Alta affluenza al primo incontro della nona edizione del seminario di ermeneutica “Magistri sine registro” organizzato dal Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza e dall’Associazione Paideia – Alta formazione nelle Scienze Umane, patrocinato dall’Associazione Italiana di Sociologia.
La giornata inaugurale intitolata “Quel dialogo infinito che noi siamo. Verità e interpretazione a partire da H.G. Gadamer” tenutasi venerdì 20 ottobre presso l’aula Wolf del dipartimento CoRiS sito in via Salaria 113 ha riunito, in presenza ed online, più di cento iscritti tra sociologi, professori, studenti e relatori provenienti da tutta Italia per una rilettura attuale dell’Opera del padre dell’ermeneutica ed una riflessione critica circa i concetti di interpretazione e di verità, con particolare attenzione alle componenti intersoggettiva e dialogica che li caratterizzano.
Aprono i lavori i saluti del Direttore del Dipartimento CoRiS Alberto Marinelli e della Presidente dell’Associazione Paideia Rita Bichi, autori di una brillante panoramica circa l’universalità dell’ermeneutica che caratterizza la contemporaneità e il conseguente interrogativo sul senso del concetto di verità in un’epoca segnata dall’interpretazione quale componente imprescindibile di ogni sapere, quotidiano o scientifico.
Rileggere ed attualizzare Gadamer, una riflessione critica su “Verità e metodo”
A fornire le linee iniziali entro le quali inscrivere il dibattito sul contributo gadameriano nella metodologia delle scienze sociali è la filosofa e professoressa dell’Università di Perugia Furia Valori con la presentazione (da remoto, ndr) della sua relazione “Verità e metodo: una rilettura critica”.
Ripercorrendo uno tra gli scritti maggiormente discussi di Gadamer, la Professoressa riserva particolare attenzione al ruolo essenziale svolto dal dialogo nel processo di interpretazione della realtà ed ancor più nella successiva condivisione di significati: una rilettura dell’universalità dell’ermeneutica che la emancipa dalla critica di tentativo di delegittimazione del rigore metodologico e di allontanamento della conoscenza dalla verità, in grado di evidenziare la dimensione intersoggettiva che caratterizza il dialogare, scientifico e comune.
“Dialogare come convenire” afferma in apertura Furia Valori, un dialogo inteso nell’accezione socratico-platonica, capace di produrre una sospensione di giudizi e pregiudizi (derivati ineludibili del contesto storico sociale di riferimento) nella formulazione della domanda e di riconoscere l’Alterità nella risposta, che può incarnarsi nell’ “Altro” come nel “Passato”.
Attraverso un affascinante parallelismo costruito sul dialogo tra “Io e Tu” e tra “Presente e Passato” (riconosciuto quale “Alterità normativa”) la relazione analizza la dimensione mediatrice del processo di comprensione ed il ruolo centrale svolto dal linguaggio, “L’essere che può venir compreso è linguaggio” ricorda la professoressa citando il celebre motto gadameriano.
Il dialogo tra soggetti e tra presente e passato permette di riconoscere alla “coscienza interpretante” entrambe le funzioni, attiva e passiva, che la distinguono: il processo di interpretazione assume quindi il senso di mediazione con l’alterità, di fusione di orizzonti per giungere all’accordo sull’interpretazione, mai cristallizzata ma sintesi di “identità aperte, mai concluse”.
La riflessione sul concetto di “verità” partendo dall’opera di Gadamer prosegue con la presentazione “Verità e metodologia delle scienze sociali” a cura della professoressa Rita Bichi dell’Università Cattolica di Milano, Presidente Paideia, sociologa e metodologa. Sviluppando i concetti chiave di metodo e dimostrabilità la professoressa indaga sui limiti maggiori di teorie atomistiche e letture puramente quantitative dei fenomeni sociali.
