Può un videogioco essere considerato uno sport? Questo è stato l’argomento centrale di un convegno che si è tenuto il 24 maggio agli impianti sportivi della Sapienza a Tor di Quinto. L’incontro è stato organizzato dal Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza, con la collaborazione di SapienzaSport, e si è posto l’obiettivo di esaminare il fenomeno degli eSport dal punto di vista di discipline diverse, osservandone gli impatti socio-culturali, giuridici, economici ma anche medici e fisiologici.
La mattinata si è aperta con i saluti istituzionali del Direttore di SapienzaSport, Maurizio Barbieri, che ha sottolineato come questo convegno sia “il primo evento scientifico” organizzato dal centro sportivo dell’ateneo, e ha mostrato l’intenzione di organizzare anche altri eventi di stampo più accademico. Il Prorettore Vicario della Sapienza, Renato Masiani, ha invece evidenziato l’importanza di un confronto su un tema “poco noto ma molto dibattuto”. Il Vicedirettore del CoRiS, Antonio Fasanella, ha infine messo in luce il “carattere multiangolare” dell’evento, sottolineando come l’eSport si posizioni in una “fascia alta sia per partecipazione diretta che per pubblico”.
Quindi è iniziato il primo panel della giornata, moderato da Barbara Mazza, Presidente del corso di laurea magistrale in Organizzazione e marketing per la comunicazione d’impresa della Sapienza. Innanzitutto, Martina Luzzi, social media strategist del CONI, ha illustrato la posizione del mondo dello sport ufficiale nei confronti dell’eSport. “È importante cercare il proprio audience là dove esso si trova – ha spiegato – e in questo i social aiutano moltissimo, perché permettono di recuperare i giovani e portarli a fare sport”. Su questa scia, quindi, si pone l’eSport, poiché “può diventare l’esca di attrazione che porta ad avvicinarsi all’attività fisica”. E di una contaminazione tra sport tradizionale e digitale parla anche Paolo Blasi, Presidente dell’Italian eSport Association, che spiega però che “in Italia ci sono pochi professionisti rispetto al target mondiale” e che la partecipazione ai giochi olimpici “può diventare una vetrina per l’Europa, soprattutto in un universo ancora asiacentrico”. Il fenomeno, però, è in forte crescita, se si pensa che “alle ultime tre edizioni dell’eSports World Championship ha partecipato anche l’Italia.
Simone Mulargia, esperto di game studies e docente del CoRiS, si è chiesto invece se l’eSport sia un gioco o uno sport. “Il confine tra sport e gioco – ha spiegato – è sottilissimo, ed è dato dalla negoziazione, dal ‘mettersi d’accordo’ per avere la comune consapevolezza di stare giocando”; se, invece, “ci si dà delle regole, allora lo stesso gioco diventa sport”. In questo senso, dunque, “tutto è un potenziale sport”. Il videogioco, inoltre, gode della possibilità di trovarsi a metà tra l’essere un gioco e un medium, per cui è capace di esprimere, oltre alla dimensione ludica, anche quella delle interazioni sociali. La parola è quindi passata ad Alessandro Scotto Di Palumbo, docente dell’Università del Foro Italico e manager sportivo di SapienzaSport, che ha cercato di unire sport ed eSport, due dimensioni che sono solo “apparentemente lontane” ma che hanno “molte caratteristiche in comune”. Lo sport, infatti, “è un’attività culturale”, che “allena tanto il fisico quanto la mente”. E in effetti, l’eSport ha manifestato numerosi benefici per la dimensione psichica e cognitivo. Per Scotto Di Palumbo è importante, però, “gestire un gamer come se fosse un atleta” ed associare al gaming un’attività fisica, che consenta di evitare problemi di postura o di vista.
Marco Bernardi, medico e docente della Sapienza, ha poi messo in evidenza i rischi per l’organismo dovuti alla sedentarietà. In particolare “l’indice di massa corporea”, che è “in continuo aumento negli ultimi decenni” e che porta ad “un aumento esponenziale del rischio di mortalità”. Anche stare seduti per troppo tempo è deleterio, per cui “ogni mezz’ora è bene alzarsi in piedi”, così da mantenere vivo tutto l’organismo. Alessandro Porrovecchio, sociologo dell’Université du litoral Côte d’Opale, ha infine mostrato che, “se si può dire che l’attività fisica è salutare e combatte l’inattività e la sedentarietà”, non è possibile ad oggi fare un’affermazione simile per ciò che riguarda gli sport. “L’usura fisica degli sportivi, infatti, non è paragonabile a quella degli e-atleti”, per i quali c’è invece “un rischio mentale, più simile a quello dei videogamers”. Ultimo ad intervenire per la mattinata è stato lo sheff Stefano Chinappi, che ha sottolineato come per uno stile di vita sano “è importante anche la stagionalità di ciò che si mangia”.