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“Diventare spin doctor? Occorre fisico e passione”: Augusto Rubei al CoRis

Alla voce “spin doctor”, La Treccani riporta: “esperto nel campo della comunicazione che lavora come consulente per conto di un personaggio politico (o eventualmente di un partito), avente il compito di curarne e promuoverne l’immagine pubblica e di attirargli il necessario consenso elettorale mediante precise strategie di comunicazione e di marketing”.

Alla voce “spin doctor”, Augusto Rubei riporta: “chi conosce meticolosamente i meccanismi di newsmaking e li utilizza a suo vantaggio per  costruire non solo il messaggio da veicolare, ma soprattutto la sua percezione. La realtà che costruisce è sua: non conta la realtà dei fatti, ma la sua percezione”.

Who is?

Classe ’85, Augusto Rubei è portavoce del Ministro della Difesa Elisabetta Trenta e, della narrazione strategica della sua realtà, ne ha fatto professione e passione: “chi conosce la differenza tra giornalismo e spin doctoring'”?, esordisce  nella lezione – incontro svoltasi presso il CoRis lo scorso 29 novembre.

Gli studenti di Giornalismo Internazionale e Comunicazione politica, dal canto loro, si difendono: “il giornalista racconta la realtà, lo spin doctor la costruisce  a tavolino”. Ma, i due aspetti, sono davvero così dissimili?

Bastano poche ore a smontare tutto e a capire che, lo spin doctoring, come il giornalismo, è un mestiere che ha a che fare con due strutture portanti di vitale necessità, senza cui tutto il sistema crolla: la passione e il movimento. E, la presenza accostata di Rubei e Michele Zizza, giornalista e Digital Media Advisor, ne è la dimostrazione.

Lo spin doctor si muove, e lo fa rimbalzando nell’ampio network di contatti che si è costruito con l’accondiscendenza di chi sa essere bonario ma astuto, nei meccanismi di costruzione della notizia che ha prima vissuto (e a volte, suo malgrado, subito) e poi interiorizzato. Ad ostacolare o, in base ai punti di vista, stimolare la traversata nell’avvincente giungla della politica italiana, il costante stress test: per sorreggere “la conoscenza dei contatti che fanno cose”, “essere in grado di far salire e poi polarizzare l’opinione pubblica”, “riconoscere il format adeguato di ogni notizia” e fronteggiare il labile confine tra ciò che si vuole comunicare e come si deve comunicare per “far piacere il nostro personaggio in 18 secondi di tg”, ci vuole decisamente il fisico.

Dalla bellezza della politica, alla politica della bellezza: l’iconografia della leadership è cambiata e, per comunicarla, occorre veicolarla e valutarla secondo parametri che non sono necessariamente i nostri. Il messaggio può essere stravolto, gli attacchi possono diventare assist: nel gioco di equilibri, tenere bene a mente di celebrare la visibilità, mai sovraesporla.

Logica dei media, legame con il territorio, ideologia e professionalità

Rubei, del sistema mediatico italiano e dei suoi fruitori, sembra conoscerne virtù e vizi. Tra questi, quello di non credere ai giornali “nostrani”, ma alla stampa estera. La sua penna, che di Esteri, terrorismo islamico, al Qaeda e Medio Oriente ha scritto per Repubblica, l’Espresso, Limes, Micromega, Globalist, Lettera 43 e PeaceReporter, sa che una red column sul The Guardian dedicata al “nostro” politico/a, è un quid che può fare la differenza.

Ma, attenzione, il polso del popolo si tasta conoscendo con egual interesse  sia la politica estera che “la politica del bar sotto casa”: chi nasce nella borgata romana di San Basilio lo sa. Il fiuto e l’istinto non sbagliano e, quando sono sistematizzati in anni di gavetta  in diverse agenzie di stampa, esperienze da ghostwriter politico e instancabile scrittura di “pezzi sul mondo fuori dai nostri confini che non mi stancavo di inviare”, sanno forgiarti per la costruzione di una campagna elettorale vera e propria. Come, ad esempio, quella di #CoRAGGIo che, “è nata quasi spontanea, solo successivamente mi sono accorto che il termine coraggio contenesse il nome di Raggi. Piuttosto, mi piaceva ciò che il concetto comunicava: senso di riscatto, movimento, reazione”.

Intuizione, esperienza, studio, contatti: nello spin doctoring (che si nutre di campagne elettorali,  comunicazione istituzionale e di telefonate lunghe un’ora e mezza fuori orario di lavoro), “l’approssimazione non paga mai”.

E, per cominciare, Rubei non ha dubbi: sapete che cosa si intenda per “recupero corta” o “cdr”?

Se la risposta è no, allora la consapevolezza può essere un inizio per la platea dei giovani e futuri professionisti dell’informazione che abitano il Dipartimento di Comunicazione di Via Salaria. Lo stesso Rubei, è da lì che ha preso le mosse: “sono laureato, come lo sono tutti. Ma io cerco di convincermi di essere atipico”.

                                                                      Nicoletta Labarile