Martedi 16 maggio 2023 alle 11:30 in Aula Odeion presso il museo dell’Arte classica (Facoltà di Lettere e Filosofia), in collaborazione con l’Ambasciata della Repubblica d’Armenia in Italia, sono stati presentati i volumi, Io della mia dolce Armenia. Antologia delle opere poetiche (1911-1922), che raccoglie le poesie di Yeghishe Charents, il più celebre poeta armeno del Novecento, tradotte in italiano con testo originale a fronte, e Yeghishe Charents, Vita inquieta di un poeta, di Letizia Leonardi, con prefazione di Carlo Verdone.
Interverranno la rettrice Antonella Polimeni, Tsovinar Hambardzumyan, Ambasciatore della Repubblica di Armenia, Giorgio Piras, direttore del Dipartimento di Scienze dell’antichità, Domenico Polito, editore del volume Io della mia dolce Armenia, Alfonso Pompella, traduttore delle opere di Charents, Letizia Leonardi, autrice di Yeghishe Charents. Vita inquieta di un poeta, Filippo Orlando, rappresentante della casa editrice “Le Lettere”, editore del volume, e Carlo Verdone, attore, regista e sceneggiatore.
La prima ad intervenire è stata la rettrice Antonella Polimeni, la quale ha espresso tutta la sua sensibilità e dedizione verso lo sviluppo e la diffusione, in ambito accademico, della lingua e della cultura armena e per riavviare la lunga tradizione di studi e ricerche della Sapienza in tale settore, con l’intenzione di rafforzare la conoscenza di un paese che ha storicamente forti legami con l’Italia.
A tal proposito sono stati introdotti gli studi pertinenti la cultura armena e la ripresa dell’insegnamento della lingua, inquadrata nel contesto del mondo antico con Giorgio Piras, direttore del Dipartimento di Scienze dell’antichità, un vero e proprio accordo di collaborazione.
Successivamente ha preso parola Tsovinar Hambardzumyan, l’Ambasciatrice della Repubblica d’Armenia presso la Repubblica italiana, esattamente con queste parole “si dice spesso che le cose belle nascono casualmente” non aveva ancora iniziato la sua missione ii Italia come ambasciatrice ma aveva già in mente l’idea di realizzazione di un progetto di traduzione di Charents in italiano, uno dei suoi più amati poeti armeni, ma non è stato un compito facile in quanto arrivata in piena pandemia, di conseguenza le priorità sono subito cambiate.
Era l’anno 2022 e ricorreva il 125esimo anniversario della nascita del grande poeta e questo progetto era ancora nella sua mente, ha fatto delle ricerche e ha scoperte tramite un amico e scoprì su internet un piccolo volume con le traduzioni di Mario Verdone e l’anno della pubblicazione era il 1968, anno in cui l’Armenia non era ancora indipendente e faceva parte dell’unione sovietica, erano gli anni del totalitarismo e il popolo armeno non aveva ancora modo di presentare al mondo in autonomia il ricco patrimonio culturale.
Dopo poco tempo ha conosciuto l’editore Domenico Polito e insieme hanno deciso di realizzare qualcosa di importante e simbolico, la scelta era facile: Charents.
L’obiettivo era realizzare un‘intera antologia delle sue opere e con l’aiuto di alcuni amici armeni e italiani che avevano già tradotto versi del poeta il progetto ha preso corpo e possono ad oggi presentare con orgoglio quest’inedita raccolta “Io della mia dolce Armenia”.
Quasi contemporaneamente è nato un altro progetto con Letizia Leonardi e la casa editrice Le lettere un altro volume, la biografia del poeta Yeghishe Charents. Vita inquieta di un poeta.
“I vari pezzi del mosaico finalmente tutti insieme” conclude.
La testimonianza di Carlo Verdone e il suo rapporto con l’Armenia
Carlo Verdone sottolinea come l’avvicinamento all’Armenia e al grande poeta sia avvenuto tramite il suo papà, Mario Verdone.
Il lavoro fatto dal suo papà a partire dal 1968 quando ha studiato e pubblicato per l’editore Ceschina di Milano un piccolo volume di poesie tradotte dall’armeno di Yeghishe Charents, Odi Armene a coloro che verranno.
Ha sentito da lui per la prima volta il nome di questo grande poeta e ha potuto leggere i suoi componimenti subito dopo la pubblicazione del volumetto curato dal padre.
I versi di Charents lo hanno incantato per la struggente evocazione di immagini tratte da un universo a lui sconosciuto, quello delle regioni caucasiche, che si mescolano a suggestioni europee.
“Si ama subito perché si sente la storia di un paese che ha sofferto molto, ma ricco di persone erudite e culturali.”
“Un poeta di una potenza enorme nella sua scrittura.”
Queste sono le parole dell’attore, subito dopo aver letto alcuni versi delle sue poesie.
Aggiunge poi l’editore del libro Domenico Ippolito: “Pubblicare Charents significa comprendere meglio le dinamiche sociale del ‘900 e non solo la fascinazione del poeta.”
Alfonso Pompella, medico di laboratorio di biomedicina di base, docente di patologia generale a Pisa e traduttore delle opere di Charents, si è avvicinato al poeta e l’Armenistica grazie al suo papà, che ha dedicato tutta la sua vita alla filologia e alla letteratura greca antica e fu specialista della lingua di Omero, e trasmise ai figli la passione di scoprire cosa c’è scritto dentro queste lingue così enigmistiche.
