“Dylan: Ci siamo persi, ecco la verità!
Groucho:Speriamo di ritrovarci presto.
Non posso stare a lungo senza di me! “
Sono le nove e dieci e il treno per Fie” Dylan: Ci siamo persi, ecco la verità!
Groucho:Speriamo di ritrovarci presto.
Non posso stare a lungo senza di me! “
Sono le nove e dieci e il treno per Fiera di Roma non è affollato. Gruppi in lontananza di fanciulli sono travestiti dai personaggi della loro epoca. Bene, siamo nella direzione giusta.
Siamo qui e c’è come sempre la stessa infinita galleria che ha ospitato le ansie di migliaia di studenti in cerca di un posticino che possa dare loro un’ etichetta sociale, quella di studente, comoda e premurosa se poco più che liceale
non sai ancora dar peso a mille progetti che faticano a incamminarsi. Cisiamo passati tutti, dopo qualche anni per molti la situazione è immutatama con la maturità sopraggiunge anche la pazienza.
Nel cono della mia attenzione casca un Joker che si crede Jared Leto, ma il costume mi piace quindi glielo lasciamo credere. Nella memoria collettiva
la veste gotica da romanzo psicologico di Heath Ledger è irrangiungibile.
Geròme può avere solo il suo volto, la sua fine malvagità, la sua cruda realtà, il suo sottile gusto del’orrido.
Il meteo annuncia il temporale che si avvicinerà nelle prossime ore. Ma non importa, il sole è ancora sereno anche se pallido.
E poi, ogni bella storia porta con sè una giornata di pioggia. E sul quel treno il ricordo di mille pomeriggi a rubare dal tempo una scansione di infinito. Crescere in una casa di soli uomini, per giunta adolescenti, ti porta ad abbandonare
sin da subito i giochi dell’infanzia e ad amare i superpoteri che ognuno di noi ha sognato di avere almeno un volta per affrontare il nome dato ad ogni nostra signola paura. D’improvviso torni a perderti nei corridoi di Arkham e non è più lontano il momento in cui
diverse sere lottavi con tua madre per scollarti da “L’alba dei morti viventi”. Ma tutti questi ricordi li lasci in cantiere, come quel libro sul comodino che prima o poi leggerai, come quelle pagina che portano con lorole risposte che hai paura a darti.
Recensioni di giornate simili le si affrontano con la consapevolezza che ogni cosa che ti aspetti si mostrerà nella sua versione migliore e probabilmente le tue parole non renderanno mai giustizia.
Ma giustizia è stata la passeggiata per una Roma bella e maledetta come tutte le anziane donne signore ingioiellate, e questa signora ne ha da vendere, sia di gioielli che di vissuto.
Sì la Roma dei papi, ma anche la Roma di avventure, di intrighi inconfessabili, di mostri. Come da sue parole, le storie di Roma non sono una semplice fissazione,
ma il racconto di ciò che si conosce bene. Mancata avventura, formazione rigida e arte del flaner le racconta così Alessandro Bilotta, che si presenta in veste sobriamente elegante ma con informale scioltezza nel suo discorso a tu per tu come tra compagni con una passione in comune. La stessa con cui ha dato parola a Dylan nei recenti episodi. Una personalità di epoca indefinita, che si racconta da sola senza troppe pretese.
E’ curiosa la differenza tra identità. Non è per tutti raccontare e raccontarsi senza troppi sprechi di parole. E i fumetti ciò ce lo insegnano bene, tante volte ignoriamo il loro linguaggio simbolico come si trattiamo come il grillo parlante.
Eppure nel discutere concordiamo sull’essere il fumetto un’arte primaria, un’arte a cui tutte le arti si ispirano. E aspirano.
Con inesatta digressione da un pianeta comunicativo molto diverso da quello della graphic novel, oltre all’esempio lampante di “Merurio Loi”, tutti i personaggi status simbol della nona arte, nel loro essere soprannautali confondono
per la loro incoerente troppa umanità. Così Alessandro Bilotta si congeda col suo fare senza tempo, un pò come i suoi personaggi, il coautore delle ultime edizioni di Dylan Dog porta in patria romana il “Romics D’Oro”, per lui dunque “doppiamente simbolico”.
E mentre immaginiamo una Roma invasa dal soprannaturale, cerchiamo una risposta sui nostri personaggi.
