Grande affluenza ieri al Centro Congressi della Sapienza, al Dipartimento CoRiS, per la Lectio Magistralis di Guido Gili, presidente uscente del SISCC (Società Scientifica Italiana di Sociologia, Cultura, Comunicazione), dal titolo “Per una sociologia della speranza”. La relazione, introduce il nuovo presidente del SISCC Sara Bentivegna, è molto densa, insolita e, data la peculiarità del tema (il tema principale è appunto la speranza), difficilmente interpretabile.
Il professor Gili, che ha scritto questo intervento per una rivista americana, trova e offre elementi di riflessione e analisi molto interessanti, dando diverse definizioni di speranza: può essere, sostengono psicologi e sociologi, un’emozione (composita, non primaria, in quanto non produce una modificazione neuropsicofisiologica, ma è un coagulo di tensioni diverse), una passione o sentimento (in qualità di stato affettivo più durevole che può essere coltivato nel tempo), un tratto della personalità o, più in generale, un orientamento e una dimensione culturali (a questo proposito cita l’antropologa Florence Kluckhohn, che identifica cinque grandi domande a cui l’uomo deve rispondere: la concezione della natura umana, la modalità prevalente di azione ed espressione dell’io, il rapporto degli uomini tra loro, con l’ambiente e la concezione del tempo. Tutti hanno a che fare con la concezione di speranza). La speranza, ancora, può essere una condizione antropologica che definisce la condizione umana (Gili cita, ad esempio, Hannah Arendt, secondo cui senza speranza l’uomo non può vivere: la nascita è un nuovo inizio, in virtù della quale la speranza si rinnova). Tutte le definizioni sono vere ed utili a cogliere le diverse sfaccettature della speranza.
Il professore dell’Università del Molise continua l’esposizione tentando di delineare una genealogia della speranza all’interno della cultura greca (fa riferimento al Vaso di Pandora, in cui la speranza è l’unica cosa che rimane all’interno) ed ebraico-cristiana (il culto di JHWH e di Cristo, panacee dei mali) che pervengono fino a noi; traccia un percorso attraverso la sociologia e i classici in cui il tema della speranza è affrontato in modo diretto o indiretto (fa l’esempio di Durkheim e i tre stadi di Comte), e si appresta a definire domande fondamentali che costituiscano un quadro di riferimento sulla ricerca sulla speranza. Gili fornisce dunque al suo discorso non una conclusione, ma un punto di partenza per una riflessione più ampia, un dispiegamento di percorsi che possano fornire indicazioni utili all’approfondimento dell’argomento per i prossimi mesi ed anni.