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Intervista al professor Zang Zang

RadioSapienza ha ospitato il professor Paul Zang Zang, docente presso l’Università Yaoundè (Camerun) e visiting professor alla Sapienza nel corso dell’anno accademico 2015/2016.

Buongiorno e benvenuto al Professor Paul Zang Zang, dell’Università Yaoundé I in Camerun, facoltà d’Arte e Scienze umane, dipartimento di francese. Il professor Zang Zang è vicepreside dell’Istituto Panafricano dello sviluppo e si trova attualmente a Roma come visiting professor for teaching activities alla Sapienza, invitato dal professore Oreste Floquet, professore di Lingua e Linguistica Francese alla Sapienza. Il professor Zang Zang terrà delle lezioni sul francese in Africa, approfondendo gli aspetti fonetici, morfologici e lessicali. Potrebbe raccontarci il suo percorso universitario?

Ho cominciato a insegnare inglese e spagnolo al liceo a Tcholliré. Sono passato all’insegnamento di Francese al liceo di Mbankomo. E dopo aver finito la mia tesi di dottorato sono stato assunto prima come assistente poi come professore associato all’Università Yaoundé I. Durante la mia formazione ho ottenuto una borsa dall’Università East Anglia in Inghilterra per uno stage linguistico; ho poi ottenuto una borsa di dottorato dell’Università della Francofonia che mi ha permesso di passare 3 mesi ad Aix-en-Provence. Ho ottenuto anche una borsa per uno stage ad Aix-en-Provence di 6 mesi sotto la direzione del professor Jean-Marc Queffélec.

Il titolo della sua opera è: Le français en Afrique: Norme, tendances evolutives, dialectisation. Potrebbe dirci qualcosa in più su questo titolo?

Noto spesso che il titolo è citato in modo scorretto cioè: Le français en Afrique: Norme, tendances evalutives, dialectisation. Il titolo corretto è: Norme, tendances evolutives, dialectisation.

Perché dialettizzazione e non dialettalizzazione?

Ho esistato molto fra dialetizzazione e dialettalizzazione. Nei dizionari i due termini hanno lo stesso senso, tuttavia è possibile notare una differenza: dialettizzaione viene da dialetto, invece dialetalizzazione viene da dialettale. E dialettale è una parola che in lessicografia e dialettologia assume una sfumatura peggiorativa.

Il francese dell’Africa è un francese che è stato trasmesso agli africani tramite canoni ufficiali, cioè la colonizzazione certo, ma anche grazie all’amministrazione e la scuola. Se questa lingua si è trasformata non è perché gli africani non sapevano o erano incapaci di parlarla, ma perché la lingua è stata oggetto di un processo che ha condotto ad una dialettizzazione. Questo processo è una sorta di forza esercitata sul sistema e che l’ha obbligato ad adattarsi al nuovo ambiente . È per questo che preferisco dialetizzazione a dialettalizzazione.

Lei osserva che la generazione post-coloniale ha cambiato atteggiamento nei confronti della lingua francese. L’epoca in cui i camerunensi cercavano di parlare come i bianchi è ormai passata. Potrebbe spiegarci qual’è stata la causa di questo evento e qual’è la situazione attuale?

Dopo l’indipendenza del Camerun, come le mie ricerche hanno mostrato, gli africani si sono appropriati della lingua francese. Hanno sviluppato un senso d’appartenenza nei confronti di questa lingua, che non era più vista come cosa dei bianchi, e nessuno si sentiva più obbligato a parlarla sottomettendosi alle loro regole. Si è affacciata così un’idea di libertà nella testa di coloro che cominciavano a sentirsi comproprietari della lingua. Dopo aver consultato alcuni testi mi sono reso conto che in Camerun si parla della lingua francese come di un tesoro di guerra, cioè di qualcosa che è stato strappato con la forza. Questa libertà, l’idea di avere la lingua come qualcosa che è stato strappato al bianco, ha fatto sì che l’atteggiamento verso la lingua cambiasse. Non si parla più il francese come all’epoca coloniale, quando c’era il bianco; ora si parla quel francese ereditato dopo la partenza del bianco che è stato cacciato con le armi. Perciò è avvenuto questo cambiamento di atteggiamento.

Credo inoltre che questo cambiamento di atteggiamento sia stato salutare per la lingua francese, perché se gli africani l’avessero considerata solamente come cosa dei bianchi, probabilmente l’avrebbero abbandonata. Ma siccome l’hanno considerata come una cosa loro, come una cosa strappata ai bianchi, la lingua francese è sopravvissuta. Bisogna sottolinearlo ancora: la lingua francese non è sopravvissuta per via della pressione esercitata dallo Stato francese, o per via della sua bellezza, ma perché gli africani se ne sono appropriati e l’hanno resa una cosa propria, e solo così essa ha messo radici.

