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Giorgio Caravale presenta il suo nuovo libro “Senza intellettuali”

Giorgio Caravale

Senza intellettuali: politica e cultura in Italia negli ultimi trent’anni“. È questo il titolo dell’ultima pubblicazione di Giorgio Caravale, professore di Storia Moderna presso l’Università Roma Tre e ospite della facoltà di Comunicazione alla Sapienza lo scorso 7 maggio.

Durante l’incontro si è discusso del difficile rapporto tra la politica e la figura dell’intellettuale e di come quest’ultima si sia evoluta nel corso dei tempi: una dicotomia da sempre esistita, ma che col tempo è andata trasformandosi, riducendo il ruolo dell’intellettuale a mero opinionista o tecnico, a discapito dei cosiddetti “umanisti”.

L’avvento della comunicazione

Nel libro presentato dal professor Caravale, lungi dall’essere esclusivamente teorico quanto piuttosto concentrato su esempi reali presi dallo scenario politico degli ultimi trent’anni, da Berlinguer al Berlusconismo fino ai giorni nostri, si cercano di individuare le motivazioni profonde che hanno portato ad una scissione tra i due ruoli. Prima fra tutte, evidentemente, l’avvento della comunicazione, che se da un lato ha indotto la classe politica a diffidare della figura dell’intellettuale e a farsi portavoce dei propri slogan al grande pubblico, dall’altro ha spinto gli intellettuali a rintanarsi nelle loro speculazioni, spesso considerate sterili, poco concrete e quindi non direttamente utili.

È la nascita del populismo moderno, della lotta ai “professoroni” e del conseguente distacco della sinistra italiana dallo scenario di discussione, avvolta troppo spesso da un’aurea di snobbismo.

L’avvento dei social

Poi, l’avvento dei social: una nuova figura di intellettuale, forse più carismatico, più capace di adattarsi ai nuovi schemi comunicativi, più disposto a vendere il proprio sapere. Da Michela Murgia a Barbero ai tanti influencers divulgatori di una conoscenza specifica, ci si chiede fino a che punto può spingersi la figura dell’intellettuale e chi oggi possa essere considerato tale.

Interventi interessanti anche quelli dei professori Mattia Diletti e Andrea Guiso nonché degli ospiti Elena Papadia e Guido Vitiello: alla fine di tutto la domanda a cui si cerca di trovare risposta sembra essere “a che serve la storia“?

Ma soprattutto, è possibile rimediare al progressivo divorzio tra politica e intellettuale? Ne parliamo con l’autore Giorgio Caravale nell’intervista che segue.

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