In un mondo in cui grazie al web tutti possono scrivere ed esprimere la propria opinione, chi può essere considerato “un intellettuale” o un “giornalista“? Esistono ancora queste due figure o sono semplicemente “professoroni e pennivendoli”? Sono questi gli interrogativi a cui durante l’incontro svoltosi lunedì 1 aprile presso l’Aula magna del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale si è cercato di rispondere.
Il primo a prendere la parola è stato Lorenzo Ugolini, assegnista di ricerca del CORIS. Egli ha analizzato il ruolo dell’intellettuale partendo dalla proiezione di alcune scene di film in cui viene messa in discussione la sua funzione in relazione alla politica (in “Giù la testa”) , al popolo (in “La terrazza”), alla classe produttiva (in “Ferie d’agosto”) e al mondo della cultura (ne “La Grande Bellezza”). Si è osservato, analizzando le figure di Antonio Gramsci, Pier Paolo Pasolini e Umberto Eco (noti intellettuali) che ciò che li accomuna è un ampio bagaglio culturale, un’intensa attività letteraria, lo stretto legame con la realtà politica, la capacità di comunicare con il popolo e di smuovere la coscienza collettiva. A fronte di ciò si è ipotizzato che Roberto Saviano possa essere considerato un intellettuale dei giorni nostri.
Elisabetta Stefanelli, caporedattore Cultura ANSA però, nel suo intervento, lo ha definito “intellettuale suo malgrado” in quanto la sua attività è finalizzata ad ottenere l’esposizione mediatica che gli garantisce protezione. Si è posta inoltre l’attenzione sul rapporto tempo-verità, uno dei problemi principali del giornalismo oggi. Citando Saviano, infatti, “la ricerca della verità è travolta dal fattore dinamico della velocità” e questo fa sì che non ci sia tempo per la riflessione e quindi che si diffondano facilmente fake news. L’intellettuale, sostiene Stefanelli, è colui che, in questo contesto dinamico, riesce a creare un punto di vista non istantaneo, ma critico, e a raccontare la verità.
Per ultima è intervenuta Natalia Di Stefano, giornalista culturale del Corriere della Sera. Quest’ultima ha analizzato più nello specifico le problematiche del giornalismo culturale oggi, in cui il concetto di “cultura” raccoglie in sè molti argomenti quindi è difficile per il giornalista individuare cosa è importante e come comunicarlo. Inoltre il web permette a tutti di scrivere online quindi ciò fa abbassare la credibilità del giornalista. Per ottenerla, bisogna avere un proprio pubblico di riferimento che riconosca l’intellettuale e i social oggi sono il mezzo più potente per stabilire un legame con il pubblico. La Di Stefano suggerisce alle generazioni future di giornalisti di cogliere tutte le opportunità offerte dai diversi canali di comunicazione disponibili (social network, blog, giornali ecc.).
Intervista a Elisabetta Stefanelli
Ludovica Lazzarini