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Il ricordo dell’oblio in Eternal Sunshine of The Spotless Mind

Jim Carrey e Kate Winslet in una delle scene del film, fonte Web

Jim Carrey e Kate Winslet in una delle scene del film, fonte Web

RadioSapienza e Cinemonitor alla Festa di Roma con Alice nella Città

Dopo quasi vent’anni dalla sua uscita, torna sul grande schermo la storia d’amore e di oblio di Joel Barish (Jim Carrey) e Clementine Kruczynski (Kate Winslet) in Eternal Sunshine of the Spotless Mind, grazie alla Festa del Cinema di Roma, giunta alla sua 18ª edizione. Conosciuto in Italia anche come uno dei film dal titolo peggio tradotto (Se mi lasci ti cancello) si è nuovamente fatto spazio sul grande schermo rimanendo più contemporaneo che mai.

Il mondo onirico e imprevedibile di Michel Gondry, ospite per una masterclass presso l’Auditorium Parco della Musica in data 29 ottobre a chiusura della Festa, prende forma nel suo secondo film uscito nel 2004, in cui vengono messe in scena le fasi che attraversa una relazione giunta al termine: dai momenti iniziali di euforia e passione che lasciano spazio a quelli di epilogo, fatti di dolore, amarezza e, in alcuni casi, odio. Ma la storia d’amore dei due protagonisti non è canonica: infatti, il regista dà ai personaggi la possibilità di saltare gli usuali passaggi necessari per affrontare la perdita della persona che si ama e dà vita a un macchinario innovativo in grado di cancellare la memoria. Così, ci sono lacrime e c’è dolore, ma poi c’è l’oblio. Il medico all’avanguardia della clinica Lacuna ha creato un sistema in grado di mappare i punti focali dei ricordi presenti nel cervello di ogni individuo, attraverso l’osservazione di tutti quegli oggetti divenuti simbolo dell’amore che si faceva spazio nella vita della coppia. Pezzi di memoria diventano strumento per cancellare ogni piccola traccia di ciò che c’è stato tra i due. Joel lo scopre quasi per caso: è Clementine che ha deciso per prima di cancellare ciò che hanno vissuto, probabilmente in maniera impulsiva (una delle sue caratteristiche che più vengono messe in rilievo), “quasi per gioco” – come sottolinea un’amica di entrambi. Così, anch’egli decide, dal canto suo, di provvedere a rimuovere dalla sua mente quella ragazza dai capelli color mandarino – soprannome che Joel le affibbia.

Tuttavia, durante la procedura che parte dalla cancellazione dei ricordi più recenti (e, quindi, più dolorosi) a quelli più lontani nel tempo, iniziali, qualcosa va storto: Joel riesce a prendere coscienza di sé e di ciò che sta accadendo e, soprattutto quando giungono ai momenti più felici, inizia a pentirsi di aver preso questa decisione. Non vuole rimuovere tutto, non vuole cancellare Clementine. Implora affinché la procedura venga fermata, affinché gli venga lasciato almeno un singolo ricordo con lei. Ma ciò non è più possibile.

Infatti, mentre cerca di fuggire in luoghi remoti per salvaguardare il ricordo di lei, i volti di ogni memoria diventano sempre più offuscati, irriconoscibili.

Infine, gli assi temporali si allineano nuovamente: il presente si fa spazio nei nuovi ricordi di Joel, che incontra di nuovo Clementine in questa seconda vita e, di nuovo, se ne innamora. Ma il sogno d’amore sembra svanire quando entrambi scoprono cosa hanno deciso di fare: per loro, infatti, non sembra esserci futuro. Stavolta, a differenza dell’epilogo iniziale, Joel chiede a Clementine di restare: si odieranno l’un l’altra, scopriranno i difetti che, all’inizio piacevoli, diverranno armi d’odio, ma, stavolta, va bene.

Joel Barish e Clementine Kruczynski durante il loro primo incontro, fonte Web
Joel Barish e Clementine Kruczynski durante il loro primo incontro, fonte Web

Epiloghi che diventano nuovi inizi

La conclusione del film, così, coincide con un nuovo inizio.

Linee temporali lontane e vicine si alternano, allo stesso modo in cui si intrecciano i ricordi di un presente più vicino e un passato più lontano, fino ai ricordi traumatici d’infanzia in cui Joel cerca di nascondere e, dunque, proteggere Clementine dall’oblio. Una ciclicità non solo di ricordi e relazioni che nascono e finiscono, ma anche di flashback che si ripresentano e un destino che sembra farsi spazio nella vita dei due, quasi legati in modo inevitabile. La narrazione del film inizia il giorno di San Valentino, così come la loro seconda storia d’amore.

Dunque, mentre le note di una delle canzoni cardine della produzione cullano pensando che “Everybody’s gotta learn sometime”, la memoria sembra giocare un ruolo fondamentale. L’oblio assume la forma di una scorciatoia da poter prendere per salvaguardare sé stessi, ma porta con sé anche l’insegnamento che ogni esperienza lascia e il senso che, infine, c’è nella vita.

Ma è evidente come l’epilogo – divenuro secondo involontario e inevitabile inizio – della storia dei due protagonisti e le vicende che li circondano creano un ribaltamento della citazione, presente anche nel film, di Nietzsche, per cui non sono più gli smemorati a essere beati perché avranno la meglio anche sui loro errori, ma lo sono coloro che sanno ricordare e, dalla sofferenza, rigenerarsi ancora e ancora. Così, l’incolpevole vestale di Pope (da cui prende nome il titolo originale del film), ancora una volta citata, finisce per essere solo prigioniera – come il semi-cosciente Joel durante la procedura d’oblio – della propria mente e di quella “mente candida” decantata che non è altro un momentaneo artificio.

La pellicola rumorosa dai colori retrò si alterna tra tenere risate e pianti agrodolci, in cui i protagonisti hanno la possibilità di stare di nuovo insieme, mentre il loro futuro viene lasciato all’incertezza di ciò che può o non può essere ma che, in ogni caso, sarà.