Venerdì 27 gennaio, presso l’edificio di Scienze politiche, si è tenuto il secondo incontro del corso multidisciplinare di formazione su rifugiati e migranti, giunto alla XXVI edizione. L’incontro, dal titolo “La risposta italiana alle nuove sfide”, ha voluto integrare l’obiettivo generale del corso di fornire gli strumenti teorici e pratici diretti alla formazione di operatori nel settore della tutela dei rifugiati e dei migranti. Ne hanno preso parte il Prefetto Rosetta Scotto Lavinia, Vice Capo del Dipartimento Libertà civili e immigrazione presso il Ministero dell’Interno, il Prof. Fabrizio Battistelli, ordinario di Sociologia presso la Facoltà di Scienze Politiche della Sapienza, e l’Avvocato Lucia Iuzzolini, del settore legale del Servizio Centrale dello SPRAR, Sistema di Protezione dei Richiedenti Asilo e Rifugiati. Ha moderato l’incontro la Prof.ssa Beatrice Bonafè, docente di Organizzazione Internazionale presso il Dipartimento di Scienze politiche.
Tema dell’incontro è stato il ruolo delle istituzioni nazionali nel complesso intreccio delle procedure di prima accoglienza, relative alle richieste di asilo, delle tutele garantite dallo Stato e della distribuzione dei migranti sul territorio italiano, e di come, al di là delle questioni giuridico-burocratiche che orbitano attorno al fenomeno migratorio, siano ancora difficili le sfide a cui la società italiana deve rispondere per attuare una piena integrazione sociale degli immigrati – richiedenti asilo e non – e per gestire al contempo il tema della sicurezza.
Il prefetto Lavinia Scotto, facente parte del Dipartimento ministeriale che ha in capo la gestione e la messa in atto delle operazioni di accoglienza e integrazione dei migranti, si è soffermata in particolare ad evidenziare l’evoluzione dell’approccio italiano a quella che inizialmente era considerata un’emergenza caotica. Fino al 2012 il fenomeno era gestito in via emergenziale, per mezzo di ordinanze di Protezione Civile, solo successivamente, col susseguirsi di eventi tragici non lontano delle nostre coste, si è compresa la necessità di intervenire avendo una visione strutturale e sistematica secondo procedure ordinarie, che però presentano ancora diverse criticità. Nonostante le risposte deboli dell’Europa all’esigenza di affrontare il problema – oggi assistiamo a scaricabarili tra gli stati membri, costruzioni di muri, richieste impraticabili come quella di identificare immediatamente tutti gli immigrati coi limiti e le lacune della convenzione di Dublino – da pochi anni a questa parte in Italia, di fronte alle proporzioni enormi dei flussi migratori, si assiste a un tentativo di velocizzazione delle procedure per il vaglio delle domande d’asilo, ampliando le commissioni territoriali preposte a questo compito, e a una successiva capillare distribuzione dei rifugiati su tutto il territorio italiano, grazie a un accordo tra Stato, Regioni ed enti locali, stipulato in una conferenza unificata nel luglio 2014.
Ma se da un lato le istituzioni garantiscono l’accoglienza a chi giunge in Italia, è necessario anche che chi arriva qui dimostri la volontà di volersi adeguare alle nostre leggi e di integrarsi nella società. L’integrazione è l’ultimo scoglio di un processo estremamente complesso e delicato: chi riesce a godere del diritto d’asilo ed è protetto dal diritto internazionale è comunque un soggetto vulnerabile, debole, che soffre maggiormente i disagi legati alla crisi economica ed occupazionale, e l’integrazione è una garanzia di convivenza pacifica, “previene fenomeni di devianza, di intolleranza e conflittualità con le fasce più deboli della popolazione italiana”. Spesso si attribuisce ai migranti responsabilità per problemi sociali causati invece dalla negligenza dello Stato nell’affrontare e risolvere situazioni di degrado preesistenti. Permettere loro di integrarsi e trovare un lavoro in Italia può essere un modo per sconfiggere gran parte dei problemi sociali legati alla convivenza. E come ha tenuto a sottolineare il prefetto, anche l’Università italiana può fare la sua parte, garantendo l’erogazione di borse di studio agli studenti stranieri rifugiati in Italia, grazie ad un protocollo d’intesa sottoscritto proprio nel 2016 tra il Ministero dell’Iterno e il CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università italiane).
