Al Museo Carlo Bilotti di Roma, dal 16 febbraio al 2 aprile 2018, resterà aperta al pubblico la mostra Jago “Habemus Hominem”.
Jago Cardillo, in arte Jago, scultore ciociaro di trent’anni, da una parte ancora sconosciuto a quella generazione “offline”, è al contempo in testa nelle ricerche del mondo “online”, quello fresco e immediato dei Millenials. L’artista intende rappresentare il mondo contemporaneo senza dimenticare il rapporto con la Storia.
Una personalità e un’arte la sua che più che presentazioni, merita di essere apprezzata attraverso l’esplorazione diretta e immediata delle sue sculture. Molte delle creazioni di questo artista nascono dal rapporto con la pietra; attraverso le sue mani questa sembra quasi arrendersi per piegarsi morbidamente, facendosi avvolgere da quel fascino che rende l’opera innovativa e moderna. Un processo impossibile penserete voi, ma che Jago riesce a rendere in un modo sorprendentemente semplice, attraverso l’utilizzo di una fresa e di un apparecchio attaccato che aspira in tempo reale.
In esposizione opere che vanno dal 2009 a oggi, due ritratti di Papa Benedetto XVI: il primo iniziato quando il pontefice era nel pieno delle sue funzioni (sacrali), il secondo che mostra l’immagine del rappresentante di Dio tornato a essere uomo, Habemus Hominem. Quest’ultima rappresentava in un primo momento la figura di papa Ratzinger, con un particolare mancante alla bianca scultura in marmo, ossia gli occhi. Quando nel 2013, fu comunicata poi la notizia delle dimissioni del Pontefice, Jago decise d’impeto di stravolgere l’opera. Così come si era spogliata l’opera, così sarebbe stato spogliato il Papa dalle sue vesti, decidendo stavolta di riempirgli gli occhi e “donargli la vista”. Con questo cambiamento l’opera vuole simboleggaire una sorta di ritorno all’uomo.
Il giovane scultore parla così della sua opera: “Con Habemus Hominem ho lavorato su me stesso in un modo del tutto nuovo. Distruggere un opera in favore di una nuova immagine della stessa ha voluto dire per me andare oltre l’attaccamento e l’identificazione con l’oggetto della mia stessa creazione. Non ho spogliato il Papa, mi sono spogliato, messo a nudo davanti ai miei stessi condizionamenti, comprendendo il valore più intimo del fare sculture, che è manifestazione della mia vera natura. Essere scultore, togliere il superfluo, è il solo modo che ho per lavorare su me stesso.”
A cura di Maria Teresa Benedetti, Jago “Habemus Hominem” è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. I servizi museali sono a cura di Zètema Progetto Cultura. Per maggiori informazioni sulla mostra visitare il sito: http://www.museocarlobilotti.it/
Federica Tuseo