Ci raccontato di paura, di amori tossici, di fedeltà, di coraggio, di solitudine.
Celina Kyle, la bella e dannata, la donna che con passo felino ottiene sempre con grande e inopportuna spregiudicatezza ciò che vuole.
Prima era la ragazza timida e goffa che troppo precocemente ha imparato l’arte del sopravvivere. Quante storie simili ha raccontato? ra di Roma non è affollato. Gruppi in lontananza di fanciulli sono travestiti dai personaggi della loro epoca. Bene, siamo nella direzione giusta.
Siamo qui e c’è come sempre la stessa infinita galleria che ha ospitato le ansie di migliaia di studenti in cerca di un posticino che possa dare loro un’ etichetta sociale, quella di studente, comoda e premurosa se poco più che liceale
non sai ancora dar peso a mille progetti che faticano a incamminarsi. Cisiamo passati tutti, dopo qualche anni per molti la situazione è immutatama con la maturità sopraggiunge anche la pazienza.
Nel cono della mia attenzione casca un Joker che si crede Jared Leto, ma il costume mi piace quindi glielo lasciamo credere. Nella memoria collettiva la veste gotica da romanzo psicologico di Heath Ledger è irrangiungibile.
Geròme può avere solo il suo volto, la sua fine malvagità, la sua cruda realtà, il suo sottile gusto del’orrido.
Il meteo annuncia il temporale che si avvicinerà nelle prossime ore. Ma non importa, il sole è ancora sereno anche se pallido.
E poi, ogni bella storia porta con sè una giornata di pioggia. E sul quel treno il ricordo di mille pomeriggi a rubare dal tempo una scansione di infinito. Crescere in una casa di soli uomini, per giunta adolescenti, ti porta ad abbandonare
sin da subito i giochi dell’infanzia e ad amare i superpoteri che ognuno di noi ha sognato di avere almeno un volta per affrontare il nome dato ad ogni nostra signola paura. D’improvviso torni a perderti nei corridoi di Arkham e non è più lontano il momento in cui
diverse sere lottavi con tua madre per scollarti da “L’alba dei morti viventi”. Ma tutti questi ricordi li lasci in cantiere, come quel libro sul comodino che prima o poi leggerai, come quelle pagina che portano con lorole risposte che hai paura a darti.
Recensioni di giornate simili le si affrontano con la consapevolezza che ogni cosa che ti aspetti si mostrerà nella sua versione migliore e probabilmente le tue parole non renderanno mai giustizia.
Ma giustizia è stata la passeggiata per una Roma bella e maledetta come tutte le anziane donne signore ingioiellate, e questa signora ne ha da vendere, sia di gioielli che di vissuto.
Sì la Roma dei papi, ma anche la Roma di avventure, di intrighi inconfessabili, di mostri. Come da sue parole, le storie di Roma non sono una semplice fissazione,
ma il racconto di ciò che si conosce bene. Mancata avventura, formazione rigida e arte del flaner le racconta così Alessandro Bilotta, che si presenta in veste sobriamente elegante ma con informale
scioltezza nel suo discorso a tu per tu come tra compagni con una passione in comune. La stessa con cui ha dato parola a Dylan nei recenti episodi. Una personalità di epoca indefinita, che si racconta da sola senza troppe pretese.
E’ curiosa la differenza tra identità. Non è per tutti raccontare e raccontarsi senza troppi sprechi di parole. E i fumetti ciò ce lo insegnano bene, tante volte ignoriamo il loro linguaggio simbolico come si trattiamo come il grillo parlante.
Eppure nel discutere concordiamo sull’essere il fumetto un’arte primaria, un’arte a cui tutte le arti si ispirano. E aspirano.
Con inesatta digressione da un pianeta comunicativo molto diverso da quello della graphic novel, oltre all’esempio lampante di “Merurio Loi”, tutti i personaggi status simbol della nona arte, nel loro essere soprannautali confondono
per la loro incoerente troppa umanità. Così Alessandro Bilotta si congeda col suo fare senza tempo, un pò come i suoi personaggi, il coautore delle ultime edizioni di Dylan Dog porta in patria romana il “Romics D’Oro”, per lui dunque “doppiamente simbolico”.
E mentre immaginiamo una Roma invasa dal soprannaturale, cerchiamo una risposta sui nostri personaggi.
Ci raccontato di paura, di amori tossici, di fedeltà, di coraggio, di solitudine.
