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Differente/mente: pensare la diversità , l’altro, lo scarto.

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Martedì 5 giugno, presso l’Aula Oriana del Coris, si è svolto il primo appuntamento di ‘Magistri sine registro’, seminario di ermeneutica promosso dal Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale e dall’Associazione Paideia. Un evento in cui sociologi, filosofi, psicologi, si sono confrontati sulle varie forme della diversità , la molteplicità ma non solo. La seconda giornata di questo incontro si svolgerà invece venerdì 15 giugno, sempre nell’aula Oriana.

A presiedere l’intero seminario è stato Gianni Losito, Past President Paideia.
Dopo i saluti di del Direttore del Coris Bruno Mazzara, la parola è passata al professore della Sapienza Paolo Montesperelli, che ha spiegato ai presenti il percorso del seminario, organizzato per cercare di esperire le differenze, in particolare quelle di genere e quelle nell’altro viste come fonte di sicurezza.

Il primo intervento è stato proprio quello di Bruno Mazzara, che ha parlato del rapporto tra la mente umana e il percorso di studio intrapreso dalle scienze sociali e delle tensioni alla naturalizzazione dell’epistemologia e semiotiche delle nuove scienze chiamate ‘neuroscienze sociali’, diventato uno “strumento di meccanizzazione e di riduzione della complessità della mente”. Dopo aver accennato alle soluzioni ‘eliminativiste’, che riguardano il rapporto mente-cervello, e all’evoluzione delle discipline, il professore si è soffermato sui termini Neurofenomenologia, Neuroermeneutica e delle Neuroscienze culturali, quest’ultime capaci di insegnare che il cervello si plasma con l’esperienza, fondamentale nel promuovere certi percorsi piuttosto che altri. La parola è passata poi a Maria Armezzani dell’Università di Padova, che ha voluto fare un’analisi dei pensieri di Husser: prima il concetto di mondo, visto non come una costruzione vasta ma il prodotto degli incroci degli sguardi, poi il tema del corpo, costruito in maniera incompiuta (insieme di soggettività e materia). Alla fine del suo discorso, la professoressa ha voluto mettere in risalto anche il tema dell’oggettivazione, che porterebbe alla vergogna ed è alla base di tutte le patologie diffuse.
Non meno importante è stato l’intervento di Francesca Brezzi, sociologa di RomaTre, che si è soffermata sulla diversità interna, parlando “dell’essere interno che concepisce la differenza”, accennando ad Heidegger e al testo su l’identità e la differenza. E proprio alla base di questo pensiero che si affermerebbero le filosofie che hanno portato alla ribalta la dualità di genere, trattata da studiosi come De Beauvoir (differenza sessuale dipendente solo dalla cultura), Irigaray (differenza sessuale è una differenza naturale), Haraway (donna Cyborg), fino ad arrivare alle teorie moderne di Teresa De Laretis (donne come identità teatrali) e Judith Butler (il corpo come costruzione culturale). “Per tutte loro non si può definire la donna in termini di cultura ne di naturalità”, ha dichiarato la professoressa.
Ad impreziosire il dibattito è stato poi l’intervento del professore dell’Università della Calabria Paolo Jedlowki, che ha voluto mettere in risalto la forza unica dell’avverbio, capace di unire una storia con un’altra. Il professore ha mostrato attraverso diversi esempi come un avverbio può portare a questioni ermeneutiche: dalla presentazione dell’altro e all’esplicazione delle sue caratteristiche, fino al rimando alla simultaneità e contemporaneità. L’ultimo intervento della mattinata è stato quello di Fabrizio Battistelli dell’Università la Sapienza, che ha parlato del tema della differenza collegata all’insicurezza. Per l’esperto “il pensiero progressista parla della sicurezza come un bene collettivo, che non può essere garantito al singolo che si stende minacciato”. A supporto del proprio discorso, il professore si è allacciato al tema della periferia, che porterebbe alla rivalità con l’altro, all’invidia sociale, in un contesto in cui lo Stato è completamente assente.

Altri due interventi hanno completato il seminario dopo una breve pausa pranzo.
Il primo è quello di Alessandro Portelli, professore presso il dipartimento SEAI dell’Università degli Studi di Roma la Sapienza, che imposta il suo discorso sul concetto di intervista. Si sofferma in particolare su come tale pratica presupponga nel 95% dei casi che “l’altro”, il “diverso” sia non l’interrogato ma l’intervistatore; in questo senso ogni tipo di intervista rappresenta una sfida, in quanto risulta più difficile pensare di raccontare la propria vita a qualcuno che si reputa “diverso” da sé, con il rischio di essere soggetti di pregiudizi.
L’ultima parola va a Fabrizio Martire, docente presso il CoRiS all’Università La Sapienza di Roma, che sorprende i partecipanti con un discorso sulla statistica e su come questa materia faccia i conti con le differenze. In questo campo una scienza matematica come la statistica rischia di far passare come qualcosa di calcolabile questioni che dovrebbero essere frutto di decisioni consapevoli.

