Per fare impresa non si può più solo pensare a conti, dati, numeri; ormai il rapporto con i bisogni delle persone è strutturale e l’obiettivo è rispondere in modo efficace a questi stessi bisogni. Questa relazione fa sì che accanto alla produzione si inserisca una dimensione di senso più ampia, che contempli in sé l’aspetto personale più di prima: un’azienda non più cliente-centrica ma che rifletta e allarghi i servizi pensando prima di tutto alla persona.
Lunedì 24 ottobre nell’Aula Blu 4 della Sapienza si è tenuta una riflessione intorno a questa nuova prospettiva: il seminario, organizzato dal Professor Marco Stancati, docente del corso di “Comunicazione organizzativa e Corporate”, si è centrato sul tema della comunicazione interna ed ha visto come ospiti due figure di rilievo del Gruppo Unipol nel settore, ovvero le dottoresse Alessandra Cappello, responsabile internal comunication and digital workplace, e Mariagiovanna Claps, responsabile internal digital Channels.
Per comunicazione interna si intenda l’insieme dei contenuti e degli strumenti utilizzati per trasmettere messaggi all’interno della realtà aziendale.
A tal riguardo, il primo obiettivo dell’incontro è stato sovvertire i preconcetti sulla comunicazione di impresa: non solo quella interna ha lo stesso valore di quella esterna, ma, ancor di più, rappresenta un settore strategico su cui è necessario che tutte le imprese intervengano. Non vi sono distinzioni tra grandi e piccole realtà: in Italia le piccole attività contano almeno 14 dipendenti, il che comporta un numero di 91 linee di collegamento per trasmissione di informazioni. Linee ben salde implicano una maggiore efficienza e un maggiore successo.
E cosa succede per le realtà già grandi? Unipol, ad esempio, conta circa 12 mila dipendenti con un numero di contatti conseguenti inimmaginabile. Ecco il motivo per cui investire in questo settore.
Il racconto dell’esperienza biografica e professionale delle referenti comunicazione di questa realtà è stata fruttuosa per comprendere concretamente di cosa stiamo parlando. La pandemia, secondo le testimonianze, è stato un fattore determinante per lo sviluppo di questa nuova consapevolezza: proprio in questo contesto è stato lanciato il progetto dei Digital Talk e Digital Lunch un programma attraverso cui i dipendenti avevano la possibilità di presentare le loro idee per innovazioni dell’azienda davanti ai dirigenti; in questo modo, attraverso videocall, si abbatteva una distanza gerarchica e si rendeva il dipendente protagonista del rinnovamento dell’impresa.
“Perché la prima attenzione deve essere rivolta a chi in queste realtà ci lavora”: i lavoratori che passano mesi e anni in Unipol sono il principale canale di diffusione nella società dell’immagine pubblica dell’impresa; da qui il grande lavoro nelle realtà aziendali con sedi diffuse sul territorio per un servizio di engagement efficace e capillare affinché tutti siano inclusi e nessuno si senta abbandonato. Lo strumento? Ce ne sono vari e si opta per un mix per raggiungere tutte le generazioni dai boomer a chi entra oggi, ma il principale rimane l’intranet, ovvero un sistema interno all’impresa attraverso cui vengono messe in circolo notizie che riguardano tutti. Per qualcuno l’intranet è stata casa, ogni giorno aprivano il sito e avvertivano un ambiente familiare e accogliente, uno strumento prezioso per non sentirsi abbandonati durante la pandemia. Oggi circa 7 mila dipendenti passano la media di 23 m ogni giorno sull’intranet.
Dunque bisogna lavorare, ma bisogna assicurasi che la persona protagonista del lavoro, ovvero chi lo esegue, si senta in linea con la strada percorsa dall’impresa. La comunicazione interna ha quindi l’obiettivo di creare uno stile e un modo di vivere il lavoro che metta al centro l’individuo. In questo modo, lavorando sulla coesione del proprio capitale umano, ogni progresso è possibile.
Non bisogna dimenticare, come sottolinea il Professor Stancati, che l’Italia è stata capofila nella comunicazione interna con grandi personaggi della nostra storia nazionale che hanno precorso i tempi: Adriano Olivetti, Enrico Mattei, Michele Ferrero. Questa è l’indirizzo che si sta seguendo a livello mondiale, una realtà che ha grandi possibilità di crescita anche all’interno delle nostre università.