Celina Kyle, la bella e dannata, la donna che con passo felino ottiene sempre con grande e inopportuna spregiudicatezza ciò che vuole.
Prima era la ragazza timida e goffa che troppo precocemente ha imparato l’arte del sopravvivere. Quante storie simili ha raccontato? Tanta gente ha visto il prototipo di crudeltà come l’alternativa valida per smettere di autocommiserarsi. Eppure il personaggio cresce, la si può riscoprire anche dolce, così umana, così anche Celina. Nel corso della saga un rapporto contrastante quello con Batman, del tutto lontano dai prototipi dell’uomo perfetto a stampo Walt Disney. Combattiva, resistente come un’ortica per sopperire al suo essere nel profondo un fiore di primavera. Nel suo orgoglio e nella sue meschinità mille fragilità si celano. E poi c’è Harley Quinn, una donna calpestata. “Se ti tagliassero a pezzetti” può essere la sua intro riassuntiva per almeno cinque saghe. Ma Harley Quinn sa rinascere, quando abbandona senza falso perdono (non dimentichiamo il suo ingresso nella Suicide Squad, è pur sempre ‘una cattiva’) il suo stesso amore così tanto rifugiato in una sua immaginazione. “Se non hai conosciuto il vero amore non puoi capirmi”. Ma poi l’hai conosciuto per davvero, tu, che sei di nuovo Harleen. E poi Joker, che rappresenta la contraddizione del mondo, come nei perbenismi si cela il male nero che ti fa urlare in silenzio, un male dietro un sorriso. Ma è un male diverso rispetto a quello di Cobblepot, Il Pinguino. Joker rappresenta la rabbia del popolo, un popolo la cui voce spesso rimane schiacciata sotto casualità sociali, l’atro quel male che come un cancro divora le istruzioni sotto il passo lento e ignaro del mondo che si sgretola sotto i nostri piedi. Isomma, Cabblepot e Joker ci insegnano quanto il male o lo si celebra o lo si tema. Tante le donne che hanno lavorato per la realizzazione di questo palcoscenico della nostra infanzia e trampolino per storie future su cui sognare. E’ stato un piacere per esempio chiacchierare con Sabrina Perrucca, con distinta cordialità e tenacia ha esposto l’importanza del ruolo femminile nella graphic novel. Ci narra la storia del Romics, dal 2001 fino al 2013, anno spartiacque in cui diventa successivamente edizione biennale. Il Romics, un contenitore che guarda al fumetto in maniera più trasversale oggi. Ancora d’acciaio la collaborazione tra Isi.Urb e Fiera di Roma. Un’istantanea di quello che accade nel mondo dell’intrattenimento, sa cogliere cosa c’è nell’aria straripando i target ben specifici solo su determinati generi, tantissimi gli attori in gioco e tante le nuove proposte. Ciò che forse contraddistingue il Romics da altre manifestazioni simili è il format nel rispetto dell’unicità ma anche la creazione di una stretta connessione tra fumetto, animazione e game. Connessione presente in questa edizione anche anche tra artisti, e soprattutto artiste. A tal proposito consiglio “Post Pink” edito da Feltrinelli, un’ antologia sulle donne. Sono nove le giovani autrici italiane che ci presentano nove ministorie sul sogno e sulla scoperta dell’ ‘io’ donna. Che cosa portiamo a casa di questa venticinquesima edizione del Romics? Probabilmente l’assoluta certezza che non riusciremo mai a non emozionarci guardando “Your Name”, forse per la stessa consapevolezza che la nostra vita, sempre in corsa per un treno che ci porterà chissà dove, in lotta costante con la pioggia fitta e tormentata che ci insegue, a volte la perdiamo agli angoli scoscesi di un’indefinita ricerca. E forse quell’attesa inspiegabile dei nostri sogni sul nascere, o anche di una persona, è sempre stato seduto lì al nostro fianco. Magari camminando sulla scala mobile in parallelo sentiero. Ma queste affinità mi sfuggono via già veloci, ho un nuovo treno da rincorrere e sotto questa pioggia battente proteggo con cura un nuovo amico, quel cd dei Nirvana che sarà la colonna sonora di nuovi viaggi in macchina d’estate. Oggi il cielo piange, ma di gioia, gioisce con me. Caro Groucho, forse fuori da noi possiamo pur restare, per un giorno.
Francesca Anzivino