Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Questa ricorrenza è stata storicamente istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre del 1999, tramite la risoluzione numero 54/134.
Secondo l’Articolo 1 della Dichiarazione sull’Eliminazione della Violenza contro le Donne emanata dall’Assemblea Generale nel 1993, la violenza contro le donne è «qualsiasi atto di violenza di genere che si traduca o passa provocare danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche alle donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia che avvengono nella vita pubblica che in quella privata».
Nonostante gli anni trascorsi, ancora oggi è necessario che questa ricorrenza sia celebrata poiché è ritenuta fondamentale per la sensibilizzazione della società sulla violenza di genere. Le forme di violenza sono molteplici e la lotta che si vuole portare avanti è “quella di riconoscerle tutte” sottolinea Lucia Scaldarella, coordinatrice del movimento studentesco Link Sapienza.
Con la pandemia è risultato evidente come il sistema della cultura dello stupro e del possesso “sia fortemente intrinseco“. Vittime di questo sono principalmente le donne e le soggettività subalterne. Proprio per questo motivo “partendo dall’Università possiamo provare a sdradicare quella narrazione che molto spesso è complice“, poiché a volte normalizza o addirittura giustifica la violenza.
Infatti, nella giornata simbolo contro la violenza sulle donne, il collettivo Link Sapienza e Non Una di Meno di Roma si sono uniti all’unisono con un flash mob a Piazza Aldo Moro, davanti l’Università La Sapienza di Roma.
“I luoghi della formazione” è il punto centrale da cui iniziare la “lotta contro la violenza di genere e la violenza maschile sulle donne “, poiché “è proprio da qui che dovrebbe partire una rivoluzione dei saperi che riescano a lottare contro una società che è ancora fortemente patriarcale“, sottolinea la coordinatrice di Link Sapienza.
L’obiettivo primario è quello di rilanciare l’Università e invitare tutto il corpo studentesco a partecipare e dire No alla violenza. La lotta però non deve ridursi o confinarsi nei luoghi di formazione. É necessaria una sfida continua che deve avere come obiettivo fondamentale quello di portare avanti i valori di libertà. “Dobbiamo essere tutti insieme e dire Non Una di Meno” conclude Scaldarella.
Infatti, Non Una di Meno, come sottolinea l’attivista Elisa R., è un” movimento transfemminista” e con esso “ci siamo resi conto che la violenza è strutturata, non è solo violenza domestica e fisica, ma è proprio un sistema: ed è quello patriarcale“. La cultura patriarcale è tutt’ora intrinseca nella società in cui viviamo per questo motivo “pensiamo che il primo modo per scardinarlo fin da subito sia l’istruzione e l’Università“.
Le nuove generazione però, rispetto magari alle precedenti, hanno una maggiore volontà e un più alto interesse nell’affrontare tematiche femministe. Per questo motivo il movimento ha deciso di “rispondere a queste esigenze” provenienti “da studenti e studentesse che vogliono essere formati” poiché la scuola non fornisce loro gli strumenti adatti.
“Ci mettiamo in prima fila sperando che il mondo della formazione si renda conto di quant’è importante far fronte su questi temi. E soprattutto di quanto sia importante formare una nuova generazione transfemminista“, conclude così Elisa R.
Durante il flash mob, a ritmo di tamburo vengono scandite le parole “la colpa è del patriarcato, il braccio armato dello stato. Dice che sono il problema. Giustificando il suo sistema“. Parole forti che rimbombano e diventano “il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce“.