Il rapporto tra l’uomo e la macchina è da sempre un topos affrontato dalla musica elettronica. I tedeschi Kraftwerk pubblicarono “The Man Machine” nel lontano 1978. I Daft Punk, nel 2005, rilasciarono il loro terzo album intitolato proprio “Human After All”. La produzione di Alex Braga, musicista concettuale e artista sperimentale, si inserisce in questo filone con il suo recente EP dal titolo “Spleen Machine”, vera e propria riflessione sul concetto di intelligenza artificiale e di “umanesimo digitale” pubblicata dall’etichetta tedesca 7K!.
Il compositore il primo di novembre ha presentato in anteprima mondiale all’interno della sezione Digilive del Roma Europa Festival uno spettacolo audiovisivo dallo stesso titolo. Gli spettatori, accolti dalla cornice del Mattatoio di Roma, hanno assistito ad un live intimo e raccolto, nel quale Braga si è destreggiato in solitaria con diversi strumenti, quali pianoforte, voce, sintetizzatori e drum machine. Il musicista nella sua performance è stato assistito dall’intelligenza artificiale A-Mint, progettata insieme a Francesco Riganti e Antonino Laudani, due professori dell’università di Roma Tre. L’algoritmo, istruito in tempo reale dalle note suonate da Braga, è stato capace di decodificare lo stile del musicista ed affiancarlo con partiture di sintetizzatore prodotte estemporaneamente. Il set minimalista è stato corredato da live visual tra il distopico e l’estetica glitch, richiamando a più riprese l’immaginario a cristalli liquidi di “matrixiana” memoria. In diversi momenti Braga si è lasciato andare a monologhi spoken word dove ha dialogato virtualmente con la coscienza di un’intelligenza artificiale, accompagnando lo spettatore all’interno del conflitto tra l’organico e l’inorganico che da sempre caratterizza la storia dell’evoluzione umana. Nei momenti più coinvolgenti il musicista ha manipolato sequenze gestite in tempo reale da Ableton Live, dando vita a brani di stampo Intelligent Dance Music che hanno ricordato un certo tipo di elettronica suonata dai Moderat o da Thom Yorke.
Nonostante l’immersività e l’intimità della performance, quest’ultima non convince del tutto: si ha come l’impressione che la sostanza sia sovrastata dalla forma. Le riflessioni del musicista appaiono superficiali, troppo pedagogiche e vecchie di almeno trent’anni se si pensa che arrivano da un’artista concettuale e che vengono presentate all’interno di un festival attento ai linguaggi espressivi abilitati dalle nuove tecnologie. I brani elettronici sono poco ispirati e decisamente troppo asettici, riducendosi il più delle volte a cliché tipici del genere. Braga appare penalizzato, nonostante l’aiuto dall’intelligenza artificiale, dal dover gestire tutto in solitaria: al musicista manca la scioltezza e il carisma di un Apparat o di un Thom Yorke. Nonostante le ottime premesse, lo show è in sostanza qualcosa di già sentito e di già visto. A pochi giorni dal live al Club To Club di Torino degli Autechre, veri e propri pionieri dell’integrazione algoritmica all’interno delle performance, e dal lancio di un’intelligenza artificiale progettata da Aphex Twin, lo spettacolo di Braga e le sue riflessioni tematiche sembrano guardare più al passato rappresentato da alcuni film cyberpunk di fine anni Novanta piuttosto che al futuro dell’elettronica già scrutabile all’orizzonte. Non basta regalare agli spettatori un NFT della performance per essere realmente all’avanguardia.