Ricostruendo il pensiero di autori centrali nel dibattito metodologico nelle scienze sociali, da Durkheim alla più recente sociologia di Bourdieau e De Certau, la relazione permette di identificare nel concetto di esternalità il “mezzo attraverso cui acciuffare la verità”, lontani dalla dimensione ermeneutica, la ricerca della verità assume i caratteri di un processo cognitivo che non culmina in una fusione di orizzonti gadameriana frutto di costante interpretazione, quanto piuttosto in “una sintesi dei contrari autorizzata sulla base del rapporto tra luogo del sapere e alterità” afferma la metodologa, a favore di “un’esclusione del senso comune nella costruzione della conoscenza scientifica”.
Comprendere l’Ermeneutica per comprendere la Società
Apre la seconda parte del seminario il sociologo Luca Corchia, professore presso l’Università di Chieti-Pescara con la relazione “Pensiero Postmetafisico e razionalizzazione in Habermas”.
Grazie ad un meticoloso lavoro di ricerca il sociologo ripercorre le tappe dell’evoluzione del pensiero di Habermas alla luce dell’influenza esercitata dall’ermeneutica. Accedendo a documenti di archivio unici, come la corrispondenza scambiata tra i due sociologi dal 1956, Corchia riesce a fornire una spiegazione precisa e puntuale degli elementi cardine del pensiero postmetafisico habermasiano mettendo in luce gli elementi ereditati dal pensiero gadameriano oltre che la profonda stima che compone il rapporto tra i due sociologi.
Cornice dell’analisi resta la forte autonomia di pensiero espressa dal Francofortese, in particolare circa la celebre critica da egli mossa alla pretesa di universalità dell’ermeneutica, tra i temi protagonisti di questa nona edizione del seminario.
Le fonti primarie utilizzate permettono di rileggere il rapporto tra Gadamer e Habermas, in particolare l’analisi delle epistole tra i due sociologi tratteggia perfettamente le linee di pensiero che hanno condotto Habermas dal pensiero postmetafisico alla svolta linguistica.
Ultimo relatore a prendere la parola è il sociologo Ambrogio Santambrogio, professore dell’Università degli Studi di Perugia, con “Ermeneutica del merito”, una riflessione circa il significato del concetto di merito in relazione al concetto di eguaglianza e di come il primo generi necessariamente forme di diseguaglianza laddove venga riconosciuto.
Nell’attribuire ad una qualità un particolare merito appare evidente l’esclusione di chiunque non abbia tale qualità tra le proprie caratteristiche, la complementarità tra merito ed eguaglianza evidenzia l’impossibilità di dirsi “favorevoli o contrari all’eguaglianza o al merito in termini assoluti” ricorda Santambrogio, necessario quindi ricondurre merito ed eguaglianza al contenuto cui si riferiscono.
Il riconoscimento del merito all’interno della pratica allontana il problema e lo colloca nella possibilità di distinguere pratiche meritevoli da pratiche non meritevoli allargando il dibattito e calandolo nel panorama contemporaneo caratterizzato da narrative di “meritocrazia” e celebrazione dell’eccellenza. Valutare il merito risulta dunque operazione ancor più complessa, come ricorda anche il professor Corchia, identificato con talenti ascritti o riconosciuto nei progressi incrementali compiuti non trova soluzioni definite.
Particolarmente attuale l’intervento della professoressa Maria Lucia Piga dell’Università di Sassari circa i percorsi di eccellenza negli Atenei e la diseguaglianza spesso generata nell’attribuire fondi e premi secondo categorie di merito, scivolose e difficili da definire, erogazioni che rischiano di aumentare il cosiddetto effetto San Matteo piuttosto che limare divari sociali, economici o di genere e rendono necessario dialogare e concertare significati che riducano al minimo tali pericoli, come ricorda in chiusura il professor Santambrogio “anche nel mondo più opaco la capacità riflessiva dei soggetti non può essere cancellata”.
L’invito da parte del comitato organizzativo rivolto dal professor Paolo Montesperelli a tutti i partecipanti è di ritrovarsi anche Venerdì 27 ottobre per la seconda giornata del convengo. Qui per informazioni sul programma e per poter accedere online al convegno.
Al termine della prima parte del seminario abbiamo affrontato l’importanza di giornate orientate alle riletture critiche di grandi classici per interpretare i fenomeni del nostro tempo in un’intervista al Sociologo Luca Corchia.