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Alla Sapienza “The Italy-UK economic relationship: a comparison of economic and social trends”

“The Italy-UK economic relationship: a comparison of economic and social trends

Il 6 marzo, dalle 14:00 alle 15:30, ha avuto luogo il seminario dal titolo “The Italy-UK economic relationship: a comparison of economic and social trends” presso la Sala Tesi della facoltà di Economia della Sapienza, in via del Castro Laurenziano 9. L’incontro, tenutosi in lingua inglese, ha portato la sezione di Politica Economica, Sociale e Commerciale dell’Ambasciata Britannica di fronte agli studenti della Facoltà di Economia. Gli invitati speciali dell’incontro sono stati Philip Brown, Consigliere Economico BE, e Chris Wordsworth, Primo Segretario per la Governance Economica BE, che hanno realizzato un confronto tra le tendenze economiche e sociali di Italia e Regno Unito. Ad accompagnare la loro illustrazione è poi stata Novella Maugeri, economista dell’ “Economic and Social Trade Section” dell’Ambasciata Britannica a Roma, nonché ex studentessa della Sapienza, che ha presentato il programma di Tirocinio dell’Ambasciata britannica destinato agli studenti della Facoltà di Economia.

L’incontro, organizzato dalla professoressa Ersilia Incelli, è iniziato con l’intervento della professoressa Cristina Giudici, che ha messo in luce l’impegno del Dipartimento di Economia nel partecipare ai rapporti internazionali di cooperazione universitaria attraverso la cattedra Unesco in “population, migrations and development”. Essa consiste in un vasto programma di formazione post laurea, scambi di docenti, seminari e conferenze con il supporto e il patrocinio dell’UNESCO. In molti casi si concretizza nella collaborazione tra gruppi di ricercatori italiani e alcuni tra i più prestigiosi istituti britannici, come la “London School of Economics” e l’università di Southampton. Le collaborazioni tra Regno Unito e facoltà di Economia sono quindi frequenti; infatti la prof.ssa Incelli aveva già organizzato in precedenza un seminario con l’ambasciata britannica.

Il primo dato analizzato da Brown e Wordsworth è stato quello del Pil pro capite, uno strumento con il quale è possibile misurare lo standard di vita, a parità di potere d’acquisto, dei vari Stati. Esso esprime il livello di ricchezza per abitante prodotto da un territorio in un determinato periodo, e consente quindi di operare confronti tra aree di dimensione demografica diversa. In questo caso sono stati comparati gli attuali Pil pro capite di Italia e Regno Unito, ed è emerso che i due paesi sono pressoché allo stesso livello. È stato però rilevato che, negli ultimi 20 anni, la crescita del Regno Unito sia stata di gran lunga superiore rispetto a quella italiana: i dati attestano che il Pil pro capite dell’UK sia cresciuto circa del 38%, mentre quello dell’Italia circa del 4% (Pil misurato a prezzi costanti e in USD).

A essere esaminato è stato anche il valore del cosiddetto “household income”, cioè la media dei redditi annui dei singoli nuclei familiari, che in Italia è ancora al di sotto di quella che il paese contava nel 2008, poco prima della crisi finanziaria. Dall’altro lato invece, dalla prima metà del 2010, nel Regno Unito l’household income è cresciuto in maniera significativa. Il paese infatti, nel corso degli ultimi 15 anni, ha avuto una crescita tale da riuscire a superare anche la media dei Paesi dell’eurozona. Ma i dati positivi non sono emersi solo per quanto riguarda l’UK: i due membri dell’ambasciata britannica hanno dichiarato che l’Italia attualmente sta performando meglio della Gran Bretagna. E non solo: sorprendentemente l’Italia, a seguito della pandemia di COVID-19, ha sovraperformato sia rispetto al Regno Unito che rispetto alla maggior parte dei paesi dell’eurozona. La crescita del “Pil reale” dopo l’uscita dalla pandemia ammonta infatti al +3,4%, ma il grande segno di ripresa italiana non può far cantare vittoria. È importante che l’andamento positivo del paese possa perdurare. Da ciò discende una precisazione dei due relatori: soprattutto per quanto concerne la situazione italiana, è fondamentale mantenere una condizione economica ottimale in vista di una situazione demografica sfavorevole. La vittoria non può essere cantata se un ben più forte campanello d’allarme stride: secondo alcuni prospetti, entro il 2046 è prevista una crescita demografica pari al 12% per il Regno Unito e un decremento del 6,1% per l’Italia.