Si trovò ad un convegno in Armenia che non aveva nulla a che fare con la letteratura, e aveva fra le mani una banconota armena e c’era il volto di Charents, volto di un giovane dalla folta capigliatura nera molto triste e con un aria afflitta e chiese alla sua interprete chi fosse e fu meravigliato dalla risposta “il nostro grande poeta nazionale ma non ti so dire cos’ha scritto, è stato vittima dello stalinismo, ma a noi a scuola non lo abbiamo studiato” e fu così che decise di informarsi e approfondire.
Il professore ha poi di seguito illustrato una testimonianza sulla tecnica traduttiva del poeta e quanto sia stato difficile combattere con il testo e riportare al 100% le intenzioni del poeta nella nostra lingua italiana.
Letizia Leonardi e la sua ricerca sul campo.
Autrice della biografia di Charents commenta come sia stato gratificante e coinvolgente scrivere la biografia del poeta, perché l’importanza della storia di questo scrittore va oltre i confini dell’Armenia, aldilà del dramma vissuto da questo martoriato popolo questa vicenda è emblematica perché è un simbolo dei genocidi, delle persecuzioni che hanno insanguinato il secolo scorso e che purtroppo ancora si verificano.
Ricordiamo che l’Armenia è stata una Repubblica Socialista Sovietica e quindi i suoi problemi si inseriscono in un quadro che è di estrema attualità.
La biografia di Charents racconta soprattutto la parabola del sogno e forse anche l’utopia di garantire al popolo armeno la libertà e la salvezza con l’avvento della rivoluzione bolscevica e poi successivamente la disillusione culminata con le purghe staliniane con le quali il poeta è stato una vittima.
Questa biografia, prima in Italia, scaturisce da una ricerca sul campo, perché quando l’autrice cominciò a scrivere questo libro non erano disponibili pubblicazioni o notizie di questo grande scrittore.
Letizia Leonardi si è recata personalmente in Armenia, ha visitato i luoghi del poeta, ha parlato con i suoi discendenti ed in particolare la nipote, figlia della secondogenita dello scrittore, con amici e amiche che le hanno narrato episodi, curiosità e aneddoti di vita che alcuni vengono tramandati soltanto oralmente, sottolinea inoltre che con tutte queste persone non c’è stato solamente un rapporto professionale ma si è sviluppato anche un rapporto di profonda amicizia.
Il fulcro delle sue ricerche è stata la casa museo Yerevan.
Tra Charents, l’Armenia e l’Italia c’è un legame molto forte in quanto gli Armeni amano profondamente l’Italia, anche perché all’università si tiene un corso di italianistica dove si studia anche la cultura italiana.
Secondo l’autrice sono ormai maturi i tempi per far conoscere ed approfondire agli italiani lo studio e la conoscenza della letteratura armena in Italia.
Charents considerava Dante Alighieri una guida, una fonte d’ispirazione ed anche lui voleva essere per il suo popolo una guida che li portasse verso una nuova letteratura, tant’è che la sua prima opera importante anche dal punto di vista storico, si tratta di un importante testimonianza diretta sul genocidio armeno intitolata Leggenda Dantesca.
Leggenda perché si è trovato di fronte tutti gli orrori del mondo che non sembravano potessero essere realtà e Dantesca perché evocava proprio l’inferno di Dante.
Una biografia che non si limita a raccontare solo la storia e la vita del poeta, ma cerca in qualche modo di far capire il temperamento, il carattere, i suoi entusiasmi e le sue fragilità ed in particolare il capitolo 9, nel quale si parla delle memorie della sua più cara amica Regina Ghazarian, riporta la storia della loro amicizia giovanile e al drammatico momento dell’arresto del poeta e il destino delle figlie diventate orfane, poiché anche la moglie di Charents è stata arrestata e mandata in esilio.
Per di più l’avventurosa vicenda dei manoscritti che sono stati presi e nascosti proprio dalla sua amica Regina e sono stati così sottratti alla distruzione che è stata ordinata dal regime sovietico e recuperati poi anni dopo.
”Se volessimo associare Charents ad un elemento naturale è sicuramente il fuoco, perché aveva il fuoco dentro, il fuoco degli ideali e della passione e se siamo qui dopo 86 anni dalla sua morte ancora a parlare di lui e delle sue opere vuol dire che la fiamma della memoria non si spegnerà mai.
Non esiste una sua tomba perché lui ha avuto una morte misteriosa, il suo corpo non si è mai trovato, ma come ha detto sua nipote, Charents è nel cuore di tutti gli Armeni e si spera che ad oggi, sia anche nel cuore degli italiani.”
Ma chi è questo poeta maledetto?
Yeghishe Charents è stato un uomo, un patriota e un poeta che ha vissuto pienamente, in un periodo storico buio, le sue speranze e fragilità, le sue illusioni e delusioni. Questo racconto della sua vita, che viene pubblicato nel 125° anniversario della sua nascita, è la testimonianza diretta degli orrori che Charents ha vissuto in prima persona, e che la Prima Guerra Mondiale ha inferto a tutto il popolo armeno. Vittima delle repressioni staliniste, Charents è stato dapprima un rivoluzionario a fianco dei bolscevichi, e poi un anti-rivoluzionario, disilluso da quello stesso partito comunista che aveva inizialmente appoggiato. La parabola della sua breve vita è ripercorsa, in questo intenso racconto, attraverso lettere, testimonianze dirette e opere, che mostrano il temperamento di uno dei più grandi esponenti della letteratura armena di tutti i tempi. A più di 80 anni dalla sua morte, le opere di Yeghishe Charents suscitano un interesse sempre crescente, anche oltre i confini nazionali, mantenendo tutta l’energia, e la forza del sentimento ma anche zone d’ombra sulla sua vita di uomo e di grande letterato dell’Armenia Sovietica.