Trash Secco, nome d’arte di Francesco Pividori, esordisce dietro alla macchina da presa con Bassifondi, il suo primo lungometraggio presentato nella cornice della diciassettesima Festa del Cinema di Roma. Il regista, noto per i videoclip musicali girati per alcuni artisti della scena trap italiana come Ketama 126 e Sfera Ebbasta, si cimenta in una storia intima (chiaramente ispirata ad Aspettando Godot di Samuel Beckett) che racconta la ripetitiva quotidianità di due senzatetto romani. Romeo e Callisto vagabondeggiano per la Città Eterna alla ricerca di qualche spicciolo per poter mangiare, ora intenti a truffare un gruppo di ragazzini, ora alle prese con lo scippo di una pianta per decorare il loro giaciglio di fortuna lungo il Tevere. Un giorno, però, qualcosa è destinato a spezzare drammaticamente il circolo vizioso delle loro precarie esistenze. Il regista è coadiuvato nel suo intento da Fabio e Damiano D’Innocenzo, reduci dal loro terzo film America Latina e attualmente alle prese con la serie tv Dostoevskij. I due fratelli hanno curato la sceneggiatura della pellicola che, per i temi trattati, rimanda in qualche modo all’immaginario del loro esordio registico La terra dell’abbastanza.
Il film è girato in quattro terzi, ricordando l’estetica di un videoclip musicale, così da concentrare la macchina da presa esclusivamente sui due protagonisti, valorizzando le composizioni spaziali delle inquadrature. Il lungometraggio vanta anche un’ottima fotografia curata da Valentina Belli che va a impreziosire la messa in scena quasi documentaristica che indaga la natura antropologica dei due protagonisti. Nonostante la sobrietà dei movimenti di macchina, il regista si lascia andare anche ad interessanti soluzioni formali, come nella scena in cui i due attori assumono una sostanza stupefacente e la traccia sonora subisce un insolito glitch uditivo. La riuscita sceneggiatura scritta dai D’Innocenzo (che a tratti convincono più come sceneggiatori che come registi) scava nella psiche dei protagonisti donando profondità, umanità e senso di realismo all’ottima prova attoriale di Gabriele Silli e Romano Talevi. La loro performance brilla per la centralità ricoperta dall’espressività dei loro volti (istrionico quello di Callisto e granitico quello di Romano) sui quali indugia a più riprese lo sguardo attento del regista. Non è un caso, dunque, che l’epilogo drammatico del film abbia i suoi prodromi proprio in un cambiamento repentino di un tratto somatico del volto di uno dei due attori. I protagonisti assoluti del film vengono ritratti come due vinti dalla vita, uniti dal medesimo tragico destino di badare l’uno all’altro, in attesa che qualcosa realmente accada e spezzi la monotonia del loro sopravvivere. Romeo, ad esempio, è stato abbandonato dalla moglie e dai figli, con i quali cerca disperatamente di mettersi in contatto ogni giorno tramite un vecchio cellulare senza ricevere alcuna risposta. Colpisce la sinergia che si instaura tra lui e Callisto, due personalità diametralmente opposte ma legate a doppio filo anche quando l’insensatezza della vita sa fare male alla loro precaria e instabile esistenza. Due estranei resi fratelli dalla loro condizione di indigenza, dalla sopravvivenza quotidiana reiterata attraverso i soliti monotoni gesti.
Trash Secco con questo film intimo, ma non per questo apolitico, riesce con forza a dar voce agli emarginati, in qualche modo riabilitandoli e donandogli la dignità di esseri umani ormai perduta. Raccontando la drammatica condizione esistenziale degli outsiders che vivono nei bassifondi romani, paragonati simbolicamente ai ratti che si aggirano tra i rifiuti. Nella totale indifferenza del cittadino comune.