La mattinata di giovedì 27 Aprile presso l’Università di Roma La Sapienza si è svolta la cerimonia in memoria di Paolo Rossi. Infatti, nell’aprile di 57 anni fa, sulle stesse scale della Facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza, dove oggi si svolta la commossa celebrazione, veniva ucciso Rossi, allora studente diciannovenne iscritto ai giovani socialisti. Stroncato dalla violenza fascista, il suo omicidio segnò una svolta in anni già di duro scontro, poiché agli occhi dell’opinione pubblica fu considerata una morte giovane e ingiustificata.
La cerimonia è stata aperta dalla Preside di Facoltà Arianna Punzi. Al microfono la professoressa ha raccontato dell’indebolirsi progressivo di una memoria che non andrebbe persa. “Ci sono parole che rischiano di sbiadirsi” – ha affermato Punzi – “ come libertà e pace. Ci sono persone che ricordano quel giorno. Altre che, per ragioni anagrafiche, non possono farlo” C’è dunque urgenza di un racconto che fissi e crei una memoria.
Memoria che, come ribadisce Fabio Lucidi, prorettore alla IV missione, deve servire anche da monito contro l’ingestibile brutalità della violenza all’interno di una comunità. Paolo Rossi è morto nell’esercizio delle funzioni democratiche: questo crea un’aria di sgomento, legata alla non comprensibilità degli eventi.
Sicuramente, tra i racconti più commossi c’è stato quello di Orietta Rossi Pinelli, la sorella di Paolo. Guardando alla targa che ogni giorno campeggia sulle scale di lettere, la donna ha parlato di una ferita che è assieme pubblica e privata. “Una presenza terribile” ha dichiarato Pinelli ” in un luogo che è fatto di vita” . Paolo Rossi, in effetti, fioriva, in quegli anni: proprio come gli studenti che ogni giorno passano nei corridoi della facoltà. La sua voce cela una leggera rabbia, quando torna a raccontare gli eventi: ricorda di come, davanti alle provocazioni e agli scontri della parte fascista, la polizia rimanesse inerme. Ricorda di come al tempo si cercò successivamente di infangare la morte di Paolo, parlando non di violenza ma di un attacco epilettico. Tuttavia, quella stessa voce assume note più dolci quando torna a parlare dei ragazzi: ” questo deve servire loro a costruire un’eredità per essere cittadini”
A chiudere l’evento e a parlare di memoria è stato in fine l’assessore alla Cultura Fabrizio Rufo che ha ribadito quanto sia necessario non solo che una memoria venga fissata, ma anche di quanto sia importante che l’episodio di Paolo venga più largamente inserito nella storia repubblicana.
Hanno preso parte alle celebrazioni anche i compagni del liceo Giulio Cesare, che quella mattina erano con lui. Quello che è emerso è un racconto umano, fatto di un senso di comunità ancora lacerato, nonostante gli anni trascorsi.
A rappresentare le istituzioni è stato, invece, il vicepresidente del secondo municipio Emanuele Gisci, al quale abbiamo chiesto di come la memoria possa essere esercitata a livello pratico.