Secondo intervento dell’incontro è stato quello dell’Avvocato Lucia Iuzzolini che ha presentato alla platea dei partecipanti l’ente statale di assistenza e coordinamento dell’accoglienza dei rifugiati nel quale opera, lo SPRAR (acronimo di Sistema di Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati), facendo parte del settore legale del Servizio Centrale. Partendo da una panoramica generale degli aspetti giuridici inerenti la materia dell’accoglienza dei migranti, ha focalizzato l’attenzione sulla struttura a cascata della gestione e organizzazione dell’accoglienza integrata: Stato, enti locali e Terzo Settore (ONG, ecc.) operano in sinergia a diversi livelli e secondo specifiche competenze e responsabilità, al fine di sviluppare delle solide policy di integrazione. La relatrice si è poi addentrata nell’illustrazione dell’organizzazione in cui lavora, che vede come attori primari una rete di enti locali nella realizzazione di progetti volontari di accoglienza integrata, usufruendo del fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, e come attori secondari le associazioni e organizzazioni del Terzo Settore presenti sul territorio. Il Servizio Centrale dello SPRAR coordina, supporta e monitora la rete di enti locali e gli interventi che vengono realizzati per gestire le diverse tipologie di accoglienza integrata. I suoi compiti sono quelli di fornire informazione, promozione, consulenza tecnica agli enti locali, il monitoraggio e la gestione della banca dati, oltre che di garantire la disponibilità di un’accoglienza che garantisca vitto e alloggio.
Il Servizio Centrale dello SPRAR deve anche vagliare i servizi “che devono essere garantiti da ogni singolo progetto a supporto dei beneficiari, i quali devono riuscire ad ottenere una serie di strumenti per poter leggere la realtà nella quale abitano. Strumenti per relazionarsi con una realtà che non si conosce”, soprattutto per tutti quegli aspetti legali e burocratici del nostro paese relative alle pratiche d’asilo che il migrante non conosce. Rendere il rifugiato autonomo, ma anche agevolarlo attraverso percorsi individuali di inserimento socio- economico, senza mai tralasciare i bisogni materiali e l’assistenza socio-sanitaria, l’inserimento scolastico, l’apprendimento della lingua e l’orientamento al territorio. Sono tutti elementi di un percorso ottimale di integrazione dei rifugiati per farli sentire realmente parte della realtà sociale in cui si trovano a vivere, al contempo facendo in modo che sia i cittadini che accolgono sia i beneficiari si sentano sicuri gli uni degli altri, vivendo in reciproca armonia.
Ultimo intervento quello del Prof. Francesco Battistelli, che ha adoperato il suo sguardo sociologico per descrivere una realtà che presenta ancora molte ombre. Se al livello italiano possiamo vantare eccellenti competenze per fronteggiare il soccorso in mare – a cui il professore dà un simbolico 30 e lode – e possiamo ancora dirci soddisfatti dell’implementazione italiana delle politiche di accoglienza – e qui il voto scende a 25 – anche grazie al mondo del Terzo Settore, per ciò che riguarda il tema dell’integrazione (o dell’inclusione), il voto sprofonda ad un 18 stentato. Appena una sufficienza, che si raggiunge solo grazie ad attori diversi da quelli istituzionali, o che non hanno il compito primario di occuparsi di questa dinamica, come la Scuola e la Sanità. Ma il vero fulcro della questione è il ruolo dei cittadini e della società civile, al di là delle responsabilità delle istituzioni e della politica, nell’affrontare il rapporto con le differenze etniche, culturali, religiose, da riconoscere e valorizzare, fermo restando l’obiettivo finale di giungere ad una convivenza pacifica ed una parità sociale. Il sociologo si è quindi soffermato sul tema del sentimento di insicurezza, spesso legato alla questione immigrazione, e di come questo sia spesso e volentieri presente nei cittadini non tanto per un reale ed effettiva minaccia causata dai migranti, ma perché indotto da false rappresentazioni attorno al fenomeno migratorio, spesso veicolate dai media e strumentalizzate dalla politica populista. È tuttavia un sentimento che va preso sul serio e che non va stigmatizzato. “L’interesse a massimizzare l’insicurezza dei cittadini è certamente legato ad interessi economici e politici al fine di aumentare l’audience e i consensi elettorali”, ha sottolineato il relatore.
“Ciò che è necessario” – ha aggiunto il docente – “è tenere separate la dimensione oggettiva dei problemi da quella soggettiva”. E le paure potrebbero essere ridimensionate guardando ai vantaggi economici e soprattutto demografici che comportano i flussi migratori. Ma i cittadini – o meglio la parte meno privilegiata della popolazione – non entrano in contatto con questi effetti macroscopici e non si rende conto dell’utilità come bene comune della presenza dei flussi migratori. “Sono più esposti a verificare eventuali disagi che può comportare una presenza migratoria non adeguatamente regolata, non gestita e realizzata secondo un patto di reciproca fiducia”. La conflittualità è il maggiore dei problemi, insieme ad un crescente senso di competizione concorrenziale che si instaura tra gli italiani più disagiati e i migranti, visti sempre più come sottrattori di servizi e posti di lavoro. Il Prof. Battistelli ha concluso dicendo che “non possiamo stigmatizzare quel segmento di popolazione che associa al fenomeno migratorio un senso di insicurezza, è un grave errore sociale; piuttosto le forze politiche dovrebbero riflettere sul fatto che impulsi razzisti trovano spazio nell’assenza di consapevolezza da parte della classe dirigente sulle criticità e problematicità relative ad un patto sociale tra cittadini e migranti ancora troppo fragile”.
Intervista a Fabrizio Battistelli
Germano Di Fede