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Giornata di Studio in onore di Gianni Statera: Enrico Mentana, Luca Jose e Francesca Borri dialogano sul ruolo dei media nella guerra in Palestina

Giornata di Studio in onore di Gianni Stasera

In onore del sociologo e primo preside della facoltà di Sociologia dell’Università La Sapienza di Roma Gianni Statera, lunedì 27 novembre si è tenuta nel centro congressi del dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale (Coris) una giornata di studio che ha visto tra i relatori il giornalista e direttore di TgLa7 Enrico Mentana, la giornalista di Repubblica inviata in Cisgiordania Francesca Borri e l’imprenditore Luca Josi sul tema del ruolo dei media nella narrazione della guerra in Palestina.

Terra Contesa, Parole Contese: I Media e la Guerra in Palestina: il racconto del dibattito

Giornata di Studio in onore di Gianni Stasera

Dopo i saluti istituzionali di Tito Marci (Preside della Facoltà di Scienze Politiche, Sociologia e Comunicazione), Alberto Marinelli (Direttore del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale) e Stefano Tomelleri (direttore di AIS, Associazione Italiana Sociologia), hanno preso parola i vari relatori, coordinati da Roberto Gritti, professore e sociologo dell’Università La Sapienza di Roma.

Al centro del dibattito il ruolo dei media nella guerra in atto a Gaza e nelle reazioni agli attentati del 7 ottobre 2023, definito da più voci come una sorta di 11 settembre israeliano per la portata e la brutalità degli attacchi, che secondo alcune stime riportate dall’ufficio del primo ministro israeliano conta oltre 1400 morti, oltre a centinaia di ostaggi rapiti.

Nel suo intervento Enrico Mentana si concentra sulla frattura nell’opinione pubblica emersa già nei giorni successivi agli attentati del 7 ottobre, in cui molti sui social sono stati pronti a relativizzare non tanto l’entità degli attacchi subiti da Israele, quanto le motivazioni da cui gli attacchi sono scaturiti. Secondo il direttore di TgLa7 si tratta di una spaccatura tra governanti e governati e tra anziani e giovani, liberatisi e desensibilizzatisi dal senso di colpa europeo dovuto al ricordo dell’olocausto e dalle sofferenze inflitte nei campi di concentramento al popolo ebraico, che non riconoscendosi più come colpevoli storici di tali atti si sentono quindi più indipendenti e indifferenti nei confronti dello stato di Israele, di cui mettono in dubbio quindi la necessità storica. “Il debito dei nonni per i nipoti è estinto”.

Il problema della soluzione per ristabilire la pace e portare la regione alla stabilità rimane un’incognita: secondo il professor Roberto Gritti ci troviamo in una situazione di rottura dell’ordine mondiale simile a quella che ha succeduto la caduta dell’Unione Sovietica nel 1989, in cui citando Vittorio Parsi, vige un sistema apolare, in cui non c’è nessun polo, o in cui forse ce ne sono troppi. La soluzione due popoli due stati sembra però difficilmente praticabile dato che non ci sono effettivamente due popoli, ma realtà sempre più frammentate. Mentana critica in particolare la leadership di Benjamin Netanyahu (paragonando ironicamente la sua storica permanenza nella politica israeliana in cui dagli anni ’90 ha servito per ben 17 anni come primo ministro alla figura di Silvio Berlusconi), il cui fallimento delle sue politiche securitarie è tragicamente evidente, ma sottolinea anche la difficoltà nel ritrovare un interlocutore palestinese riconoscibile ed affidabile sia per i palestinesi che per gli israeliani (oltre alle istituzioni internazionali).

Francesca Borri, connessa a distanza dalla Cisgiordania e che ha raccontato la sua esperienza sul campo in un luogo di crisi, sottolinea a questo punto come le due parti in conflitto siano infatti  frammentate e senza leadership, in un contesto dove l’instabilità della Palestina potrebbe causare un effetto domino tra i paesi vicini come Libano, Egitto, Giordania e Iran, paesi in cui la la primavera araba degli inizi degli anni ’10 del nostro secolo non ha mai visto una conclusione definitiva, ma le cui idee continuano a rimanere temi fondamentali.

Luca Josi, ex membro del partito socialista negli anni ’90, all’epoca molto vicino all’OLP, ha ricordato il caso del transatlantico Achille Lauro, dirottato dall’OLP, che ha portato all’omicidio del passeggero ebreo Leon Klinghoffer, e la successiva ondata di teorie del complotto più o meno strampalate che si sono avvicendate sui media per descrivere la vicenda, per collegarsi al panorama mediale contemporaneo ancora più caotico e facilmente influenzabile da parti interessate.

Nella parte finale dell’incontro Mentana e Josi hanno avuto un dibattito acceso (ma sempre rispettoso ed educato) sul ruolo dei media e degli interessi privati nel mondo dell’informazione, secondo Josi molto presente, citando come prova gli 8milioni e mezzo di finanziamenti arabi presso diverse Università americane, mentre Mentana ridimensiona questo effetto citando come esempio la vittoria alle elezioni del 2018 del Movimento Cinque Stelle, che nessun “potere forte” avrebbe potuto volutamente influenzare.

Dagli interventi emerge quindi un panorama mediale sempre più frammentato e volubile, a metà, come ricordava il professor Gritti, tra l’apolarità e la multipolarità, dove l’assenza di poli e la frenetica moltiplicazione di questi hanno lo stesso risultato. Un mondo dove i social hanno totalmente cambiato non solo le pratiche dei media “classici”, ma anche il loro stesso ruolo, trovandosi a dover mediare con una massa individualizzata a cui non è più necessaria una mediazione. È uno “slittamento”, usando le parole di Mentana, dell’opinione pubblica che tende ad allontanarsi dalle narrazioni governative, che i media mainstream tendono a seguire, mentre dal basso nascono nuove narrazioni, segno di una rottura istituzionale e generazionale che forse non è ancora stata compresa appieno ma che si rende sempre più evidente, rendendo impossibile ignorarne l’impatto.