Venerdì 31 marzo, nell’aula Oriana del Dipartimento di Comunicazione e ricerca sociale, si è svolto il convegno “Accesso a internet e neutralità della rete, tra principi costituzionali e regole europee”. Due sessioni (mattutina e pomeridiana) per esaminare alcune tematiche del diritto di accesso a internet sul piano nazionale e europeo.
Filo conduttore della tavola rotonda è il dibattito sulla costituzionalizzazione di tali diritti.
Si parte con una breve introduzione della professoressa Allegri, organizzatrice e moderatrice dell’incontro:”Piuttosto che ad internet” commenta la titolare della cattedra in Diritto Pubblico, dell’informazione e della comunicazione “dovremmo parlare di diritto di accesso al cyberspazio, vista la velocità di evoluzione dei sistemi web e informatici”.
Federico Castorina, presidente della fondazione Cultura democratica, ha incentrato il proprio intervento sul disegno di legge per l’introduzione dell’art 34 bis, una proposta passata dal Senato alla Camera nel 2014/2015 che vorrebbe il diritto di accesso alla rete nelle sfera dei ‘diritti sociali’, cioè quel complesso di norme a tutela dei servizi erogati dallo Stato e dagli enti locali come istruzione, sanità, pensioni…
Emergono le varie posizioni giurisprudenziali sull’opportunità dell’inserimento Costituzionale: chi è per il ‘NO’ all’inserimento pone l’accento sul carattere superfluo dell’azione normativa. Norme capaci di disciplinare la materia sono già presenti, secondo costoro, nel dettato costituzionale. Il riferimento è agli articoli 2, 3 e 21 Cost.
I fautori del “Si” all’inclusione sono al loro interno divisi in due correnti: chi, come già visto, vorrebbe un diritto sociale di accesso alla rete e chi, invece, ritiene sia più opportuno renderlo parte dell’articolo 21, e quindi un diritto di libertà.
Nel corso degli interventi viene delineata una genesi del dibattito parlamentare ed europeo in materia di pari opportunità di accesso alla rete. Dalle prime proposte nel 2000 (Legge Stanca e Codice dell’amministrazione digitale), fino al regolamento europeo del 2015, che, all’interno dell’articolo 3, comma 1, disciplina il diritto di accesso e diffusione di contenuti web.
Secondo la dottoressa Pietrangelo, ricercatrice al CNR di Firenze, il codice dell’amministrazione digitale è stato un tentativo virtuoso, ma non sufficiente a regolare la materia. Da quel momento tutti i tentativi di metter mano alle regole sono scaduti in ripetizioni superflue di norme già presenti, complice l’attenzione superficiale nei confronti di certi temi da parte del mondo politico. Anche la Dichiarazione dei diritti di internet, del 2015, è indagata in maniera molto critica come un tentativo politico mal riuscito. Si susseguono gli interventi della Prof.ssa Paola Marsocci che dedica un intervento al tema della rete come spazio di partecipazione. Marco Bassini, professore all’Università Bocconi di Milano, si sposta sul tema delle garanzie sulla stampa alla prova di Internet, indagando i rapporti tra web e giornalismo. Fulvio Sarzana di S. Ippolito, avvocato, solleva alcune problematiche strettamente connesse al caso italiano: manca, secondo lui, un più generico diritto ad essere informati in capo ai cittadini. Nella CEDU è previsto mentre in Italia ancora non ne siamo forniti. Apprendiamo che, inoltre, il nostro è il paese europeo con il più alto numero di inibizioni ai provider e, secondo l’avvocato, questo contribuisce a compromettere quel diritto ad essere informati. Angelo Alù, presidente Generazione Ypsilon – Dirittodiaccesso.eu, si sofferma sulla necessita di una regolamentazione più precisa a livello europeo.
La conferenza termina dando la possibilità, per chi ha assistito, di intervenire con domande. Il grande numero di domande e curiosità da parte del pubblico denota una grande attenzione nei confronti di un argomento che in effetti riguarda proprio tutti e, tra l’altro, molto da vicino.
Simone Di Gregorio