Roma, 25 gennaio 2022 – La professoressa Pina Totaro, Primo Ricercatore presso l’Istituto per il lessico intellettuale europeo e storia delle idee (ILIESI) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e docente di Storia della filosofia presso l’Università La Sapienza di Roma, è stata ospite dell’incontro inserito all’interno delle attività del seminario permanente di Storia della filosofia del Dottorato in Filosofia, quest’anno dedicato al tema “Teologia politica e democrazia moderna”. Durante il convegno, svoltosi in aula II di Villa Mirafiori, la professoressa ha analizzato il rapporto tra Hobbes e Spinoza soffermandosi, in particolare, sulla tradizione religiosa e sulla figura di Cristo, utilizzata da entrambi come critica delle religioni tradizionali. La riflessione teologica e gli intenti politici si collocano, per entrambi gli autori, nel panorama culturale della Riforma e del dibattito sull’autonomia e sull’autorità del potere secolare e spirituale, risentendo anche degli eventi politici a loro contemporanei.
Thomas Hobbes, considerato un fervente sostenitore del materialismo e dell’ateismo, sente l’esigenza di un confronto costante con le Sacre Scritture. Nell’opera Leviatano, del 1651, compie una ricostruzione della storia politica di Israele, dalla quale traspare il potere del re come direttamente garantito da un’investitura divina. Questo potere viene insidiato dalla figura dei sacerdoti, presunti interpreti del pensiero e della volontà di Dio, che pretendono di esercitare un controllo sull’attività del monarca costituendo, perciò, un pericolo per la stabilità dello Stato. Cristo è un Profeta, in quanto portavoce di Dio, ma assume uno statuto particolare: al contrario degli altri Profeti, infatti, egli non ha sogni né visioni, non aspira a nessun potere. Nel Leviatano vengono definite alcune funzioni di Cristo: pastore, consigliere e maestro, venuto per convincere gli uomini con l’insegnamento a rendersi degni dell’immortalità di cui godranno al momento dell’instaurazione del Regno del padre. La funzione politica attribuita a Cristo viene proiettata in un tempo a venire, in un’epoca che arriverà alla fine dei tempi. Nella dimensione della storia, Cristo è, per Hobbes, una figura funzionale alla concezione di un potere sovrano, il potere civile, che detiene tutta l’autorità, politica e religiosa; a Cristo e alla Chiesa spetta, dunque, il compito di insegnare, non di regnare. È ben chiara, in questa affermazione, una critica al cattolicesimo e al calvinismo.
In Baruch Spinoza le figure di Cristo e dei Profeti sono figure già secolarizzate: non dotati di poteri sovrannaturali, straordinari, ma interpreti, semplici divulgatori della parola di Dio. Cristo non è Dio, non è un Profeta, ma segna comunque un cambiamento di paradigma, che propone un’interpretazione che ha a che fare con i principi della conoscenza e i requisiti di libertà e universalità, elementi che rientrano in un orizzonte di tipo politico. Nella riflessione spinoziana su cristo non c’è la Teologia della sostituzione, non esiste una separazione tra un prima, rappresentato dall’ebraismo e un dopo, rappresentato dal cristianesimo, che ha soppiantato la religione precedente. In Spinoza c’è il richiamo a un insegnamento di una legge morale universale: l’unico vero insegnamento delle Scritture è quello di amare Dio sopra ogni cosa e il prossimo come sé stessi. Il discorso sulla natura e sulla finalità di Cristo, venuto a diffondere l’amore per il prossimo e a garantire la libertà, si salda all’idea di democrazia quale è esposta nel Trattato teologico-politico. La religione insegnata da Cristo, che concerne la vera virtù e l’obbedienza al comandamento dell’amore, trova la sua rispondenza nel governo democratico. Spinoza opera, quindi, una decostruzione del cristianesimo tramite la radicalizzazione di un meccanismo cristiano sganciando, tuttavia, la figura di Cristo dal suo impianto cristologico, consegnandolo all’Illuminismo e al pensiero secolarizzato. Sottolineando la storicità di Cristo, egli lega il suo insegnamento alla sua stessa proposta politica di democrazia come governo della moltitudine. Il Cristo, quindi, parla alla realtà umana e con la predicazione dell’amore fornisce gli strumenti morali che verranno utilizzati nel pensiero politico e giuridico moderno, nella definizione delle diverse Costituzioni nazionali, nelle leggi degli Stati e nelle Carte dei diritti universali.