Ieri 6 maggio presso il Centro Congressi in via Salaria 113, si è tenuto il seminario “Europa di chi? Riflessioni sullo spazio pubblico europeo” che rientra nel ciclo di incontri a proposito del voto del 26 maggio per il rinnovo del Parlamento Europeo
Ciò che si percepisce negli ultimi tempi è sicuramente una mancanza di conoscenza delle istituzioni ma anche di una propria identità come Europa.
Hanno preso parte all’incontro importanti nomi quali Sergio Fabbrini, Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche, Università Luiss di Roma; Enrico Letta, Direttore della Paris School of International Affairs (PSIA) dell’Institut d’études politiques de Paris – Sciences Po; Maarten Van Aalderen, corrispondente per l’Italia del quotidiano olandese De Telegraaf, e Vladimiro Zagrebelsky, giudice della Corte europea dei diritti umani (2001-2010). A moderare l’evento era presente Alessandra Sardoni, giornalista La7.
Quello che ci si chiede davvero è perché i poteri sovranisti prendono così piede? A causa di un disinnamoramento verso l’Europa? Poiché da tempo identificata come élite?
L’intervento illuminante di Enrico Letta ci offre una riflessione che parte da una vignetta, che tenta di raccontare una storia essenziale per la riflessione che si riflette sull’oggi. La vignetta, tratta dal settimanale “La domenica del corriere” dell’agosto del 1966, descrive la demografia di quell’anno, raccontata con 100 personaggi che simboleggiava il mondo di allora. Gli europei sempre al centro di tutti. In alto gli asiatici, gli altri continenti più piccoli attorno. Gli asiatici, fa riflettere Letta, ci stanno invadendo, ora come all’ora. Questo disinnamoramento nei confronti dell’Europa ha un’evoluzione molto veloce: l’ex Premier affianca alla prima vignetta una seconda immagine, ipotizzando un futuro prossimo, il mondo del 2050 con cambiamenti epocali, che nessun essere umano ha vissuto prima di noi. Se nell’immagine originaria del ’66 i cento abitanti raffigurati in quella vignetta rappresentavano 3 miliardi di persone, nel 2050 saremo ben dieci miliardi. E solo uno su tre all’epoca poteva accedere al benessere. Nel 2050 quei dieci miliardi invece vorranno tutti accedere al benessere. Il vero epocale cambiamento è il fatto che l’Europa, rilevante nel 66, nel futuro verrà sostituita dall’Africa in termini demografici. Noi europei rimarremo in pochi e anche avanti con l’età. Enrico Letta sottolinea con frasi decise che “Questa vignetta racconta che i sovranisti porteranno l’Europa al suicidio. Forse nel ’66 la Brexit poteva avere un senso, adesso no, sarebbe deleterio. I nostri paesi hanno un’unica possibilità di stare al tavolo con i potenti: ossia come Europa. Non di certo da soli.”
Ciò che bisogna comprendere è che l’Europa va sì criticata nelle sue politiche poco efficaci, ma fondamentale è rimodernare, comprendere che l’idea stessa di integrazione europea va salvaguardata.
Ma per quale ragione l’Europa oggi non viene più identificata come garanzia della difesa della pace, ma come un’entità astratta, esclusiva dei burocrati? Poiché purtroppo l’Europa è profondamente divisa tra Europa che gode di largo consenso e Europa con consenso molto minore. Alcuni paesi si trovano in situazioni di disagio, come l’Italia, al contrario della Spagna e della Germania. Enrico Letta cerca di spiegarne il motivo “Secondo me in parte è conseguenza degli effetti delle due grandi crisi degli ultimi dieci anni. L’Italia è stata colpita da entrambe, e ha trovato il capro espiatorio nell’Europa.”
Anche Vladimiro Zagrebelsky, Giudice della Corte europea dei diritti umani, si pronuncia su questo tema “Tutti i maggiori partiti ci dicono che bisogna cambiare l’Europa, sia quelli che sono contro, sia gli europeisti. Pochissimi dicono in che direzione bisogna cambiare. Un cambiamento che non investe solo il nostro governo, ma anche quelli precedenti. Noi dobbiamo pretendere delle indicazioni. Se si dovesse ricominciare, io ricomincerei dalla cultura, non dall’economia”
Qual è lo scenario più rischioso per il dopo elezioni europee del 27 maggio?
I cambiamenti che verranno fuori dall’esito delle elezioni sicuramente obbligheranno a rivedere l’assetto del Parlamento Europeo. Una vera e propria rimessa in discussione dell’UE che sarà costretta a rivedere le sue priorità. Sergio Fabbrini risponde “Più ci sarà identità tra i popoli e più si avrà la possibilità di partecipare ad un gioco pluralista. L’Europa non è standardizzazione, l’Europa è plurale, necessaria. Si deve creare empatia e tutto questo è necessario.” Perché solo se c’è tutto questo si può garantire uguaglianza e rispetto. Dobbiamo ripensare a questo.
Arianna Lomuscio