Giovedì 28 giugno, presso l’Aula Magna della facoltà di Architettura, si è svolto l’incontro ‘Roma, ancora capitale d’Italia?’ , in cui si è discusso sulle sorti della città eterna nell’ambito del dibattito politico e culturale nazionale. La ‘tavola rotonda’ ha riunito diversi esperti in materia, che si sono confrontati sul tema in questione facendo emergere diversi spunti di riflessione interessanti.
I lavori sono stati aperti dal Prorettore vicario della Sapienza Renato Masiani che, dopo aver ringraziato i presenti della partecipazione, ha passato la parola al direttore della Facoltà di Architettura e progettazione Orazio Carpenzano, il quale ha parlato dell’importanza di riaprire un dialogo tra presente e passato, oltre a evidenziare l’assenza di un progetto sul trasferimento della nostra eredità, che spesso non si riesce a conservare. Ad introdurre la discussione è stato Lucio Valerio Barbera, che ha voluto mettere in luce il carattere bifronte di Roma Capitale: da una parte una città considerata ‘inadeguata’, dall’altra un nodo importante tra nord e sud della penisola. Il professore di Progettazione architettonica e urbana ha ripercorso le diverse tappe che hanno portato alla crescita di Roma: dalla costruzione del Vittoriano ai lavori di Mussolini, passando per il piano regolatore per favorire la città nel suo insieme, fino all’attuale governo soggetto alle volontà delle regioni. “Occorre pensare Roma nella sua specialità e gestire la complessità in modo normale” ha detto Barbera, offrendo un primo grande spunto. Di diverso parere Francesco Erbani, che ha sottolineato invece “la necessità di riconoscere le zone esterne della città per collegarle fisicamente in un sistema di conoscenza“. Per il giornalista, la città è andata allargandosi in un territorio vasto con densità bassissime e incompatibili con una dimensione urbana, con una conseguente dispersione abitativa che si rifletterebbe anche sulla rappresentazione politica. La parola è passata poi al sociologo Giuseppe De Rita, che ha parlato di “uno sforzo tra Chiesa, Stato e Comune per reagire in grande“, mentre nell’intervento successivo il giornalista Vittorio Emiliani ha espresso “il bisogno di un atteggiamento propositivo con un governo forte al centro per sfruttare tutte le potenzialità“. Se quest’ultimo conta su un atteggiamento attivo delle istituzioni, Massimo Teodori ha parlato “dell’importanza di trovare un modo per affrontare le cose normali” in una città distrutta dal turismo, senza quel carattere di capitale e in mano ai grandi direttori dei ministeri. Non meno importante l’intervento di Giovanni Caudo, fresco vincitore nelle elezioni del III municipio di Roma, il quale ha avanzato una serie di proposte per la città eterna, accennando ai concetti di nuova governance rispetto alla forma urbana, Regione capitale con una cooperazione per vivere con la ricchezza che si produce, senza trascurare la questione relativa alla tutela della Quarta Roma dove risiede il ceto medio. Per Walter Tocci invece, si è esaurito un ciclo storico per la capitale, che negli anni si è evoluta dal punto di vista territoriale e ha visto esaurirsi i motori economici e i consumi culturali di massa. “Bisogna puntare su altre risorse-dice il politico- sistemare il passato interpretando la storia“.
In un’epoca come quella attuale, Roma ha estremo bisogno di ritrovare la sua vera identità: per farlo però c’è bisogno dell’impegno di tutti i soggetti in campo che non possono e non devono sottrarsi a questo compito. La storia insegna…
Andrea Celesti