Si è tenuto oggi, mercoledì 6 novembre, presso il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale, il seminario “Disabilità, informare con le parole giuste”. L’incontro, accreditato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, ma aperto a tutti gli studenti dell’ateneo, si è incentrato sulla rappresentazione delle persone con disabilità come possibile “soggetto di informazione” e non solo come “oggetto di comunicazione”.
Al seminario sono intervenuti diversi giornalisti, tra cui Antonio Giuseppe Malafarina del blog InVisibili di «Corriere della Sera.it». Insieme a lui, moderati da Lucio Bussi, componente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, hanno preso parte al dibattito Marco Binotto, ricercatore di Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi all’Università La Sapienza (Senza pietà. Sfide e rischi della rappresentazione mediale della disabilità), Carlo Giacobini, responsabile del Servizio HandyLex.org, Antonella Patete, giornalista dell’agenzia «Redattore Sociale» e coordinatrice della redazione di SuperAbile INAIL (Le parole giuste per raccontare la disabilità), Alessia Bottone, giornalista, autrice tra l’altro del docufilm Ritratti in controluce. Cecità, stereotipi e successi a confronto , oltreché “firma” di «Superando.it» (Disabilità e comunicazione: modelli e stereotipi) e Gaia Peruzzi, associata di Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi all’Università La Sapienza, alla quale sono state affidate le conclusioni dell’incontro.
Il colloquio si è articolato partendo da alcuni stereotipi sulla disabilità, la diversità vista come un pericolo intrinseco. La disabilità fra narrazioni e distorsioni, spesso giudicata o additata dai filtri che abbiamo per guardare la realtà e talvolta riproposti dall’informazione. Convenzioni e pregiudizi spesso dominano la scena in quelle che sono false notizie sui disabili che non provengono da fonti realistiche , ma che influenzano ampiamente quella che è la visione generale. La disabilità non rappresenta un blocco monolitico, ma è un concetto plurale , che racchiude in un’ unica parola una molteplicità di condizioni esistenziali profondamente diverse le une dalle altre. Spesso le persone disabili diventano strumenti per ispirare gli altri , non tenendo conto di loro come persone , ma tendendoli ad identificare con la loro malattia invalidante. Molto importante è il linguaggio giusto da affiancare al concetto di disabilità per la quale ci sono molte definizioni errate, la sola corretta come spiega Malafarina che definisce la disabilità come il rapporto di salute di una persona in un ambiente sfavorevole. Nel linguaggio di disabilità dobbiamo tener presente che stiamo parlando di persone.
Si è parlato poi di Abilismo, ovvero la discriminazione nei confronti delle persone con disabilità , termine in uso dagli anni 80. L’Abilismo si attua in molti modi, attraverso il linguaggio verbale, atteggiamenti e con qualsiasi comportamento non inclusivo.
Bisogna ricordare che la persona non è la sua disabilità e per questo usare un linguaggio corretto, neutro ovvero lontano dal pietismo e dall’ eroismo, nel rispetto della neutralità considerando la persona a partire da ciò che ha e non da ciò che non ha, perchè le parole sono importanti ma vengono se non dopo, certo insieme alle cose e all’impegno per la parità dei diritti.