Una finestra sulla quotidianità del mondo borghese, il racconto e lo smascheramento delle sue contraddittorie ipocrisie attraverso il tono leggero e l’ironia pungente di una commedia: “La bottega del caffè”, commedia in tre atti del 1750 firmata da Carlo Goldoni. L’opera attraversa più di duecento anni e si attualizza nella riscrittura che del classico goldoniano fa Rainer Werner Fassbinder, regista e autore teatrale tedesco: “Das Kaffeehaus”. Nuove ambientazioni, nuovi personaggi che si differenziano da quelli originari solo per la loro declinazione in chiave moderna: il significato e lo scopo dell’opera settecentesca restano integri tra le righe di uno script solo più moderno, in scena per la prima volta nel 1969.
Veronica Cruciani, regista italiana emergente, riporta la commedia sul palcoscenico: dal 23 al 28 gennaio, dal lunedì al sabato alle 21 e la domenica alle 18, al Teatro Vascello, vicino al Gianicolo nel quartiere Monteverde. Avidità, falsità e passione per le calunnie sono, adesso come allora, bersaglio designato dello script e originano la catena di maldicenze ed equivoci che costituiscono la forza motrice della trama. L’ulteriore attualizzazione della commedia goldoniana nasce dalla consapevolezza, da parte della regista, delle innumerevoli similitudini che uniscono l’essenza interiore dei personaggi settecenteschi a quella dei veneziani odierni: denaro e potere sono le stelle attorno a cui orbitano i personaggi.
I discorsi, gli intrecci, i malintesi: tutto torna insistentemente al tema del denaro e dell’avidità.”La gola è un vizio che non finisce mai, ed è quel vizio che cresce sempre quanto più l’uomo invecchia”, dice Goldoni proprio in questo copione.
Lo specifico lavoro di regia, con cui Veronica Cruciani vuole descrivere l’essenza dell’opera, sarà un “graduale, lento, inesorabile smascheramento di una situazione che si rivela sempre più l’incontro/scontro di un gruppo di persone guidate dal desiderio del denaro e del potere”.
Eleonora Artese