Credo che lo statuto del francese camerunense sia quello dell’élite. Non è la lingua dell’uomo comune che si è trasformata. È la lingua delle istituzioni pubbliche, amministrative e giuridiche. Prima dell’indipendenza gli africani parlavano e scrivevano in francese per farsi capire dai francesi. Ma dopo l’epoca coloniale l’interlocutore immediato dell’africano non era più il francese, ma l’altro africano con il quale parlavano e per il quale scrivevano. Quindi credo che questo cambiamento d’atteggiamento condizionerà la qualità della lingua. Come si dice spesso: La funzione crea l’organo. La funzione del francese ha trasformato la lingua francese nel suo ambito africano. Quindi possiamo dire che esiste un francese africano.

Quindi non c’è stato un rifiuto della lingua francese ma….

..ma un’appropriazione. Se gli africani non avvessero considerato la lingua francese come la loro lingua, l’avrebbero sicuramente rifiutata. La lingua francese non ha subito dunque un rifiuto, bensì una trasformazione, dovuta alla sua appropriazione da parte degli africani.

Dobbiamo forse precisare che in Camerun si parlano più di 248 lingue. Quindi anche le lingue indigene hanno avuto un’influenza sul francese.

Sì, il numero varia a seconda dei ricercatori e delle istituzioni. Gli studiosi di linguistica parlano di circa 248 lingue. La SIL (Società internazionale di Linguistica) parla di ben 286 lingue presenti in Camerun. Diciamo che la lingua francese deve coabitare e accettare più o meno 250 lingue. E queste lingue fanno parte dell’ambiente naturale della lingua francese in Camerun. La lingua francese deve coabitare, deve accettare la condivisione, la vita in comune con tutte queste lingue. E quando si vive insieme ci si influenza mutualmente, c’è una sorta di “acculturazione” reciproca. La lingua francese si arricchisce grazie alle lingue africane e viceversa, e credo che questo sia un fenomeno del tutto naturale. Vivendo inseme si possono sviluppare dei tratti in comune in modo che si possa arrivare ad una vita armoniosa. Credo che questo genere di influenza si possa trovare ovunque. Se si abita in Europa si constata che la coabitazione tra diverse lingue europee ha forse portato a sviluppare un vocabolario comune, delle idee in comune: questo vale anche per le lingue africane ed il francese. Questo per me è un fenomeno del tutto normale. Il pericolo proviene dalle persone che considerano questa coabitazione un rischio per la lingua francese e la vorrebbero isolata dalle altre lingue. La lingua francese vivrebbe in pace soltanto isolata, ed escludendo le lingue che vivono sullo stesso territorio. Credo che questa sia una cosa che non si deve neanche pensare, perché queste lingue sono a casa loro ed è il francese che le ha trovate lì. Credo che sia una concezione pericolosa anche per la sopravvivenza della lingua francese.

La seconda lingua ufficiale in Camerun è l’inglese.

L’inglese non è la seconda lingua ufficiale, bensì il francese e l’inglese sono le due lingue ufficiali del Camerun, di pari valore. Il Camerun è perfettamente bilingue.

Ma la lingua amministrativa è comunque il francese

No, il francese è una delle lingue amministrative del Camerun.

Da quando le due lingue hanno lo stesso statuto?

In effetti lo statuto non è stato sempre quello di oggi. Inizialmente il Camerun era ancora diviso in due parti dalle Nazioni Unite, che ne aveva affidato, quali mandatari, una parte all’Inghilterra e l’altra parte alla Francia. Queste due parti si sono riunite dopo aver acquistato la loro indipendenza dai loro mandatari, non dai loro colonizzatori. Questi mandatari erano stati designati dall’ONU per condurre il Camerun all’indipendenza. Il problema s’è posto quando queste due parti sono state riunite. So che la parte anglofona decise di accorparsi alla parte francofona, perché altrimenti sarebbe stata destinata ad aderire alla Nigeria. Quando fu elaborata la costituzione nel 1961, quella della riunificazione del Camerun, si decise che questa fosse pubblicata in francese e in inglese, ma che solo il francese fosse la lingua facente fede. Alcuni dicono che è stato deciso così perché l’inglese abbia meno valore. Io non credo che questa sia stata la causa, ma bisogna entrare nel Camerun di quell’epoca, e considerare che i camerunensi sono monolingue in tutti e due le parti. Il Camerun non aveva ancora dei specialisti di bilinguismo. A quell’epoca il Camerun non aveva nemmeno traduttori. Ma la forza della storia delle due parti del Camerun li ha portati a riunirsi. Dal punto di vista giuridico credo che siccome erano monolingue la sfiducia rispetto alla traduzione in inglese abbia sicuramente condotto i politici a decidere di dichiarare solo la lingua francese come ufficiale. Non credo infatti che siano stati i camerunensi ad aver tradotto la costituzione in inglese, bensì dei traduttori stranieri: ed è certamente per questo che fu deciso che la lingua francese fosse stabilita come lingua ufficiale. Quando nel 1972 il paese fu unificato, questa differenza scomparve. La costituzione venne dunque tradotta in francese e in inglese, entrambe le due lingue divennero ufficiali. Questo statuto è stato rafforzato quando Paul Biya divenne presidente. Egli si impegnò molto per far sì che, nella costituzione, fosse scritto che entrambe le lingue hanno un valore equivalente, il che è avvenuto nel 1996, quando è stata esplicitamente inserita questa indicazione in costituzione.

