Fino al 2 settembre il Museo in Trastevere ospiterà “Dreamers 1968”, la mostra che ripercorre uno degli anni più accesi del secolo scorso: il 1968.
Come se non bastasse già questa mostra, che attraversa tutto quell’anno turbolento, a formare di per sé un dibattito sul presente, l’AGI ha avviato una serie di tre incontri partiti lo scorso 24 maggio che hanno avuto lo scopo di mettere in risalto come stia cambiando il lavoro del giornalismo oggi partendo proprio da quel 1968 che segnò con i suoi accadimenti un’intera generazione di giornalisti.
Il 24 maggio si è tenuto il primo dei tre incontri, che fanno parte del ciclo dal titolo “Come eravamo, come saremo: il 68 e il futuro dei giornali”, organizzato con il patrocinio di Agcom (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni), e individuano il suo centro di gravità nel mondo dell’informazione e del giornalismo, scegliendo come protagonisti direttori e giornalisti di alcune delle più importanti testate nazionali e componenti dell’Autorità per le Comunicazioni: Maurizio Molinari, direttore de La Stampa; Marco Damilano, direttore de l’Espresso (il 29 maggio), Virman Cusenza direttore de Il Messaggero (il 31 maggio), e Mario Morcellini, Commissario dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni .
L’incontro del 24 maggio, alla presenza di Maurizio Molinari, Giulio Gambino, direttore del The Post Internazionale, Riccardo Luna, direttore dell’AGI, e Marco Pratellesi, condirettore dell’agenzia, ha avuto per oggetto il cambiamento dell lavoro del giornalista con le nuove piattaforme digitali.
Il direttore Molinari infatti ha subito sollevato la sfida quotidiana che devono affrontare le testate giornalistiche di oggi, con il bisogno di conoscere da vicino le nuove piattaforme che si vanno ad utilizzare (Facebook, Twitter, Instagram ecc…).
Il cambio delle piattaforme pone certamente molti elementi di discontinuità con quel ’68 in cui la stampa, soprattutto quella indipendente, si faceva con il ciclostile, mentre adesso l’indipendenza giornalistica è molto più semplice con internet, attraverso il quale cui ognuno può farsi giornalista analizzando una notizia o fabbricandola anche apposta, come ad esempio avviene con le fake news. Eppure, sottolinea il direttore La Stampa, “non dobbiamo dimenticare il grande elemento di continuità che rimane nel nostro lavoro: ovvero il metodo, quello in cui una notizia deve essere verificata e verificabile ed in cui un giornalista si deve sempre mettere in discussione, mai essere certo di quello che dice”.
Mario Morcellini, al contrario si è concentrato sul cambiamento socio-politico italiano commentando che purtroppo nel giornalismo europeo si tende ad avvalorare ciò che già si pensa.
Ed a questa affermazione si è legato anche Marco Pratellesi, che ha spiegato come manchi l’obiettività al giornalismo europeo di oggi, che si limita ad una linea socio-politica ben precisa che segue il giornale o il mezzo di informazione di appartenenza.
In conclusione Giulio Gambino ha spiegato come adesso ci sia più attenzione per le notizie di qualità: infatti i grandi giornali internazionali (New York Times, Washington Post, The Wall Street Journal) hanno incrementato drasticamente i loro abbonamenti grazie al loro lavoro quotidiano; perciò anche in Italia la chiave per far risalire l’attenzione sul mondo del giornalismo deve essere per forza la qualità.
Pietro Sorace