ha evidenziato come in Italia quasi il 60% dei contenuti legati all’informazione in rete provengono da Repubblica.it e sono quindi riconducibili ad un matrice editoriale, somigliando più di quanto immaginiamo al vecchio giornalismo tradizionale, nonostante gli utenti fruiscano questi contenuti pensando che non ci sia il mediatore. Forse è questa la chiave per restituire vigore al giornalismo, imparare a utilizzare le nuove tecnologie con nuovi linguaggi.
La crisi della comunicazione va di pari passo con quella della società, ma non è irreversibile. Le persone hanno ancora bisogno di cultura, bisogna solo capire come dargliela. Il che non significa spostarsi esclusivamente sul digitale, ma elaborare una mediazione più efficace. La formula crisi della carta è un errore, perché anche il libro è fatto di carta e gli e – book in italia sono solo il 7%. Il problema dunque non è la carta, ma quello che ci si mette dentro: il bene informazione è più in crisi del bene approfondimento, sogno, evasione. La sfida è ridurre questo divario, per restituire equilibrio al panorama culturale del nostro Paese.
Ludovica Marafini
Interviste a cura di Dario Germani