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Fremont, un’avventura di integrazione tra solitudine e dolcezza alla Festa del Cinema di Roma

Fremont RomeFilmFest18

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RadioSapienza e Cinemonitor alla Festa di Roma con Alice nella Città

Fremont, diretto da Babak Jalali e scritto con la sceneggiatrice italiana Carolina Cavalli, è in concorso nella sezione Progressive Cinema alla 18esima edizione della Festa del Cinema di Roma

Fremont: “Now is a good time to explore”

Fremont è una provinciale cittadina californiana nella contea di Alameda, a metà strada tra San Jose e San Francisco e a ridosso della Bay Area, che conta 220mila abitanti (d’altronde quando si parla di Stati Uniti le proporzioni sono sempre esageratamente grandi anche quando si parla di realtà piccole). Donya (Anaita Wali Zada) è una ragazza afghana di 26 anni che da pochi mesi si è trasferita in questa nuova realtà, dopo essere fuggita da Kabul a causa del ritorno dei talebani nell’agosto del 2021. Dal lavorare come traduttrice per l’esercito americano in Afghanistan, si ritrova a lavorare a San Francisco in una piccola azienda familiare di biscotti della fortuna per dei proprietari cinesi, anche loro immigrati molti anni prima nella terra delle possibilità. 

In questo nuovo contesto Donya si sente sola, e nonostante viva in un edificio con altri immigrati afghani, preferisce avere nuove conoscenze con altre persone, trovandosi un impiego lontano da Fremont e cercando qualcosa, o meglio, qualcuno che possa svoltare la sua vita monotona e solitaria. Salim (Siddique Ahmed), uno dei vicini di casa, consiglia a Donya di andare da uno psicologo, che nonostante l’iniziale ritrosia, cercherà di aiutarla prendendone a cuore il caso.

Ed è il cuore infatti l’anima di questo film, un film pieno di personaggi dolcissimi e disponibili, ugualmente feriti ma disposti ad aiutarsi l’un l’altro. Dal Dr. Anthony (Gregg Turkington), che si commuove leggendo Zanna Bianca, all’amica e collega Joanna (Hilda Schmelling), apparentemente burbera ma che nasconde un cuore puro quanto la sua voce, il proprietario del biscottificio (Eddie Tang) che racconta i suoi ricordi d’infanzia nell’azienda creata da suo padre e che dà fiducia alla giovane Donya, l’anziano ristoratore afghano che passa le serate a guardare soap opera dove la protagonista mangia abitualmente, e il solitario e gentile Daniel (Jeremy Allen White). Fremont è un film di coincidenze sfortunate ed incontri fortuiti, un film dal tono dolce e sognante nonostante un bianco e nero privo di colori che sembra riportare i personaggi alla realtà. 

Presentato in anteprima al Sundance Film Festival e in concorso nella sezione Progressive Cinema alla 18esima edizione della Festa del Cinema di Roma, nonostante l’ambientazione americana nel film diretto da Babak Jalali c’è anche un po’ di Italia. La sceneggiatura è scritta infatti dalla regista insieme a Carolina Cavalli, proseguendo la collaborazione del film Amanda (opera eletta vincitrice dagli studenti europei coinvolti nel progetto erasmus EUniverciné a cui ha partecipato anche l’Università La Sapienza di Roma) in cui Carolina Cavalli era regista e sceneggiatrice, mentre Babak Jalali si occupava del montaggio. Nonostante il tono decisamente più realistico rispetto alla comicità surreale di Amanda, anche in Fremont ci sono alcuni momenti spiazzanti ed ironici, ed è facile immaginare quanto le sceneggiatrici si siano divertite nello scrivere un’infinità di frasi più o meno fortunate da inserire nei biscotti della fortuna.

Invece di concentrarsi sul momento della migrazione, come nei recenti film presentati alla Mostra del Cinema di Venezia Io Capitano di Matteo Garrone, vincitore del Leone d’Argento alla Miglior Regia, e Green Border di Agnieszka Holland, vincitore del Premio Speciale della Giuria, Fremont si concentra invece sul dopo, sul momento dell’integrazione, mostrando le difficoltà di entrare in una società totalmente diversa dalla propria. Soli e sradicati, i personaggi di Freemont sono uniti nelle loro diversità, in una ricerca del proprio spazio in un nuovo enorme mondo, dove le stelle la notte sono troppe e cambiano sempre posizione, in cui sembra impossibile trovare la stabilità ma bisogna sempre correre. Il film affronta queste tematiche con sensibilità e dolcezza, sottolineando i sensi di colpa di Donya per essere una delle poche ad avercela fatta, e mostrandone la spontaneità dei desideri in contrasto con la difficoltà di aprirsi al mondo esterno. Se film come Io Capitano e Green Border sono quindi essenziali per capire il tema delle rotte migratorie e la loro brutalità, un film come Fremont, con tutte le differenze del caso, è necessario per ricordare che la storia non finisce con l’arrivo alla destinazione, ma che qui inizia un’altra sfida, una sfida in cui siamo tutti coinvolti quotidianamente, ovvero quella dell’integrazione, che non dovrebbe limitarsi al rispetto della diversità, ma che dovrebbe avere come obiettivo quello della effettiva entrata di queste persone nella comunità.