Un dibattito interessante svoltosi oggi nella sede del CoRiS, che viaggia negli anni tra gli usi e i costumi di un’Italia tra social media e cultura
Si è svolta oggi 4 aprile alle ore 14 presso la sede del CoRiS in Aula Magna, la lezione-incontro “Amarsi un po’: gli italiani e la cultura”, tenuto dalla professoressa Silvia Leonzi, presidente del Corso di Laurea in Media, Comunicazione Digitale e Giornalismo e il Direttore scientifico SWG e Docente di Teorie e Analisi dell’audience Enzo Risso, con l’obiettivo di comprendere e intercettare i cambiamenti dell’opinione pubblica, di provare a fare ipotesi sul futuro, e capire come possono evolversi le tendenze nel campo culturale e sociale.
Ciò che si vuole mettere in luce è soprattutto il punto cardine di osservazione sulla cultura, che è il tema centrale del dibattito di quest’oggi. La cultura, infatti, patrimonio inestimabile di questo Paese, purtroppo viene valorizzato sempre meno.
Ma cosa pensano della cultura gli italiani? E come influiscono le scelte di consumo delle persone nella società? Quanto è forte l’influenza della rete? Ed è davvero il momento di cominciare a parlare di vere e proprie neotribù
A dare inizio al dibattito è il prof. Enzo Risso che, attraverso le ricerche svolte presso l’Osservatorio Vivo la cultura, lancia un tentativo di comprensione dei cambiamenti della società. “I dati raccolti non parlano solo di numeri. La verità sta nelle scelte delle persone in base al portato di percezione della realtà. Loro scelgono in base alla loro singola percezione, che non è mai quella della totalità della popolazione.”
I mutamenti avvenuti nel paese nell’ultimo decennio
Il prof. Enzo Risso entra nel vivo della discussione illustrando le cosiddette retrotopie, un termine che va a identificare le inversioni di tendenza tra infragilimento e esclusione “Nel 2003” espone il docente “il 70% degli italiani si sentiva ceto medio, nel 2013 la percentuale scende al 39%. Una persona che guadagna 2700€ al mese nella classifica economica si colloca come ceto medio. Ma se si aggiungono tantissime spese, non si muove più come una persona appartenente al ceto medio, ma spenderà e voterà come una persona appartenente al ceto basso. Si arriva così allo sfarinamento del ceto medio, ossia una vera e propria caduta da condizione di stabilità a instabilità” Il professore affronta anche il tema dell’immigrazione, “Nel 1999 si pensava che il fenomeno dell’immigrazione sarebbe stato un arricchimento per il nostro Paese, oggi lo pensa solo il 30%.” Ulteriore apertura è quella sul quarto diritto: si parla di aborto, coppie di fatto, matrimoni gay. La popolazione italiana si attesta su questi temi intorno al 50% di positività. Ma cambia anche l’idea in merito all’eutanasia e la legalizzazione della cannabis. Tutto ha effetto su tutto.
La domanda sorge spontanea: quali sono gli effetti di questi cambiamenti? “La proposta liberista (date ai ricchi e questo ricadrà sui poveri di Reagan), non ha avuto gli effetti sperati. In Italia nell’ultimo decennio c’è stato uno shift per quanto riguarda il potere di acquisto. Questo ha generato un atteggiamento di esclusione. Si acquistano prodotti simbolo per non sentirsi declassati” Stessa cosa per quanto riguarda la globalizzazione, si è giunti oggi ad atteggiamenti più rassicuranti, protettivi. Si preferisce stare con i propri simili, il cosiddetto fenomeno dell’ancoraggio culturale.
Immancabile è il web e i social network: cosa cambia soprattutto? Si può parlare di mode? Il professor Risso si pronuncia così “Si è passato da un immaginario collettivo agli ecosistemi narrativi: questo ha avuto effetto su come si consuma. Le persone comprano e acquistano per mettersi in scena. I social hanno generato un vero e proprio godimento freudiano nel processo di acquisto: il processo diventa il sabato del villaggio. E il godimento arriva con la carta che striscia. I social hanno prolungato e amplificato il godimento: hanno reso social il processo di selezione. Una volta che si striscia la carta il godimento non termina lì, poiché prosegue, io scarto il mio prodotto, mi faccio foto, le pubblico su Instagram, Facebook.”
Le tribù culturali del paese
Si entra nel vivo del tema centrale dell’evento: cosa significa oggi per gli italiani parlare di cultura? Il professor Risso comincia parlando della definizione più diffusa “Solitamente significa acquisire tante più conoscenze possibile, da qualsiasi fonte. Ma soprattutto significa viaggiare molto e avere valori a cui far riferimento. Spesso coincide con la propria identità. Ma significa anche avere strumenti per poter comprendere determinati processi” Questa visione della cultura si riflette sugli italiani suddividendoli in vere e proprie tribù, derivante dalla visione in cui le persone tendono ad aggregarsi tra simili. Ma queste tribù italiane come vedono la cultura? “La maggior parte ritiene che la cultura sia essere cosmopoliti, ma alcuni clan pensano che la cultura oggi sia social.” I cosmopoliti, dice il professor Risso, sono soprattutto i Millennials, che sentono il bisogno di sentirsi parte del mondo. Per i social, invece, la cultura è qualcosa che ci fa sentire in relazione con gli altri. C’è anche chi pensa che la cultura sia tempo perso, un peso, libri ingialliti e saccenza pura. Ebbene sì, nel 2019 esiste ancora questo.
Arianna Lomuscio