“Quando i responsabili dei progetti non tengono conto della diversità dei sessi, gli spazi pubblici diventano maschili di default. Solo che metà della popolazione mondiale ha un corpo femminile”.
Cosi scrive Caroline Criado Perez in “Invisibili”, mettendo a nudo come la società abbia da sempre costruito il concetto di spazio come neutro, uguale e accessibile a tutt*. Ma lo spazio non è neutro, è fatto dai corpi che lo abitano. E i corpi sono fisicamente e socialmente diversi e lo spazio che occupano, dovrebbe rispecchiarli, non escluderli. Ecco che l’ approccio al tessuto urbano è tutt’altro che neutro e cambia a seconda di chi sia ad attraversarlo. Considerarlo come tale – non prendendo in considerazione nella sua progettazione le esigenze dei diversi corpi che lo abitano – significa di fatto precludere la possibilità di esercitare una cittadinanza piena.
Sull’importanza di ripensare e pianificare gli spazi secondo il principio del gender mainstreaming, se ne è discusso all’evento del 29 febbraio “Una Roma del Genere”. L’evento, promosso dalla Commissione Pari Opportunità di Roma Capitale in collaborazione con la Facoltà di Scienze politiche Sociologia Comunicazione della Sapienza Università di Roma, si è svolto presso la Casa della Città, Trasparenza e Partecipazione del Comune di Roma. In questa occasione sono stati presentati i risultati della ricerca “Spatium Urbis. Un’indagine sullo spazio urbano in ottica di genere a Roma” condotta dalle studentesse Alice Fischetti ed Elisa Leoni del Corso di Laurea magistrale in Progettazione sociale per la sostenibilità, l’Innovazione e l’Inclusione di Genere della Sapienza. Le evidenze della ricerca sono state discusse insieme a quelle di altri progetti di osservazione sociale e urbanistica come MappaRoma, descritta da Kety Lelo, Sex and the city, rappresentata da Florencia Andreola e Azzurra Muzzonigro, e il Laboratorio Roma 050. Ad aprire i lavori, coordinati dalla giornalista Natascia Grbic, sono stati Michela Cicculli, Presidentessa della Commissione Pari Opportunità di Roma Capitale, e il Preside della Facoltà di Scienze politiche Sociologia Comunicazione della Sapienza Università di Roma, Tito Marci.
Nel ribadire la volontà delle istituzioni di “mettersi a disposizione per tracciare insieme linee di lavoro per il futuro di questa città, affinché diventi una città femminista ed inclusiva”, Cicculli ha passato la parola a rappresentanti di realtà che già si occupano di osservare e proporre una ridefinizione degli spazi in ottica inclusiva come MappaRoma, che evidenzia l’esistenza di ben sette Roma diversificate e disuguali. Altra esperienza , quella dell’ indagine svolta sulla città di Milano dal nome Sex and the city, ha definito il quadro entro cui è necessario lavorare per poter essere liber3 e non coraggios3: << bisogna ridefinire gli standard urbanistici fondati su un soggetto ritenuto neutro, ma che è maschile e non ha esperienza di corpi altri >> che possono essere donne, persone con disabilità, persone appartenenti a minoranze di genere e altre categorie socialmente discriminate.
A confermare che le città non sono neutre, i risultati di Spatium urbis esposti da Alice Fischetti: su un campione di 4000 persone, emerge che la popolazione di Roma che si è identificata come femminile, vive la città in maniera più limitata e la percepisce come più insicura rispetto a quella maschile.Piazza e luoghi di ritrovo rendono lo spazio urbano più sicuro mentre parcheggi, sottopassaggi e aree verdi sono percepiti come pericolosi dalle donne che prediligono, inoltre , il trasporto privato come taxi o automobile personale piuttosto che quello pubblico, sia per motivi di sicurezza che per sostenere meglio il carico di cura .La genderizzazione di alcuni spazi, marcati al maschile, appare evidente e un dato particolarmente significativo è il coincidere degli spazi sentiti più pericoli dalle donne con quelli genderizzati al maschile.
A proposito di ciò, ai microfoni di RadioSapienza, Alice Fischetti commenta: <<la percezione di genderizzazione di uno spazio è soggettiva, però notiamo delle tendenze di genere per cui gli uomini riportano dei tassi di consapevolezza minori sul fatto che un luogo appartenga ad un solo genere, probabilmente perché non hanno mai dovuto rifletterci in quanto quello spazio riflette più loro che altri generi. Le donne hanno invece la percezione di questi spazi alta di appartenenza ad un solo genere e, gli spazi percepiti come genderizzati lo sono al maschile e coincidono con gli spazi che vengono ritenuti più pericolosi.>>
La Roma urbana sembra essere strutturata e vissuta al maschile e lo spazio pubblico continua ad essere appannaggio di un solo genere, mentre quello privato, ancora una volta , rimane lo spazio delle donne e della cura.Ma lo spazio è dei corpi ed è dai corpi che si deve ripartire per costruire la città dell’accessibilità ed essere cittadin* a pieno titolo. Accorciare le distanze tra persone e ambiente significa progettare gli spazi urbani a misura di corpi diversi con diverse esigenze sociali e culturali.