Nella settimana appena trascorsa, le scene del Teatro India, a Roma, sono state nuovamente calcate dalla regista Lucia Calamaro che ha fatto della sua arte il modo di esporre senza pudore alcuno l’animo umano, comprese quelle disagianti zone d’ombra che siamo soliti nascondere sotto la sabbia, sotto il tappeto o insomma dove capita, basta che non si vedano. Ma di nascondere il perturbante la Calamaro non ci pensa neppure, e dopo le parole sul “rimpianto” -nel dialogo tra sua figlia e sua padre- nell’atto unico “Da Lontano”, ha portato in scena “Darwin Inconsolabile ( un pezzo per anime in pena)”.
La trama è disturbate ( bel colpo, Lucia): una madre che, nel tentativo di attirare l’attenzione dei suoi tre figli, decide di fingersi morta. I tre tipi umani, i tre figli, permettono una complessiva analisi dell’umana di certi archetipi ambulanti: l’ambientalista in ansia per il futuro, la figlia che vive all’ombra della madre, il maestro buonissimo col futuro tra le mani. Un terreno preparato a puntino, fertile di riflessione sulle nostre nevrosi, sulle nostre paure, su di noi.
E’ la stessa regista a darci importanti chiavi di lettura. “Una madre anziana, che si finge morta per ricevere un po’ di attenzione da questi figli, cosi occupati, cosi distratti, cosi disamorati, aggressivi in quanto assenti. Simula la morte. La tanatosi. Una pratica molto diffusa tra gli animali che per scampare l’aggressione del predatore, “fanno il morto.” Potrebbe esser un monito, un richiamo, un avvertimento, una metafora. Una madre che simboleggia il pianeta? Forse. Dei figli che simboleggiano noi? Può essere.” e conclude” Ma nessuno, di certo la bontà. Né la colpa. O il destino. Nessuno è vittima. Tutti sono creatura e natura, e hanno le loro strategie di sopravvivenza predatorie come ce le ha un’ape, un radicchio, un riccio di mare…”
Lo spettacolo è il risultato della coproduzione del teatro di Roma assieme a Sardegna Teatro e CSS Teatro stabile di innovazione del FVG.
Serena Garofalo