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Alla casa del cinema di Roma, Bogdan George Apetri con “Miracle”

Si sono appena concluse le giornate del cinema romeno, alla casa del cinema di Roma, nel cuore verde di Roma, villa borghese. L’evento pensato dall’ambasciata di Romania della repubblica italiana e da altri partener associati ha previsto tre giornate di proiezioni di film in lingua con sottotitoli,  di registri rumeni, per creare informazione e cultura a proposito di una nicchia cinematografica  spesso non esplorata.

Il sette Luglio è stato il turno di un intenso lungometraggio firmato Bogdan Apetri, “Miracle”. La trama è divisa in due parti, intimamente connesse. Nella prima parte, seguiamo le vicende di una giovane suora che, per un motivo che intuiremo solo lungo le scene, lascia l’ambiente sicuro del monastero per una giornata. Di ritorno, le accade qualcosa che è destinato a sconvolgerla per sempre. Nella seconda parte sono narrate le vicende di un ispettore di polizia, burbero come nei migliori racconti polizieschi; il personaggio apparirà nella trama per far luce su un fatto agghiacciante.

Il film è la terza fatica del regista, prodotto da Trent Film, con il seguente cast: : Ioana Bugarin, Emanuel Parvu, Cezar Antal, Ovidiu Crisan, Valeriu Andriuta, Valentin Popescu, Marian Râlea, Nora Covali. Lo stile di Apetri non è quello di un racconto semplice: ed infatti il film si segnala per la crudezza di alcune scene.

Se da una parte infatti, le scene sono vivide per la loro straordinaria aderenza al reale, un reale macabro e crudele in questo caso, è anche vero che la prima e la seconda parte sono il racconto dei due protagonisti: quello del regista è dunque un reale non oggettivo, che ha il filtro del personaggio, ma non per questo un reale che cerca mediazioni o morbidità favolistiche: sarà perché entrambi i personaggi sono a loro volta non morbidi.

Il taglio narrativo è segnalato dalla scelta delle inquadrature: prima sempre in primo piano il viso di lei, sempre in primo piano il viso di lui. Il mondo fluisce ed accade attorno a loro ed è raccontato, senza fronzoli, con loro. E’ ovvio che quindi i due personaggi siano usati per raccontare uno scontro valoriale e disillusorio che il regista lascia intuire al lettore tramite la tecnica del non detto, per non intervenire con i suoi pensieri nei pensieri di quei personaggi che ha messo in primo piano.