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Affermative action e quote di genere: a che punto siamo?

      Intervista Professoressa Strangio

Mercoledì 4 Dicembre, presso l’aula 5 dell’Edificio di Economia, si è tenuto il workshop “Affermative action e quote di genere: a che punto siamo?”.

Dopo il saluto del Prorettore Biagini e del Preside D’Ascenzo, si è aperta la prima tavola rotonda in cui sono state invitate a parlare la Senatrice Valeria Fedele e le Onorevoli Cristina Rossello, Giusi Bartolozzi, Angela Ianaro, Emanuela Rossini e Lia Quartapelle Procopio.

Le Onorevoli hanno lavorato insieme con l’obiettivo di proporre un emendamento di proroga della Legge Golfo-Mosca, già in vigore dal 2011 e che sarebbe scaduta nel 2022, che ha il fine di contrastare le discriminazioni nei confronti delle donne nei consigli di amministrazione delle aziende. Per totale casualità l’emendamento di proroga, facente parte del decreto fiscale, sarebbe dovuto essere votato insieme alla fiducia al governo, poche ore dopo la discussione, rendendo quindi il workshop ancora più di attualità.

Le Onorevoli hanno quindi spiegato le motivazioni che le hanno portate a chiedere una proroga della legge. E’ emerso infatti dai dati raccolti che, grazie alla Golfo-Mosca, le donne all’interno degli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate pubbliche sono aumentate, nel 2019, del 35%. Si è inoltre potuto notare come, in seguito all’ingresso di nuove amministratici, nei consigli di amministrazione si sia ridotta l’età media dei consiglieri, sia aumentata la diversità e si sia alzato il livello di istruzione.

La legge Golfo-Mosca nasce come una conseguenza positiva della crisi economica del 2008, quando ci si è resi conto che avere gruppi dirigenziali con una maggiore diversità tra i componenti arricchisce e valorizza maggiormente le competenze del gruppo ed ha un riscontro positivo anche sul bilancio aziendale. Aumentare la presenza delle donne permette quindi di migliorare il funzionamento della nostra economia.

La Senatrice Fedele ha puntualizzato il fatto che, questa legge, non possa essere banalizzata con la definizione di “quote rosa”. Attraverso questo concetto, infatti, si svalutano completamente il ruolo e le capacità della donna la quale, nel caso in cui sia riuscita ad assumere una posizione di rilievo all’interno di un’azienda, potrebbe ritrovarsi a pensare che ciò sia successo solamente perchè, in quanto donna, le è stato riservato un posto grazie ad una legge, e non che sia stata premiata per le sue competenze. La legge ha invece una finalità antidiscriminatoria, ponendosi come obiettivo quello di eliminare la discriminazione verso le donne seguendo ciò che sancisce l’art. 3 della Costituzione.

Ci sono voluti 5 minuti per cambiare una legge ma ci possono volere anche 500 anni per cambiare mentalità”: per tale motivo le Parlamentari ritengono necessario, nonostante i buoni risultati raggiunti, continuare a mantenere in vigore la legge in modo tale che, l’aumento di partecipazione femminile nei consigli di amministrazione delle società pubbliche, provochi un trend positivo che possa coinvolgere anche alle aziende private.

La seconda tavola rotonda si è concentrata sulla gender equity nel mondo del business. Sono stati invitati a parlare la Professoressa Stefania Bariatti, presidente MPS, la Professoressa Anna Genovese, commissario Consob, la Professoressa Marina Brogi, il Professore Alberto Rinaldi e il Presidente Salvatore Rossi.

La discussione è iniziata con una citazione di Christine Legarde, direttrice operativa del fondo monetario nazionale: “Se la Lehman Brothers si fosse chiamata Lehman Sisters, sarebbe andato tutto diversamente? Molto probabilmente sì”. Si è infatti visto che, mentre gli uomini hanno una maggior tendenza al rischio, le donne sono portate a valutarli più attentamente ed ad essere maggiormente prudenti, rendendo indispensabile la loro presenza nei momenti di turbolenza. Nonostante ciò, nelle posizioni apicali del mondo della finanza le donne sono ancora rappresentate in misura minore degli uomini. Si rende quindi necessario un lavoro, al di là della legge, su tutta la filiera della struttura organizzativa per cambiare la situazione corrente.

In Inghilterra il Ministero del Tesoro ha lanciato la “Carta delle donne in finanza” (HM Treasury Women in Finance Charter) che, su base volontaria, è stata firmata da più di 350 operatori finanziari, con l’impegno di avere un senior executive responsabile del target di inclusione e di le

gare i bonus dei capi agli obiettivi di parità di genere. I gruppi bancari, assicurativi e i fondi d’investimento che vi hanno aderito coprono l’80% dei lavoratori nel mondo finanziario: si spera quindi che, agendo su vasta scala, si possa così modificare il ruolo della donna in questo settore.

In Italia la presenza femminile nei consigli di amministrazione delle imprese è notevolmente migliorata nel corso dell’ultimo secolo: mentre nel 1913 su 250 imprese ne trovavamo solo 1 con una donna all’interno del CdA, nel 2001 erano 55 su 250, fino ad arrivare a 179 su 250 nel 2017. Si ha quindi l’impressione che la Legge Golfo-Mosca abbia avuto un effetto di trascinamento anche delle società non quotate ed abbia contribuito ad una legittimazione più generale della presenza delle donne negli organi di governo societario. La legge ha quindi tracciato un solco che, però, non è ancora abbastanza profondo.

Lo ha dimostrato il Presidente Salvatore Rossi riportando gli esempi di Banca d’Italia e di TIM. In entrambi i contesti, all’interno dei CdA, non si riesce a far superare alle donne il muro del 20% perché, man mano che si sale verso l’alto, la presenza femminile si riduce. Ciò avviene sia per ostacoli di domanda che di offerta: da una parte ci sono le resistenze che i maschi oppongono alla promozione femminile, esercitate anche in modo inconsapevole, dall’altra, spesso, sono le donne stesse che si autoescludono perché subiscono l’influsso negativo di elementi ambientali che le costringono ad abbandonare le loro ambizioni.