Con circa quattrocentomila casi ogni anno, le malattie oncologiche hanno un enorme impatto sociale ed economico in Italia; la loro diagnosi e le relative terapie costituiscono una sfida globale per la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica. La cura dei tumori negli anni si è specializzata, utilizzando princìpi e approcci diversi, e già oggi, in molti casi, raggiunge livelli di efficacia elevatissimi e di completa guarigione.
I differenti approcci terapeutici consentono oggi di curare con efficacia oltre il 70% dei casi di tumore, mentre il 30% circa rimane difficilmente curabile. La radioterapia oncologica è utilizzata in un quarto dei casi complessivi e nel 40% dei casi curabili, e risulta curativa per i tumori radiosensibili quando il trattamento ha lo scopo di eliminare completamente il tumore.
Per oltre sessant’anni di pratica radioterapica, la definizione dei piani di trattamento dei soggetti oncologici si è ispirata al principio guida della somministrazione graduale della dose terapeutica, attraverso più sessioni distanziate nel tempo. Questo principio è tuttora considerato un elemento chiave nel controllo del rapporto costi-benefìci, ma studi recenti mostrano che questo principio guida potrebbe non essere ottimale. Il cosiddetto “effetto FLASH” potrebbe tradursi in un importante passo avanti nella radioterapia oncologica.
In merito a ciò, martedì 25 ottobre, presso l’Aula Calasso della Facoltà di Giurisprudenza, Vincent Favaudon, professore emerito dell’Istituto Curie, ha tenuto la lectio magistralis sulla radioterapia FLASH, dal titolo “From conventional dose-rate to FLASH radiotherapy: unveiled aspects of the dynamic of cell and tissue response to ionizing radiation“, coordinata dal professor Luigi Palumbo, prorettore alla Pianificazione strategica. Favaudon, scopritore dell’effetto FLASH, ha descritto in maniera approfondita gli aspetti radiobiologici della sperimentazione e i recenti risultati riguardanti la fase chimica primaria della nuova tecnica rivoluzionaria nella cura del cancro.
L’“effetto FLASH” suggerisce che la somministrazione della dose terapeutica in un’unica sessione e in tempi molto brevi (frazioni di secondo) porterebbe a equivalenti effetti sul tumore, ma a un minor danno ai tessuti sani, consentendo di allargare la finestra terapeutica. Si tratta di un potenziale cambiamento di paradigma che potrebbe portare a una rivoluzione della radioterapia, con grandi vantaggi clinici, economici e sociali.
Lo studio preclinico su modello animale si basa sul confronto tra l’esposizione FLASH a una singola dose somministrata a un rateo superiore a 40 Gy per secondo (il Gray, indicato con Gy ed equivalente a 1 J/kg, è l’unità di misura della dose per le radiazioni ionizzanti) – erogando elettroni di energia pari a 4,5 MeV con un acceleratore di particelle da laboratorio – e l’irradiazione convenzionale con raggi γ, provenienti dall’isotopo 137 del cesio a dosi convenzionali inferiori o pari a 0,03 Gy/s. Sorprendentemente, l’irradiazione FLASH si è rivelata efficace quanto quella convenzionale nel reprimere la crescita del tumore, portando così a un effettivo ampliamento della finestra terapeutica utile.
In seguito, l’effetto differenziale tra tumore e tessuti normali dopo l’irradiazione FLASH è stato confermato in altri esperimenti preclinici e in un primo straordinario trattamento clinico su paziente.