Nella giornata di venerdì 5 maggio, presso la fondazione Gramsci, nel cuore del quartiere Parioli in Roma, ha preso luogo un evento riguardante il Settore Sanitario in Italia.
Un colloquio al quale hanno interloquito la professoressa Chiara Giorgi, docente del dipartimento di Filosofia, presso l’università La Sapienza, e la professoressa Daniela Felisini docente del dipartimento di Storia, presso l’università Tor Vergata. In conclusione ha esposto il suo punto di vista alla discussione il professor Carlo Spagnolo dell’Università di Bari, docente del dipartimento di Ricerca e Innovazione Umanistica. Nell’ampio dibattito si sono discussi temi riguardanti il settore sanitario, come la trasformazione della sanità pubblica, in particolare dell’Italia nel suo contesto internazionale e la crescita delle imprese private nel settore sanitario, dal secondo novecento fino ai giorni nostri, prima che la pandemia incombesse sulla quotidianità.
L’evento è inserito all’interno del convegno internazionale “La ritirata dello Stato? Le privatizzazioni italiane nel contesto internazionale”, organizzato nei giorni 4-5 maggio 2023 dal Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza, dal Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Roma Tre e dalla Fondazione Gramsci. Questi pongono l’obiettivo di iniziare a ricostruire alcuni aspetti cruciali di questa storia, sviluppando originali linee di indagine al confine tra la storia politica e delle istituzioni e le discipline economico-giuridiche.
Uno dei temi più discussi ogni qualvolta che prende forma un nuovo governo.
La sanità è certamente un tema importante, se non cruciale, che spesso però viene a mancare di efficienza; non certo per una privazione di operosità del personale, ma forse a causa di un’assenza di attenzione che un settore, volto a garantire la salute del cittadino italiano, dovrebbe garantire. L’Italia, per quanto politicamente e geograficamente unita, si frattura molto spesso; più ci si addentra verso sud e più i problemi sanitari aumentano. Molto spesso le persone sono costrette ad “emigrare” verso regioni settentrionali, come Lombardia o Emilia Romagna, per garantirsi un’efficienza sanitaria. Parallelamente al problema qualitativo delle regioni del meridione, la sanità pubblica ha visto negli anni venire incontro un avversario che spesso si è decretato superiore, come la corrispondenza privata. In città metropolitane come Roma o Milano, ha preso sempre più piede fino a diventare concorrente delle grandi case ospedaliere che da anni offrono servizio pubblico. Prima di immergersi nell’argomento e scardinare il meccanismo per il quale il servizio privato ha accelerato sul pubblico, è bene chiarire alcuni aspetti su quest’ultimo.
Nel corso del novecento sono state emanate tre fondamentali riforme sulla Sanità.
La più importante rimane sicuramente quella datata 23 dicembre 1978, che ha sancito la nascita del Sistema Sanitario Nazionale (SSN), poiché fino a quel momento il diritto alla salute non era garantito a tutti i cittadini, così che si è potuto creare un sistema efficiente che possa distribuire servizi sanitari in maniera uniforme su tutto il territorio.
Successivamente all’inizio degli anni 90, viene emessa la seconda riforma.
È il 1992, e bisogna rimediare ai buchi economici del sistema fallimentare delle mutua, cosicché questa nuova riforma insegue tre principi: l’aziendalizzazione, l’orientamento al mercato e la distribuzione di responsabilità alle regioni. In conclusione, il decreto legislativo del 1999, noto come riforma Bindi, viene valutato un importante passaggio legislativo compiuto dal SSN. Questa riforma è possibile etichettare come la ridefinizione dei principi di guida in qualità di sostenibilità finanziaria del sistema secondo appropriatezza, economicità ed evidenza scientifica nelle scelte dell’uso delle risorse.
Mentre le sovrascritte riforme sulla sanità si delineano, le società private non rimangono inerme. Chiariamo il fatto che né che ne esistano diverse tipologie. Definite come grandi gruppi integrati, passando da imprese familiari come il “Gruppo San Donato” nato a Pavia nel 1957, o gruppi di Holding da settori non sanitari, come la società milanese Kos, passando per medie imprese locali o privati specializzati, come l’Istituto Europeo di Oncologia.
Negli anni il peso degli ospedali privati rispetto al pubblico è aumentato anche per una questione di tempo più ragionevole, fino alla consacrazione con le RSA che negli ultimi anni ha aumentato a dismisura il numero. Ma quali sono i meccanismi di crescita che hanno potuto fare emergere così tanto le aziende ospedaliere private? Le loro abilità di espansione sono basate su diversi fattori come la capacità di lobbying e la facilità dell’accesso al credito, con un assicurato flusso di risorse. Non va sottovalutato la possibilità di crearsi una reputazione che ne aumenta l’attività, in più l’aspetto non indifferente che ne ha permesso la crescita è il fattore “Specializzazione”, ne esempio l’Istituto Europeo di Oncologia, che permette ciò e altro. Riassumendo, cose che un pubblico non è in grado di sostenere.
La formazione e la ricerca investono in qualità di Università, qui se ne hanno più possibilità rispetto al pubblico e questo ha fatto sì che il loro nome diventasse ancora più grande.
Attualmente ci troviamo con due scenari paralleli, sicuramente la sanità italiana è a forte livello, anche in ottica europea. Seppur all’interno con grandi crepe; allo stesso tempo il privato offre una valida alternativa, che però può non essere usufruita da tutti per i suoi costi non troppo agevoli e spesso non raggiungibili da province distanti dai grandi centri urbani, che rendono il pubblico ancora una forte ancora di salvezza.