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“Be Filmaker a Gaza”: Valerio Nicolosi alla Sapienza

Gaza è un nome che nell’immaginario collettivo si connette alla distruzione, alla tristezza, alla solitudine. Sentendo Gaza si pensa inevitabilmente al mai risolto conflitto israeliano-palestinese, agli scontri militari tra molteplici fazioni nemiche e ad una vita prima luminosa e che adesso non c’è più. Gaza oggi significa rovine, macerie. Gaza oggi vuol dire malinconia. Per tutti, o quasi.

Non è esattamente così e non è assolutamente così: questo il punto cardine dell’ intervento tenuto nella giornata di lunedì 30 ottobre dal fotoreporter romano di navigata esperienza internazionale Valerio Nicolosi, presso l’aula B9 del dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza, sfondo e cornice di una riproposizione-ripresentazione, agli studenti, di Be Filmaker a Gaza, lavoro pubblicato nel 2015. Durante una lezione appositamente dedicata al tema dalla professoressa Cristina Sofia, nell’ambito del corso di Analisi degli stili di vita e della partecipazione sociale, si è potuto infatti discutere di argomenti culturalmente significativi ed, in alcuni frangenti, emotivamente toccanti.

Valerio Nicolosi racconta le persone: lo fa con passione e lo fa per mestiere. Le sue valutazioni sono da tenere indubbiamente in considerazione in quella che appare come la descrizione analitica e settoriale di determinati modi di percepire il mondo e la vita. La sua è l’esperienza di un uomo partito, seppur con qualche pregiudizio (ed è lui stesso ad ammetterlo), per una missione coraggiosa, difficile e di notevole peso sociale. Per cercare il vero significato celato dietro alle apparenze. Per trovare un’inattesa normalità in un apparente vicolo cieco. Un viaggio alla ricerca di un qualcosa che, tra la disperazione di intere famiglie e la distruzione a tappeto di diverse città, profumi di vita. Parli di vita. Un significato antropologicamente vivo, come dirà lo stesso Nicolosi, presente negli occhi delle persone comuni nella vita comune. Persone capaci di provare emozioni. Contenuti questi, che vengono ben fuori proprio da Be Filmaker a Gaza, la sua opera,un progetto di scambio e allo stesso tempo di formazione, il sentito fotoracconto dei suoi giorni palestinesi, dedicati alla scommessa, poi ampiamente vinta, di dar modo ai giovani studenti dell’ Università di  Al Aqsa di autoraccontarsi. Raccontare se stessi attraverso un cambiamento di prospettiva.

Be Filmaker a Gaza è un modo particolare di raccontare qualcosa di assolutamente normale. Qualcosa che dovrebbe essere normale e compatibile alla nostra realtà sociale. Una compatibilità cercata attraverso una connessione diretta con la realtà e le realtà della Capitale, ad esempio. Un tentativo di avvicinamento audace, che ha portato Nicolosi e i suoi compagni di avventura al mercato rionale di Primavalle. Potrebbe destare qualche sorriso, è vero. Ma sarà proprio questo che dall’11 novembre ospiterà eventi, incontri, mostre fotografiche relative al contesto socioculturale e geopolitico della Striscia di Gaza. Il link tra questi due mondi, fisicamente lontani ma concettualmente vicini è facilmente riscontrabile nelle storie. Quali storie? Le storie di una vita difficile e ostacolata da una molteplicità di fattori. Storie vere, forti, concrete.

Michele Antonelli