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Eterno visionario di Michele Placido: un viaggio nella psiche di Pirandello e dei suoi personaggi

Eterno visionario di Michele Placido è stato presentato alla 19esima edizione della Festa del cinema di Roma nella sezione Grand Public.

In quest’opera il regista riesce a rendere capillarmente la teatralità di Luigi Pirandello attraverso l’utilizzo di primissimi piani, momenti drammaturgici e scene che mettono in evidenza i personaggi con un’illuminazione tipica del teatro. La fotografia e l’illuminotecnica teatrale, accompagnati da musiche incalzanti, riescono tradurre la psiche umana e varie sfaccettature emozionali.

Il grande scrittore e commediografo, interpretato dall’attore Fabrizio Bentivoglio, nella prima scena viene immortalato sopra un treno, pensieroso e tormentato. Da lì comincia il viaggio biografico, raccontato attraverso la sua carriera e le sue opere più famose, che troverà il suo culmine presso l’Accademia di Svezia, la quale gli conferì nel 1934 il Premio Nobel per la letteratura “per il suo ardito e ingegnoso rinnovamento dell’arte drammatica e teatrale”.

Per riuscire nelle mie fatiche letterarie ho dovuto frequentare la scuola della vita. Questa scuola, inutile per certe menti brillanti, è l’unica cosa che può aiutare una mente come la mia: attenta, concentrata, paziente, inizialmente del tutto simile a quella di un bambino. […] Sentivo il bisogno di credere all’apparenza della vita senza alcuna riserva o dubbio. L’attenzione costante e la sincerità assoluta con cui ho imparato e meditato questa lezione hanno palesato un’umiltà, un amore e un rispetto della vita indispensabili per assorbire delusioni amare, esperienze dolorose, ferite terribili, e tutti gli errori dell’innocenza che donano profondità e valore alle nostre esistenze. Tale educazione della mente, conquistata a caro prezzo, mi ha permesso di crescere e, nel contempo, di rimanere me stesso”. Con queste parole Pirandello si racconta al conferimento del premio.

Il talento di scrittore lo ha reso incapace di vivere “e nell’illusione di creare me stesso ho creato quello che sentivo e quello che mi illudevo a credere”. Lo scrittore è perseguitato dai personaggi delle sue commedie: li vede e li ascolta, alternando momenti di vita quotidiana a visioni deliranti e quasi schizofreniche. La vita professionale e quella privata camminano parallelamente, arricchendosi e contaminandosi l’una con l’altra.

Pirandello  è segnato profondamente dai suoi rapporti relazionali e familiari, ritrovando nel suo lavoro e nella scrittura l’unico modo per sopravvivere. Infatti, alcuni dei momenti più significativi della vita professionale dell’autore sono dettati da quella privata: la pazzia della moglie e il suo ricovero destabilizzano e compromettono il rapporto con i suoi figli, costantemente alla ricerca di un padre presente e curante di loro. Nel frattempo, come un “eterno visionario” immagina personaggi e storie, che spesso diventano demoni ed incubi, ai quali da una voce con atti e scene teatrali.

Il successo teatrale rimane indiscusso: Pirandello riesce a rivoluzionare il teatro, eliminando gli attori e raccontando il reale. Tuttavia, il severo pubblico non sempre accetta acriticamente i temi e le storie che racconta. Un esempio è l’opera Sei personaggi in cerca d’autore che inizialmente fu rifiutata e disdegnata a causa di personaggi considerati scabrosi e deplorevoli per l’epoca come il bambino che si suicida, un padre e una figlia che commettono atti incestuosi e una donna che si concede alla lussuria e alle perversioni.

Ho scritto i Sei personaggi in cerca d’autore per liberarmi da un incubo. Come ho detto altrove, a servizio della mia arte è da tanti anni una servetta sveltissima, e non per tanto nuova sempre del mestiere, un po’ dispettosa e beffarda, che si chiama Fantasia. […] Orbene, questa mia servetta Fantasia ebbe, parecchi anni fa, la cattiva ispirazione o il malaugurato capriccio di condurmi in casa tutta una famiglia, non saprei dir né come né dove ripescata, ma da cui, a suo credere, avrei potuto cavare il soggetto per un magnifico romanzo”. 

Marta Adda in Eterno Visionario

Come per ogni scrittore un ruolo essenziale è attribuito alla musa ispiratrice, che Pirandello proietta in Marta Abba: una giovane attrice che lo cattura per il carattere ardito e tenace, e per l’incredibile presenza scenica. Marta, interpretata dall’attrice Federica Vincenti, incontra il drammaturgo siciliano nel 1925, durante le selezioni per il cast del Teatro d’Arte di Roma. Dopo aver letto una critica di Marco Praga, che ne esaltava le qualità sceniche, il Maestro la scritturò immediatamente come prima attrice. Così la carriera di Marta cambia repentinamente, diventando l’interprete delle opere come Diana e la TudaL’amica delle mogliTrovarsi e Come tu mi vuoi. 

Marta riesce a tradurre quello che lo sceneggiatore cercava da anni: rappresentare e personificare “in materia tangibile l’immateriale fascino oscuro della femminilità”. Entrambi nella loro relazione platonica, si nutrono arditamente delle passioni e dell’intelletto dell’altro sin ad arrivare a separarsi per non cadere in atti inopportuni e indecorosi.