“Dobbiamo liberare metà della razza umana, le donne, cosicché esse possano aiutare l’altra metà a liberarsi.”, affermava nel XX secolo l’attivista britannica per il suffragio universale Christabel Harriette Pankhurst.
Il genere femminile per molti secoli è stato raccontato e rappresentato come il secondo Sesso – per riprendere un concetto della scrittrice Simone de Beauvoir – ossia come l’Altro. Per questa ragione la libertà delle donne sia individuale che collettiva è stata spesso delegittimata in quanto contrapposta ai voleri del sesso dominante: il maschile. I movimenti femministi e le lotte per l’emancipazione hanno contribuito a provocare la rottura del sistema patriarcale ed egemonico maschile.
Tuttavia, ancor’oggi non ci si può esimere da essere parte attiva nel contrastare alcuni fenomeni come la violenza di genere intesa non soltanto quella fisica, ma anche verbale e psicologica. Un invito all’azione che sottolinea anche la giornalista Milena Gabanelli, la quale nel suo monologo dedicato ai Dieci anni di sguardi sulla società del Corriere della Sera a tema Uomini ha messo in luce le narrazioni mediali tossiche che vengono diffuse non soltanto tramite la pubblicità, ma anche con l’informazione giornalistica e perfino le campagne contro la violenza.
Il sistema italiano, come quello persistente in quasi tutti i paesi occidentale, è a misura di uomo e non di donna, ciò significa che inevitabilmente le donne sono fuori dal sistema se non per ruoli e modelli che vengono loro attribuiti. Numerosi sociologi dei gender studies tra cui Raewyn Connell hanno portato negli anni le Questioni di genere al centro del dibattito pubblico. Ciononostante, è ancora attuale che alla parola donna – come esplica in maniera brillante e illuminante la sociolinguista Vera Gheno nella sua lezione sul linguaggio – vengono associati lemmi come puttana, principessa, madre, ospite. I primi tre sono legati a modelli stereotipati di sesso che sono cristallizzati e stratificati a livello culturale. Mentre, la parola ospite vuole richiamare il sentirsi fuori posto e non avere gli strumenti, anche nella vita quotidiana, alla propria portata o appositamente concepiti per il femminile, nonostante il mondo sia coabitato dal principio da individui di sesso opposto. Le parole sono importanti e l’associazione e il significato consci o inconsci che attribuiamo loro incidono e stigmatizzano un individuo, poiché hanno un potere. Un concetto che abbiamo approfondito nell’intervista a Vera Gheno.
È in dubbio che in Italia il cambio di rotta sia avvenuto, ma questo non ha consentito di sradicare e scardinare alcuni stereotipi e pregiudizi sul genere (inteso nella concezione più ampia di esso). Dunque, quali sono le strategie più efficaci per indurre a un radicale cambiamento? È possibile sognare un mondo senza tabù?
Innanzitutto, va sottolineato che è fondamentale che il genere maschile riconosca la responsabilità di alcuni gesti e che contribuisca al cambiamento sociale e collettivo. Avere un codice morale dovrebbe essere un imperativo categorico per ogni singolo attore sociale. In quanto animali sociali – come affermava Aristotele – non possiamo esimerci dal comunicare o interagire con l’Altro, tuttavia, ad ogni azione si determina un principio di causa ed effetto che nel caso delle questioni di genere porta spesso a un’assunzione di ruoli in cui l’uomo è predatore, aggressivo e fisicamente possente e la donna è vittima, debole e indifesa. Questo tipo di narrazione ha lasciato spazio, facendosi strada nel tessuto sociale, a fenomeni come il victim blaming, causando in casi di violenza contro le donne una colpevolizzazione della vittima e una deresponsabilizzazione del carnefice. Come sottolinea ai nostri microfoni l’avvocata, attivista e femminista Cathy La Torre, il quadro giuridico e normativo attuale in Italia non riesce a preventivare, controllare e monitorare in maniera adeguata le disuguaglianze di genere e le discriminazioni e le violenze ad esse indirizzate.
Tuttavia, seppur il prospetto non sembra essere dei migliori, eventi come Il TEMPO delle DONNE vogliono mettere l’accento su alcune tematiche sia sensibilizzare e formare, ma anche invitare a riflettere cercando di innescare ed educare ogni singolo individuo ad un pensiero critico.
Quando si affronta il concetto di Corpi, Sesso & Amore, Lavoro, Uomini, Felicità e anche Impatto e Ri-Generazione lo sguardo di Dieci anni sulla società seppur in una chiave femminile, non può prescindere da quella maschile. Infatti, il TEMPO delle DONNE ha lo scopo di migliorare il tempo delle donne e per gli uomini, “perché” – per citare il famoso libro del giornalista femminista Lorenzo Gasparrini – “il femminismo serve anche agli uomini”.
Dunque, sebbene come affermava la poetessa e scrittrice australiana Amy Witting, che contrariamente al femminile, “il maschile” non è linguisticamente il genere maschile “bensì il generale”, il messaggio di Libertà – che il percorso decennale sulla società del Corriere della Sera e nello specifico della 27esimaOra – vuole trasmettere oggi più che mai che la partecipazione e il non rimanere in disparte e silenti è ciò che rende davvero liberi. La storia ci insegna, anche come ha più volte sottolineato la vicedirettrice vicaria del Corriere della Sera Barbara Stefanelli, “il punto di equilibrio della libertà sta tra le collettive e individuali”.
Ad oggi possiamo parlare di empowerment e leadership femminili grazie alla trasformazione culturale della società con donne che non hanno desistito davanti alle difficoltà sistemiche e strutturali, ma hanno continuato a perseguire le proprie ambizioni e i loro obiettivi.
Ad esempio, nel mondo giornalistico una donna nei ruoli dirigenziali acquisisce il potere di cambiare l’agenda dei media e magari riuscire, in base alle necessità e all’esigenze collettive, a far prevalere i temi sociali piuttosto che quelli politici ed economici, soltanto perché storicamente è il modus operandi canonico. Riuscire a cambiare le cose fornendo diverse prospettive, con preparazione e consapevolezza – come ha affermato nella sua intervista sulle ambizioni Simona Sala, direttrice Rai Radio 2 – è ciò che può lasciare un’impronta decisiva nel percorso verso il cambiamento. Dunque, non è necessario cadere nel tranello di “diventare come gli uomini, per assumere ruoli di autorevolezza, ma rimanere sé stessi e decidere tramite il confronto coi propri collaboratori, qualora sia possibile”.