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Elisa Forte torna in scena con “Love Exchange”: un’intervista esclusiva

Elisa Forte, protagonista di Love Exchange, in posa per uno shooting.

L’attrice Elisa Forte si prepara a tornare sul palcoscenico con la commedia graffiante “Love Exchange”, diretta da Francesco Proietti. Lo spettacolo, che si terrà a Roma al Piccolo Teatro dell’Arte dal 27 al 30 giugno e dal 5 al 7 luglio, vede la Forte interpretare Sandra, una conduttrice televisiva coinvolta in una crisi matrimoniale con il marito neurochirurgo, Angelo. Un esperimento scientifico cambierà radicalmente le loro vite, portandoli a rivalutare il loro rapporto e a riscoprire la reciproca empatia.

Intervista all’attrice Elisa Forte

In un’intervista che hai rilasciato qualche tempo fa hai parlato di “Cenerentola”: uno spettacolo con un pubblico prevalentemente composto da minori. A proposito di questo, come un attore o nel tuo caso un’attrice percepisce la differenza di pubblico?

Sicuramente in quello spettacolo il pubblico era composto da molti bambini e qualche maestra. Il pubblico dei bambini interagisce proprio. Mi tirava le cose. Gridava “C’è la matrigna!” (ride). Senti di vivere tutta la tua storia con un tifo, in questo caso di bimbi, che stanno dalla tua parte o meno. C’era anche lo stupore tra il pubblico, grazie anche alla costumista che ti trasformava completamente. Era una sorta di trucco magia che ti affascinava. Poi cantavano con me la canzoncina classica. In uno spettacolo per adulti, invece, avverti più la tensione, la commozione in sala. E’ più a livello di energia la differenza.

Paradossalmente il pubblico più piccolo dà più difficoltà oppure no?

Allora, probabilmente in uno spettacolo diverso darebbe più difficoltà. Magari in uno più introspettivo, o comunque in cui bisogna toccare delle corde più importanti, avere un pubblico che interagisce non ti crea quella intimità che serve. Cenerentola tutto sommato, era molto d’aiuto, per esempio quando parlavo con i topolini mi sembrava di parlare con quattrocento topolini, quelli in sala (ride).

Elisa Forte in posa per un book fotografico.


Ti dico che son partito con questa domanda perché hai un’esperienza molto variegata. A parte i tipi di pubblici che ti sono capitati, hai esperienze di teatro, cinema e doppiaggio. Vorrei chiederti come hai gestito il diverso modus operandi di questi tre campi specifici. Sono sempre nell’area di recitazione ma sono dei modi diversi di recitare.

Nel teatro uno cerca di tirare fuori quello che uno ha dentro, e comunque sia amplificarlo. Perché c’è un pubblico che deve ascoltare ed ogni minima mossa gli deve arrivare. Senti molto l’energia del pubblico, e senti molto di dover condividere. Anche nella scena più intima, senti comunque che la devi condividere con qualcun altro. Mentre nel cinema è una situazione più intimistica. Non senti proprio il pubblico. Io vivo le cose come se ci fossi solo io e l’attore/attrice che ho davanti e basta. Una cosa intima dove non mi sforzo per niente nel farla vedere agli altri. La vivo come la vivrei nella vita quotidiana. 

Ti è capitato di recitare a teatro come se fossi su un set oppure sul set come se fossi a teatro? Anche perché sono mondi che si somigliano ma non sono proprio identici.

No, non mi è mai capitato, o meglio, lo sforzo maggiore lo faccio a teatro. Perché nel cinema è tutto naturale così, a teatro so che comunque avendo un pubblico c’è quella difficoltà maggiore, in cui oltre a viversi la cosa intima c’è anche la dinamica di esternarla. Poi dipende, spesso noi attori sul palco abbiamo l’archetto che ci permette di essere più “intimi” con la voce. Nei teatri in cui non c’è devi portare la voce, anche nei sussurri. Nel cinema invece non mi pongo questo problema. 

So che sei mamma di due figli, alla luce della tua esperienza, come gli spiegheresti il tuo lavoro? Magari quando sono piccoli e devono raccontare a scuola che lavoro fa la loro mamma.

La più grande ha addirittura fatto tanti anni di teatro, quindi recitazione. Dopodichè visto tutto quello che c’era dietro, lì per lì tutto molto bello, quando era piccolina tante cose non le vedeva perchè, giustamente i film da adulti non glieli facevo vedere, piuttosto che mentre io mi preparavo la lasciavo con i nonni o con la tata, e io stavo a fare le prove chiusa in camera. Quando aveva 7-8 anni, mi ha visto, e vedendo anche scene drammatiche e la preparazione che fa un attore… c’è stata una scena che proprio gli ha fatto dire “non farò mai l’attrice nella vita”(ride) perché stavo preparando una scena dove cullavo il mio bambino che stavo per vendere ad un altro mondo, una roba molto fantascientifica. Gli stavo cantando l’ultima ninna nanna e (nelle prove) coccolavo un cuscino con la sua foto. Quindi piangevo disperata, lei ha visto questa scena e si è un po’ traumatizzata. Poi ovviamente gliel’ho spiegato, ma comunque rimane sulla sua posizione. 

