Nella sessione pomeridiana del convegno “Dalla violenza intrafamiliare al femminicidio” si è discusso il tema della violenza sui minori. Importanti personalità che da anni seguono casi di maltrattamento in tutta Italia, hanno dato il loro contributo al dibattito. Il professor Serafino Ricci nell’introdurre la dott.ssa Cecilia Angrisano ha espresso il desiderio di giungere in seguito a questo convegno alla creazione di un osservatorio, dove potranno intervenire avvocati, magistrati , insegnanti per tracciare le linee guida da proporre a politici per gestire il problema e per lavorare sulla prevenzione.
La Angrisano, presidente del tribunale dei minori dell’Aquila, ci ha introdotto alla realtà di una società in cui si stanno sviluppando nuovi tipi di violenze. La maggior parte dei casi di maltrattamenti sui minori accadono in famiglie disfunzionali, non in luoghi pubblici da parte di sconosciuti. Quando è una figura di riferimento a perpetrare il maltrattamento, per la vittima è spesso difficile riconoscere il trauma e la portata di esso anche perche l’aggressore ha una figura ambivalente che agisce contro di lui ma allo stesso tempo rappresenta una figura di protezione quindi la violenza viene negata. la dannosità dei maltrattamenti da parte degli adulti di riferimento e’ divenuta una questione visibili soltanto di recente, i primi a parlare di maltrattamento fisico sono stati degli studiosi americani nel 1899 , la valutazione dei danni psicologici è invece avvenuta più tardi. La violenza sui minori è ora considerata un problema di sanità pubblica. La Angrisano discutendo del contributo che lo stato può dare a questa causa parla di “un investimento che ha un ritorno economico perché sarebbe in grado di prevenire gravi forme di malessere sociale” non contano il riscontro positivo che si avrebbe sulla salute fisica se si evitasse il trauma, poiché il danno non è solo psicologico.
E’ poi subentrata la dottoressa Maddalena Cialdella, psicologa presidente di AIRES introducendo il tema del maltrattamento emozionale. La violenza assistita e la violenza subita sono i due tipi di maltrattamento che avvengono nei confronti dei minori. Quella assistita in particolare è quella che si verifica quando un minore è costretto ad assistere alla violenza da parte di figure di riferimento. Il conflitto in sé è una componente naturale della vita e se sano si arriva ad una soluzione attraverso la mediazione e ciò può essere di insegnamento per i figli. Il problema giunge quando “non si confligge più sui contenuti ma si mette in discussione l’interlocutore e quando l’ambiente per il minore è costantemente minaccioso” spiega la dottoressa. In questo conflitto il minore può attribuirsi diverse funzioni: farsi mediatore assumendo un ruolo che non gli è proprio, creare un’alleanza rispetto al genitore che ritiene più fragile o diventare il capro espiatorio volendo raggiungere l’obiettivo di riunire i genitori a suo discapito.
Portando in esame due casi da lei seguiti (quello della ragazza di 19 anni di Monterotondo che uccide il padre e quella di Leonardo, bambino di Novara picchiato dal padre fino a causare la morte), la Cialdella mostra come è possibile individuare fattori predittivi di rischio contestualizzando le due storie. “Queste storie ci dicono essenzialmente due cose: uno che c’è una grandissima carenza di servizi che sono sul territorio e che possono monitorare le famiglie, non soltanto quando la tragedia avviene ma nel mentre la famiglia si forma e nel mentre la famiglia ha più bisogno di sostegno perché non siamo mai necessariamente adeguati a fare i genitori’’ spiega la dottoressa “secondo, queste storie ci rappresentano delle figure genitoriali assolutamente fragili che sono il risultato di una società contemporanea davvero molto magmatica e di questo abbiamo un’enorme responsabilità”.
In seguito alla proiezione di un video che mostra come il prezzo maggiore di un ambiente altamente conflittuale venga pagato dai figli ,visibilmente commossa la dottoressa Cialdella lascia la parola alla dottoressa Loredana Petrone, psicologa e direttore dell’istituto Psycomentis. La Petrone introduce un altro aspetto della violenza assistita che si verifica quando c’è una i connivenza genitoriale: la figura femminile e quella maschile non riescono a svincolarsi una dall’altra assumendo comportamenti sessualmente abusivi al danno del minore.
La Petrone è poi stata seguita dalla dottoressa Yasmin Abo Loha segretario generale della ECPAT Italia che si occupa dello sfruttamento sessuale dei minori. La dottoressa introduce il lavoro che sta svolgendo insieme alla Petrone circa l’adattamento italiano della terminologia per la protezione dei minori da ogni forma di violenza e sfruttamento sessuale. Tra questi termini, non adatti ad esprimere le esperienze che vivono le vittime, ci sono “pedofilia” “prostituzione” e “abuso”. Come spiega Abo Loha la parola “abuso” definisce un utilizzo eccessivo di qualcosa mentre un minore in nessun caso deve subire uno sfruttamento sessuale. Abo Loha ha ribadito agli operatori presenti l’importanza di rimanere neutrali: “Noi siamo chiamati a risolvere i bisogni esistenti, non a crearmi dei nuovi e a creare allarmi sociali. C’e tanto da fare nella prevenzione, l’Italia sulla prevenzione non investe ma non ci ricordiamo della presa in carico solo quando i problemi sono già avvenuti”.
E’ poi intervenuto il commissario della polizia postale Marco Valerio Cervellini che da vent’anni si occupa di prevenzione e sensibilizzazione. Cervellini racconta del rapporto che la polizia postale ha con i più giovani e il loro impegno nel cercare di creare un ambiente in cui loro non si sentono giudicati. Occupandosi soprattutto di bullismo e cyberbullismo spiega come spesso i genitori non si rendano conto delle realtà che vivono i figli e di quanto siano frequenti le vessazioni e le violenze online. “Per noi della polizia di stato la tutela dei minori oltre ad essere un dovere istituzionale è anche una missione” dice Cervellini “perché intervenire quando un minore è stato abusato, violentato o si è tolto la vita, è una grande sconfitta per tutti, per noi tutori dell’ordine che non siamo riusciti a tutelare ma soprattutto per la società civile che spesso e volentieri fa finta di non conoscere il problema”.
A conclusione del convegno è poi intervenuta la dott.ssa Antonella Simonato presidentessa dell’associazione Ninfee Rosa, che ha introdotto il progetto su cui stanno lavorando che consiste nell’analizzare i dati dal 2010 al 2014 dei femminicidi in Italia. Hanno iniziato facendo un confronto tra le varie statistiche ma cercando di concentrarsi su parametri che non vengono mai presi in considerazione. Ad esempio un dato che non viene mai discusso è quello del numero cospicuo di persone che si suicida dopo aver commesso un omicidio. Riferendosi anche alle modalità di attuazione dei vari femminicidi la Simonato ci invita ad immaginare l’impatto psicologico che si verifica nei figli che sono spettatori, che spesso rimangono distrutti e rimangono orfani.