La giornata di venerdì 15 giugno ha visto svolgersi il secondo appuntamento del nostro seminario, sempre nell’aula Oriana del Coris. A presiedere il seminario questa volta è stato Fiorenzo Parziale, professore di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso La Sapienza.

Venerdì 15 Giugno si è svolta l’ultima parte del ciclo di incontri “DIFFERENTE/MENTE”. Ad aprire la mattinata l’intervento di Michele Prospero, docente di politiche e filosofia del diritto presso la facoltà di scienze politiche sociologia e comunicazione dell’università di Roma “La Sapienza” (Coris), che ha esordito con un’accurata analisi del sistema politico odierno, ponendo l’accento sull’importanza del ruolo giocato dal governo nella definizione di caratteri e dettami propri della società civile; a seguire una brillante riflessione sull’evoluzione del ruolo della donna all’interno della società, dal punto di vista politico e sociale, a cura di Mauro Volpi, docente di diritto pubblico comparato presso l’Università degli Studi di Perugia; in conclusione gli interventi di Cristina Sofia, docente di sociologia presso il Coris e professore aggregato in più sedi universitarie, ad introdurre il tema della riabilitazione penitenziaria e di Paolo Montesperelli, professore ordinario in sociologia dei processi culturali, sempre docente Coris, in qualità di coordinatore, a chiudere con un breve resoconto sulla prima parte della giornata.

Dopo la pausa pranzo sono susseguiti gli interventi di Cristina Sofia e Paolo Montesperelli, entrambi professori presso il dipartimento del Coris all’università di Roma La Sapienza.
La prima a prender parola è stata la professoressa Sofia che ha presentato la relazione “Differenze di genere e interventi sociali: lo studio di un caso”, uno studio approfondito in riferimento al progetto ‘carta acquisti sperimentale‘,un piano di intervento e di contrasto al grande tasso di povertà in Italia, che prese avviò nel 2013, con l’emanazione del decreto interministeriale n.102 del 10 gennaio dello stesso anno, e che fu attuato tra il 2014 e il 2015.
E’ stato mostrato come la povertà in Italia oggi è un dato, seppur in lieve, in costante aumento di anno in anno. L’analisi di questo fenomeno ha quindi sollecitato una serie di questioni, anche di carattere metodologico riguardanti la stessa misurazione dei dati, che come la professoressa ha riportato,  hanno riscontrato un incremento sia per quanto riguarda la povertà relativa che per quella assoluta, facendo emergere un dato ancora più grave: le donne corrispondono a più del 50% delle persone in queste condizioni. La povertà femminile è un fenomeno sociale e anche sociologicamente rilevante che richiama l’attenzione su questioni di carattere inibitorio. Assumere una prospettiva di genere vuol dire quindi porre al centro della discussione la questione sull’identità femminile ed evidenziare come spesso mettere l’accento sulla disparità di genere si traduce molto spesso in una posizione di svantaggio per le donne in determinate condizioni e costituisce un elemento centrale alla disposizione di vulnerabilità sociale. Questo richiede quindi che vengano messe in atto politiche sociali ad hoc che possano entrare in ascolto dei bisogni di questa utenza e che possano assumere una sensibilità di genere.
L’ultimo intervento della giornata è stato poi quello del professor Montesperelli con la sua relazione “IN-conclusione: ripensare la differenza“. Il professore ha subito postulato una premessa all’inizio del suo discorso: cercare di parlare di differenza non come un concetto che si oppone a quello di uguaglianza e che segna una discriminazione o una disparità, ma della differenza come qualcosa che si oppone all’omologazione e all’indifferenza. Come si intuisce dal gioco di parole presente nel titolo della relazione stessa, quando si parla di differenza non c’è mai un discorso che si conclude e che si esaurisce in una sintesi. Lo stesso discorso vale per il “ripensare”: quando si parla di differenza si può sempre fare riferimento ad una concezione dinamica, mutevole che noi possiamo sempre ripensare e rivalutare, mutando anche il nostro pensiero e il nostro modo di pensare.

 

Andrea Celesti, Daniele Valentino, Marina Talercio, Cristina Migliorisi