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Kuni di LNDFK tra Takeshi Kitano, fiori di loto e carezze nu-jazz

Amore e morte, eros e thanatos, fuoco e fiori. LNDFK, pseudonimo di Linda Feki, cantante e polistrumentista classe 1990, esordisce per l’etichetta newyorkese Bastard Jazz con Kuni, il suo primo full lenght a sei anni di distanza dall’EP Lust Blue. Il disco è un concept album nato dalla visione dalla pellicola del celebre regista giapponese Takeshi Kitano Hana-bi (1997) e influenzata dal suo originale immaginario fatto di violenza spregiudicata e fiori di loto. Ma non solo. L’artista italo-tunisina trova ispirazione creativa anche nella poesia, come quella di Edoardo Sanguineti esplicitamente citata nel brano finale se mi stacco da te, mi strappo tutto, o nella letteratura, omaggiando il libro per bambini A Moon or a Button di Ruth Krauss nell’omonima traccia.

Il risultato è un calderone postmoderno, ma estremamente coeso, di influenze e di riferimenti culturali, che si riverberano inesorabilmente anche nella musica. Il sound di LNDFK strizza l’occhio alla brulicante scena nu-jazz londinese, di cui artisti come KOKOROKO e Alfa Mist sono gli alfieri, ma anche a quella dell’etichetta americana Brainfeeder, capeggiata da pesi massimi come Thundercat (la frenetica linea di basso di How Do We Know We Are Alive sembra provenire dal suo sei corde), Kamasi Washington e l’onirico beatmaker Flying Lotus. Le atmosfere sono soffici e sospese, le strumentali dei brani vengono sorrette da beat spezzati e ondeggianti alla J Dilla e da melodie glissate di sintetizzatori analogici, magistralmente concepite da Linda e Dario Bassolino, suo sodale dai tempi del conservatorio. Non mancano, ovviamente, anche i riferimenti sonori al Giappone come nel brano Om o in Ku: texture orientaleggianti che omaggiano il compositore della colonna sonora originale del film di “Beat Takeshi”, Joe Hisaishi.

A livello tematico l’artista esplora la dicotomia che intercorre tra opposti che, come nella pellicola e nella filmografia di Kitano, inesorabilmente, si attraggono. La delicatezza di un amore, da una parte, e la violenza spregiudicata della Yakuza giapponese dall’altra. L’innocenza dell’infanzia e la psichedelia dei fenomeni dissociativi citati in Don’t Know I’m Dead or Not e How Do We Know We Are Alive. Non è un caso, quindi, che il brano Hana-Bi, vero e proprio cardine concettuale del disco, venga riproposto due volte, uno, in apertura, in versione strumentale, l’altro impreziosito, questa volta, da una linea vocale.

La soffiata voce della cantante si inserisce in punta di piedi sulle strumentali, più interessata alla materialità e all’effetto ritmico delle parole piuttosto che al loro significato letterale. Le dieci composizioni danno vita ad un affresco sonoro dalle tinte jazz accattivante e sinestetico, una sorta di colonna sonora per un film immaginario, immergendo l’ascoltatore in un sound perfettamente a cavallo tra Oriente e Occidente. Degni di nota anche i featuring internazionali presenti nel disco, che spaziano dall’MC Pink Siifu e Asa-Chang, rispettivamente in How Do We Know We Are Alive e nella versione non strumentale di Hana-bi, fino ad arrivare addirittura a Jason Lindner (ex batterista di Bowie) in Ktm.

Il disco di esordio di LNDFK, complice il sound marcatamente internazionale (nel 2019, guarda caso, ha suonato al Primavera Sound), risulta essere una mosca bianca nel panorama italiano dove il nu-jazz, tranne sporadici casi, fatica a decollare, ma, proprio anche per questo, è uno degli album più interessanti usciti nell’ultimo anno, complice sicuramente un sound moderno e ricercato. Una perla rara in un mercato discografico soffocato da prodotti schiacciati sull’ultima tendenza del momento. Linda, a differenza del primo EP dove le sonorità si appiattivano un po’ troppo sui cliché del genere, pare aver trovato definitivamente una cifra stilistica originale, nata da un insieme eterogeneo di influenze che spaziano dalla musica napoletana all’hip hop di matrice newyorkese. Sentiremo sicuramente parlare di lei nei prossimi anni, non c’è alcun dubbio date le interessantissime premesse. Chissà, questa volta, con quale nuovo concept a sorreggere il sound.