Diminuzione della fecondità, innalzamento della vita media e tendenziale invecchiamento della popolazione, odierne peculiarità italiane, indirizzano  il paese verso un calo demografico non indifferente. Il pericolo incombente per l’Italia è quindi quello pensionistico, che porterà ad una notevole pressione sulle finanze pubbliche. È stato poi specificato che un modo per alleviare tale pressione possa essere l’incremento della produttività e il conseguente aumento del Pil. Sicuramente i dati del 2022 fanno ben sperare: per merito di un tasso di risparmio elevato, che ha stimolato maggiori investimenti nel mercato immobiliare, le household in Italia contribuiscono agli investimenti molto più che nel Regno Unito.

Brown e Wordsworth hanno poi parlato del debito pubblico e del suo rapporto con il Pil. Esso oggi è un problema per entrambi i paesi, ma a preoccupare di più sono soprattutto le previsioni per le decadi a venire. Ha avuto infatti luogo un interessante confronto tra i debiti pubblici italiani e britannici: l’Italia spende circa il 10% in più del suo Pil per la spesa pubblica (tipica del “Welfare State”), malgrado le spese per la sanità siano pressoché equivalenti a quelle del Regno Unito. Nonostante questo dato possa sembrare allarmante, l’Italia negli ultimi anni non è mai andata in “primary deficit”, ossia in disavanzo primario: la differenza tra entrate e spese pubbliche, al netto degli interessi sui titoli del debito pubblico, non è mai stata negativa. Ciò vuol dire che, essendo sempre stato in primary surplus, lo Stato italiano negli ultimi anni ha guadagnato in tasse più di quanto abbia versato per la spesa pubblica; a differenza del Regno Unito, che è spesso finito in primary deficit.

Per l’ennesima volta, andando ad approfondire la questione, si scopre che i dati non sono tanto positivi quanto appaiono: anche l’Italia va incontro ad un deficit pubblico, sia pure in un secondo momento. Infatti il Paese, al di là della spesa pubblica, deve spendere un ulteriore ammontare di denaro per pagare gli elevati tassi di interesse sul debito pubblico. Si tratta di un circolo vizioso, è proprio a causa dell’elevato debito pubblico, complesso da sanare, che il prezzo dell’interesse sul debito è notevole. L’Italia dovrebbe quindi riuscire a mantenere un ritmo di crescita superiore al tasso d’interesse sul proprio debito pubblico. È quindi di fondamentale importanza il rapporto che si deve creare tra mercati finanziari e Stato: affinché quest’ultimo possa emettere debito (in Titoli di Stato) a tassi più bassi, è necessario che il rischio derivante dal finanziamento sia ridotto, ergo bisognerebbe conquistare la fiducia degli investitori.

L’ultimo tema trattato nella presentazione è stato quello degli scambi bilaterali tra Italia e Gran Bretagna. Esse hanno intrapreso molti investimenti comuni, i loro governi interagiscono attraverso memorandum d’intesa sulla cooperazione bilaterale, dialoghi sulle esportazioni e sugli investimenti e dialoghi strategici sulla migrazione. Hanno inoltre avviato il Global Combat Air Programme (GCAP), un programma di collaborazione internazionale che coinvolge Italia, Regno Unito e Giappone e che ha lo scopo di sviluppare un sistema aereo bellico di nuova generazione entro il 2035. Per quello che riguarda il turismo e la permanenza lavorativa, sono circa 340 mila gli italiani residenti nel Regno Unito e circa 30 mila i britannici residenti in italia; ci sono circa 1 milione di turisti italiani all’anno in UK e tra i 4 e i 5 milioni di turisti britannici all’anno in Italia.

Dopo l’illustrazione è stato lasciato spazio agli studenti per porre domande inerenti ai vari argomenti trattati, a cui Brown e Wordsworth hanno risposto con precisione e con dati alla mano, esprimendo anche interessanti opinioni che, come hanno tenuto a sottolineare, non sono state espresse come analisi scrupolose fornite da membri dell’ambasciata britannica, ma piuttosto come pareri personali, spoliticizzati, esternati con il fine di indurre i giovani spettatori a ragionare attentamente su alcuni temi di spicco. È stato infatti detto che un tempo i mercati finanziari avrebbero visto la moneta unica, l’euro, come un punto di debolezza per gli Stati, data l’impossibilità per essi di intraprendere una propria politica monetaria. Oggi invece l’euro è ritenuto dai mercati finanziari come un punto di forza per l’Italia; una garanzia che protegge il nostro e altri paesi dell’eurozona attraverso diversi programmi di natura finanziaria. Per concludere è stato dato un parere molto prezioso che, soprattutto in Italia, dovrebbe essere ascoltato con cura: il fattore che i mercati e gli investitori valutano con più attenzione è sicuramente la stabilità politica di un Paese. L’incertezza sulla futura situazione politica di uno Stato e, di conseguenza, sul suo futuro programma economico, scoraggia gli investitori, alla ricerca invece di solidità politica.

Sarà forse per questo che l’Italia non è attraente per i mercati finanziari?