Negli ultimi anni possiamo osservare un fenomeno d’avvicinamento di queste due lingue ufficiali chiamato “Camfranglais”. Potrebbe spiegarci in questo contesto questo termine?

Credo che il “Camfranglais” sia nato prima ancora di aver assunto il suo nome. Cioè la gente parlava già questo francese che era mescolato all’inglese e alle lingue locali. È un modo di parlare che esisteva già negli anni ‘70. Il nome è molto più recente. Negli anni ‘70 alcuni parlavano di franglais, altri francanglais, altri di camspeach. Solo recentemente si è imposta la denominazione di camfranglais. Il camfranglais, credo, è sorto per un fatto di moda, come l’argot. E siccome i giovani d’oggi sono gli anziani di domani, è possibile che, in futuro, questa diventi realmente la loro lingua. Non so se un giorno il camfranglais minaccerà il francese, ma credo che per ora sia solo una moda. I giovani che arrivano dai villaggi in città e non sanno parlare camfranglais non sono à la mode.

Da quando è arrivato a Roma si è fatto un’impressione dall’insegnamento alla Sapienza? Ha notato delle differenze tra l’insegnamento a Yaoundé I e quello della Sapienza?

Sì, posso dire che a Yaoundé abbiamo più studenti nelle classi. Ho notato che alla Sapienza c’erano più o meno 50 studenti, invece noi abbiamo delle cifre molto più elevate. Inoltre in Camerun sono abituato al fatto che gli studenti pongano molte domande. Qui invece ho avuto l’impressione che gli studenti non abbiano l’abitudine ad intervenire. A me piace fare un lavoro interattivo con gli studenti. Forse in Italia c’è un sistema educativo diverso. E poi da noi gli esami sono tutti scritti. L’orale è scomparso da tutti tipi di prove. Abbiamo appena introdotto la “televalutazione”, anche se si trova ancora in una fase sperimentale. Io personalmente preferisco gli esami scritti all’orale, perché venendo dal dipartimento di francese gli studenti devono saper leggere e scrivere. E al dipartimento francese le prove dovrebbero essere scritte: la dissertazione, il commento, l’analisi sono essenzialmente scritti. Ho notato invece che alla Sapienza gli esami sono orali.

Dunque durante la sua lezione v’è un dialogo fra il professore e gli studenti.

Sì, per creare una atmosfera interattiva, ma lo studente viene giudicato attraverso l’esame scritto. La copia dell’esame viene poi conservata per tre anni, nel caso in cui dovesse esserci un reclamo.

Su cosa lavora in questo momento con i suoi dottorandi?

Nel 2015 abbiamo avuto due discussioni di tesi di dottorato. La prima trattava dell’introduzione della cultura nell’insegnamento/apprendimento del francese, la seconda dei “prolegomeni alla standardizzazione del francese in un corpus scritto”. E quest’anno si discuterà una tesi che analizza le tendenze unificatrici del francese in Camerun. Abbiamo un vecchio progetto che è quello del dizionario Camerunense e il dizionario dell’Africa. Sono il coordinatore del progetto del “Dizionario del Camerun”, un progetto supportato dall’Agenzia universitaria della Francofonia e l’Università di Yaoundé I, e sono direttore del progetto di “Dizionario del francese in Africa”, supportato dall’Agenzia universitaria della Francofonia dall’Universtà Yaoundé I e l’Universtià di Ouagadougou. Fra qualche mese dovrebbe uscire il “Dizionario del Camerun”.

Allora speriamo di ottenerne un esemplare qui in Italia.

Vi invieremo sicuramente un esemplare del dizionario del francese parlato in Camerun. E spero di poter finire presto il lavoro per il “Dizionario del francese in Africa”. Questo non è facile perché è un lavoro di sintesi che coinvolge la credibilità tutti i paesi africani. È importante che ogni africano si riconosca in questo dizionario e per questo bisogna allagare il campo di ricerca e anche quello dei ricercatori.

Immagino che non tutti i paesi africani siano così avanzati, come il Camerun, in questa ricerca.

Sì, ci sono alcuni paesi più avanzati, ma tutti i paesi africani sono interessati a questo progetto.

Bene. Allora la ringrazio. Ringrazio anche il professore Floquet che l’ha invitata per tenere delle lezioni alla Sapienza.

Anche io ringrazio il professore Floquet ed esprimo la mia profonda gratitudine all’Università che mi ospita. E ringrazio RadioSapienza di avermi invitato.

La ringrazio molto per la disponibilità.

Ascolta l’intervista

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Karlotta Philine Lerche

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