Io sono curioso proprio di quest’ultima parte. Nella recitazione può capitare di dover fare scene d’amore con un altro collega e quindi bisogna anche spiegare una situazione del genere. Volevo sapere se avesse qualche aneddoto sul tema.

Sì, io gli ho spiegato che spesso quando si va a fare una scena d’amore con un attore, poi di fatto lo sostituisco nella mia testa con qualcun’altro. E’ un po’ come il film Ricomincio da capo, in cui ogni giorno si vive la stessa cosa ma sta a lui viverla in modo diverso. L’attore mette le scene della sua vita e le rivive in mille modi. Quindi se io in quell’occasione non mi sono arrabbiata con mio padre, in quella scena non mi arrabbio. 

Arriviamo invece al cuore di questa intervista: Love exchange, il tuo prossimo spettacolo a teatro. Vorrei che tu me lo presentassi in modo particolare. Come me lo venderesti questo spettacolo?

E’ uno spettacolo molto divertente, perché io sarò una donna molto elegante, sofisticata e con la puzza sotto al naso che starà con il classico “uomo medio italiano”, un po’ sempliciotto, che parla in romanaccio ecc.. Di punto in bianco per uno strano meccanismo di un’invenzione che stava facendo, si inceppa e ci scambiamo di corpo. E’ molto divertente vedere dal punto di vista dell’altro tutto quanto. Soprattutto di una persona, comunque sia, semplice e che non ha mille paturnie che ha una donna. Sarà divertente per me come attrice metterlo in scena e sarà divertente per il pubblico vederlo.

Leggendo in giro di questo spettacolo, ho visto che viene spesso definito come “graffiante”. Tu perché lo definiresti graffiante?

C’è molto un sottotesto di come vive l’uno nei panni dell’altro e si faccia fatica. Anche nei dialoghi, anche nel vivere, per esempio: c’è tutta una scena in cui lei, donna di spettacolo, vedrà lui realizzare la diretta televisiva. Molto divertente anche perché la trasmissione tratta temi come il femminismo, la violenza sulle donne, l’emancipazione. Dal punto di vista di un uomo, in questo caso molto semplice, è stato graffiante.

Quindi c’è anche una critica alla società d’oggi immagino…

Sì, anche esattamente. Da un punto di vista maschile, questa è un po’ la novità.

Possiamo dire che il tema dello spettacolo è l’empatia. Volevo chiederti che rapporto hai con l’empatia? Ti reputi una persona empatica? Se sì, lo sei sempre stata?

Allora, sì mi reputo una persona molto empatica e no, non penso di esserla sempre stata. Una predisposizione sicuramente c’era, poi ovviamente con il mio lavoro sicuramente sviluppi tantissimo questo tuo aspetto. Dovendosi innamorare, e provare emozioni ogni giorno (sul palco), devi empatizzare e l’amore come tanti altri sentimenti nasce dall’empatia. Dall’empatia nei confronti dell’altro, soprattutto dalle ferite e paure dell’altro. Senza empatia non ci riuscirei.

Immagino che per il lavoro dell’attore sia necessario.

Si, sicuramente serve anche per creare un legame immediato. Ci deve essere molta empatia per andare nel profondo.

Concludere questa intervista chiedendoti: Che rapporto e che sinergia c’era con i colleghi di questo spettacolo e se magari hai qualche aneddoto sulla lavorazione di questo spettacolo

Con tanti di loro ho già lavorato parecchie volte. In particolare con tre di loro c’è già molta confidenza. Tra l’altro, l’attore che qui fa mio marito, lo ha già fatto in passato in un paio di spettacoli. In questo siamo già molto avvantaggiati.

Un aneddoto divertente può essere sicuramente nella giornata di ieri. Abbiamo fatto le prove e c’era la scena in cui io e il mio finto marito facciamo l’amore, ma non siamo nei nostri corpi naturali, secondo la storia. Ci sono stati un po’ di tentativi divertenti, soprattutto sulla posizione e su come metterci. Anche il regista si divertiva e ci ha lasciato fare per un po’.

Sarei molto curioso di questo aspetto. Lavorare a questo spettacolo ti ha portato a notare alcune cose nel tuo quotidiano, che senza un esercizio di empatia come questo, non avresti notato?

Sì, la particolarità di questo spettacolo è che ho dovuto ragionare nel provare emozioni però ragionando come un uomo. Quindi ho dovuto fare questa cosa che non mi era capitata prima. Non sono io donna, che comunque mi è molto più facile fare e provare delle cose, ma io uomo “semplice”. E’ stato comunque sia, una cosa che di me non sapevo né conoscevo.

Classica domanda di fine intervista: Nei progetti futuri resterai sulla linea delle commedie graffianti oppure cambierai rotta? 

Ad ottobre andrò in scena con uno spettacolo molto drammatico. Quindi tutt’altro genere. Poi ci sarà un docufilm fantascientifico sui viaggi nel tempo. Questi sono i progetti più imminenti.